Maestro di vita oltre la scuola |
L'età, i disturbi fastidiosi che gli procuravano le frequenti ricadute nei malanni che l'avevano colpito fin dai primi anni di Comunità indussero i Superiori a collocare Fr. Teodoreto nella Comunità del Collegio San Giuseppe di Torino, senza più incarichi specifici di scuola e di responsabilità dirette.
Egli rimaneva tuttavia disponibile per eventuali supplenze dei Professori e per delle lezioni di Religione nelle classi.
Inoltre conservava inalterati i contatti coi Catechisti e questo, più che per volontà sua, per consiglio del direttore spirituale e per espressa volontà dei Catechisti che non potevano rinunciare all'affettuosa e santa assistenza del loro Fondatore.
Sempre ubbidiente e comprensivo, Fr. Teodoreto accettò di buon grado il distacco dalla Comunità di S. Pelagia dove era stato per cinquantanni.
E rendendosi conto dello stato fisico malandato che gli impediva 1' azione esteriore, accentuò l'attività interiore proprio alla maniera degli atleti, che avvicinandosi al traguardo, accelerano il passo...
Con sincera umiltà, si riteneva ancor molto lontano dalla perfezione d'amore a cui aveva mirato durante tutta la vita.
Abbiamo in proposito una confidenza assai significativa, da lui fatta all'ottimo e compianto Catechista Congregato Rag. Giovanni Cesone.
Questi infatti ci riferisce: "Un giorno chiedo al Fr. Teodoreto l'interpretazione che egli da all'ultimo detto di Gesù a Fra Leopoldo: «Dirai al Fr. Teodoreto che io Gesù, padrone di tutti i Santi e della santificazione, gli chiedo se si sente di fare il sacrificio di tenersi come corpo morto; questo sarebbe il compito della sua santificazione».
«Il pio Direttore, un po' sorpreso della mia domanda, mi risponde che veramente la giusta interpretazione l'ha potuta dare soltanto adesso, dopo la lettura delle opere ascetiche di S. Giovanni della Croce.
Non solo occorre abbandonarsi al beneplacito di Dio, che si manifesta negli avvenimenti, ma aggiungervi la rinuncia all'io e ai propri sensi.
Cosa difficile per me - aggiunge il Fr. Teodoreto - perché incomincio solo adesso che le forze mi vanno mancando.
Sento disturbi che mi preannunciano la morte: la circolazione difettosa del sangue mi arreca la sordità e macchie come mosche mi offendono l'occhio.
Secondo lo stesso Santo ( S. Giovanni della Croce ), che S. Teresa d'Avita definiva come quello che aveva meglio corrisposto alla grazia di Dio, non bisogna investigare, con domande, il pensiero di Dio.
Il Signore ha permesso che io conoscessi solo ora questa dottrina, perché diversamente non avrei fatto tante domande a Gesù per tramite di Fra Leopoldo.
La Suora Carmelitana che mi ha imprestato l'opera di S. Giovanni della Croce, è molto innanzi nella via indicata dal Santo, mentre io - prosegue a dire Fr. Teodoreto - incomincio solo ora che sono prossimo alla fine; il più piccolo raffreddore può sviluppare in me la causa della morte, e trovo molto gravi le difficoltà e ho bisogno delle tue preghiere».
Le Suore che imprestavano a Fratel Teodoreto le opere di S. Giovanni della Croce, sono quelle del Carmelo del Sacro Cuore di Torino, con le quali il Nostro intratteneva piissimi contatti che servivano alla mutua edificazione; e forse egli trovò, nella sua povertà, modo di beneficarle anche materialmente.
La Suora Carmelitana che comunicava col Fr. Teodoreto, doveva essere molto avanti nella vita ascetica, e doveva pur essersi accorta del grado elevato di virtù raggiunto dal nostro Confratello, nonostante che questi si protestasse un servo inutile e da poco.
In una lettera essa gli diceva tra l'altro: «... Caro Fratello, la sua vita è stata tutta spesa per le anime: ne lodi il Signore e lo ringrazi ancor più perché ora, per mezzo di quello stato di sofferenza in cui l'ha posta, le da modo di aiutare tutte le anime per cui ha lavorato, in maniera più nascosta, ma non meno efficace.
E lei vedrà poi dal Paradiso, quel che saranno stati per la fecondità del suo apostolato questi suoi anni di malattia...».
Un'altra preziosa corrispondenza, è quella con il suo direttore spirituale, Padre Arturo Piombino, Barnabita.
Padre Piombino s'era subito reso conto di trovarsi di fronte un'anima privilegiata, già molto vicina all'apice della perfezione, per cui si limitava a raccomandargli di «rimanere unito a Gesù, senza altra preoccupazione di apostolato, e di non ricercare nuove penitenze da aggiungere alla sofferenze in atto».
Ed insisteva: «... Gesù non vuole che una cosa: che ce ne stiamo con Lui.
Quando l'abbiamo accolto nel nostro cuore, Gesù non se ne va, se non Lo mandiamo via positivamente.
E Gesù non sta in ozio nel nostro cuore.
Egli lavora soprattutto santificandoci...
Oh!, caro Fratel Teodoreto, come opera bene cosi Gesù nel suo cuore!
E con questa unione Lei compie tanto e tanto bene intorno a sé!».
Fr. Teodoreto si sentiva confortato e rispondeva: «La ringrazio di cuore d'avermi scritto quelle belle e consolanti parole: Gesù mi vuoi tanto bene!
È proprio vero, ma non ci penso abbastanza.
Avevo bisogno del suo scritto per accrescere in me l'amore e l'espansione con Gesù.
È certamente Gesù con la sua S.S. Mamma che le hanno suggerito di scrivermi.
Cerco di stare unito con Gesù e con Maria, non occupandomi delle cose estranee al mio dovere, ma sono un po' freddo e non abbastanza espansivo con Loro.
Forse uno dei motivi che mi porta a questa specie di riservatezza è il mio cadere con troppa facilità nell'egoismo e nella vanagloria.
Mi aiuti, caro Padre, a vivere contento della compagnia di Gesù e di Maria, e a coltivare i pensieri e gli affetti che sono secondo il Loro desiderio».
Il buon Padre Piombino lo confortava ancora scrivendogli: «... L'assicuro che Gesù è contento di Lei; quindi disprezzi qualsiasi pensiero contrario che vorrebbe disturbare il soave riposo dell'anima sua nel Cuore Eucaristico di Gesù».
L'anima di Fr. Teodoreto, ora che la considerevole età di 80 anni e la malattia gli imponevano la sosta definitiva nell'azione esteriore, era tutta rapita nella preghiera, nell'umile nascondimento e nel sacrificio.
Non perdeva però nessuna occasione per rendersi utile: «Comandato spesso» dice il suo Direttore Fr. Dante Fossati «per assistere gli alunni e per fare lezioni di religione in qualche classe, Egli, che articolava le parole a stento e che udiva poco o nulla, riusciva a conquidere i ragazzi esclusivamente per quello che si può davvero dire odore di santità.
L'angustiava il fatto di trovarsi nella particolare necessità circa i pasti e il riposo, tanto egli amava la vita comune con i Fratelli.
Non voleva disturbare nessuno.
«Ti passava accanto e quasi tu non tè ne accorgevi, tanto era poco ingombrante.
Eppure non c'è uomo che non soffra l'attrito dell'uomo che gli è vicino; ma con lui questo attrito non c'era.
Non ricordo di lui particolari fatti eccezionali; ma sono ancora soggiogato dalla profonda impressione d'una vita che m'appare essa stessa il più eccezionale e miracoloso degli avvenimenti.
Più che di eroicità delle virtù, mi pare da segnalare in lui la naturalezza e l'immediatezza di tutte le virtù della vita religiosa, divenuta ormai spontanee a tal punto che non solo non mi riesce di ricordare qualche suo difetto o mancamento, ma neppure d'immaginarmene la possibilità.
Carità, umiltà, obbedienza, regolarità, semplicità, pace, pazienza, benignità, bontà, longanimità, dolcezza, uguaglianza di carattere, spirito di povertà e di sacrificio, spirito di fede, zelo per le anime erano in lui talmente connaturate da non lasciar più trasparire lo sforzo della conquista, ma da sembrare piuttosto lo specchio della sua fisionomia interiore».
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