Fratel Teodoreto Prof. Giovanni Garberoglio

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Fanciullezza generosa e pia nella luce della grazia

Tra i tanti paesi che raccolti attorno ai loro snelli campanili, dall'alto delle colline del Monferrato fanno corona alla antica e industriosa città di Asti, c'è anche Vinchio.

Poche viuzze tortuose e acciottolate, serpeggiando tra le cascine e i vecchi muri delle aie, s'arrampicano fin sulla vetta del colle; là c'è la Chiesa parrocchiale, dedicata all'evangelista S. Marco, il Municipio, la Scuola elementare e la piazza : il centro insomma del paese.

Più discosto, in frazione S. Sebastiano, incontriamo una casa contadina rustica e salda : è la cascina dei signori Garberoglio, i genitori di Giovanni, che sarà poi il nostro Fratel Teodoreto.

Qui infatti egli nacque il 9 febbraio 1871: suo padre si chiamava Bartolomeo e la madre Sig.ra Eleonora Giolito.

Buona gente dei campi dalle antiche e profonde convinzioni religiose, i suoi genitori si fecero premura di portarlo, il giorno dopo la sua nascita, al Sacro Fonte Battesimale; ne mai, in tutti gli anni della sua fanciullezza, trascurarono la sua educazione cristiana.

Il Signore aveva dato al loro figlio Giovanni un animo buono e generoso come il terreno fecondo della parabola evangelica, per cui ben presto apparvero agli occhi di tutti i primi frutti di virtù e di bene.

Quanti anni sono passati da quei lontani giorni della sua fanciullezza!

Pure non ci mancano preziose e commoventi testimonianze: sono quelle di suoi coetanei - novantenni, oramai - che, rispolverando la loro memoria, soddisfano, almeno in parte, la nostra curiosità.

Sono ricordi semplici e frammentari: Giovannino " era diverso dagli altri ", " era sempre in chiesa ", " amava tutti ", " se li tirava intorno per portarli al bene ".

Ed era allegro, talora anche in vena di scherzi, come quando fece prendere un grande spavento a suo nipote - che poi lo seguirà nell'Istituto dei Fratelli col nome di Fr. Bonaventura - facendogli credere che in casa ci fossero i ladri.

E la paura dovette essere veramente intensa, se egli si sentì subito in dovere di riparare, chiedendogli perdono nientemeno che in ginocchio.

Ma la riparazione più bella la fece poco tempo dopo, quando spontaneamente, quasi anticipando la sua futura missione, si offrì a prepararlo alla prima comunione: " Avendogli manifestato il desiderio di ricevere anch'io la Santa Comunione - racconta il nipote - cominciò a farmi studiare il catechismo, spiegandomi ciò che non capivo, preoccupato di portarmi al grande atto istruito e compreso della sua importanza.

Quando il parroco ebbe stabilito la data, egli intensificò le cure, disponendomi con più grande fervore al solenne avvenimento".

Ancora ragazzo, Giovannino fece parte della Confraternita dei " Sacramentini "; ne indossò con gioia la divisa e partecipò sempre alle solenni processioni, che avevano luogo ogni terza domenica del mese.

Dopo i dodici anni di età passò alla Confraternita della SS. Trinità - i cosiddetti Battuti - e fu assiduo alla recita del piccolo Ufficio della SS. Vergine che veniva cantato nella loro cappella ogni domenica, prima dei Vespri.

Buon parrocchiano, dunque, Giovanni Garberoglio e fervente cristiano: la piccola fiamma della sua pietà si era accesa a quella più grande del focolare domestico, sotto le cure assidue della mamma.

Ogni giornata incominciava con la S. Messa e terminava con la recita in comune del S. Rosario e delle preghiere della sera.

E nel corso di ognuna di esse egli coglieva con gioia tutte le occasioni per compiere qualche atto di bontà, di ubbidienza o di carità come il suo cuore generoso gli suggeriva.

Generoso davvero, se nei giorni di digiuno egli, benché non vi fosse obbligato, non toccava coraggiosamente ne cibo ne bevanda fino a mezzodì.

Per il resto Giovanni non era un ragazzo addormentato e neppure stravagante; allegro e vivace sì, e mai ozioso.

Aveva un grande amore per gli uccelli, dei quali conosceva le abitudini e il canto; li sapeva allevare con arte e li custodiva con ogni cura: ad essi dedicava il tempo libero dallo studio e dal lavoro.

E amava la musica: non potendo, perché troppo giovane, far parte della banda del paese, imparò a suonare la chitarra sotto la guida del maestro Giolito, e presto poté accompagnare i canti popolari in onore della Madonna.

Quale conclusione possiamo, dunque, trarre al termine di questo veloce sguardo panoramico sui primi tre lustri di vita del nostro Giovanni?

Certo non abbiamo trovato nulla di straordinario o di strabiliante, ma un carattere forte, un animo buono e generoso, ansioso di perfezionarsi sotto l'azione della grazia.

Nonostante la giovane età, egli dimostrava in ogni circostanza tanta saggezza e buon senso che il suo parere era tenuto in considerazione dai suoi stessi genitori, verso i quali, del resto, come pure verso tutti quelli che potevano guidarlo, ebbe sempre rispetto, fiducia e perfetta docilità.

Seppe far tesoro della esperienza e degli esempi delle persone che egli stimava, sicuro che la grazia di Dio avrebbe prodotto più facilmente i suoi frutti di perfezione e di santità in un animo ricco delle umane doti di onestà e di rettitudine.

E infatti tutta la sua fanciullezza, come poi la sua vita, andò sempre più illuminandosi di questa luce divina della grazia.

Al nipote che un giorno gli parlava degli anni felici e lontani della loro gioventù, sempre vivi e presenti nel loro cuore, egli così rispondeva nel dicembre 1930, condividendo quasi con un senso di nostalgia, quel gradito ricordo e traendone stimolo per una ulteriore perfezione: " Ora siamo vicini al termine della nostra vita e quei ricordi lontani ci richiamano alla mente i nostri Cari che già tutti, come speriamo, sono in Paradiso ove ci aspettano per celebrare con noi la festa del S. Natale.

Preghiamo, caro Fratel Bonaventura, reciprocamente e non dimentichiamo il nostro ultimo fine ".

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