La santità è un'utopia? |
Dimentico il presente per addentrarmi nell'ozioso limbo dei ricordi.
Mi telefona l'amico Giulio Dentis, ingegnere, ex Gip, ex campione italiano di atletica leggera, per invitarmi a trascorrere un pomeriggio in campagna.
È reduce da Monsummano, non dimenticata patria di Giuseppe Giusti, il poeta che affinava i versi e le rime a Montecatini, purificandosi alle Terme con le benefiche acque.
La campagna è un'evasione splendida per chi vive in città.
È ampia di orizzonte e alta di accento.
Ne convengo ma rispondo: «Non ho tempo. Ho assunto l'impegno di scrivere la vita di Fratel Teodoreto».
Meucci e Beli, gli inventori a turno del telefono, mi osservano dall'aldilà, con mestizia e rammarico.
Ritengo la loro invenzione un atto di violenza a distanza.
Dentis, intelletto pronto con logica kantiana, mi dice: «Fai bene a non distrarti. Sono stato allievo di Fratel Teodoreto. Era un santo».
«Perché Ti sopportava?»
«Perché, come coloro ai quali i pittori depongono l'aureola sul capo, incendiava di ammirazione quelli che avvicinava».
La più istruttiva lungimirante lezione sull'arte di entrare in argomento mi è stata offerta dal filosofo francese Gabriel Marcel, fondatore dell'esistenzialismo cattolico, al termine di una lezione alla Sorbona di Parigi: «Quando, caro Elio, scriverai, non abbandonarti alle descrizioni.
Non tutti all'anagrafe si chiamano Alessandro Manzoni.
Tralascia le tradizionali leziosaggini che si incontrano in certi autori che fanno della falsa letteratura con i colori verbali.
Attacca subito il soggetto».
Pitigrilli, uno scrittore che ha ritrovato la fede come Gertrud Von Le Fort e il poeta Giulio Salvadori, inizia un suo romanzo Il farmacista a cavallo dal capitolo sesto, rovesciando secoli di convenzioni in materia di inventiva letteraria e poiché i libri invecchiano ha pensato bene di incenerirli anzitempo, con estrema eleganza, abolendo i primi capitoli.
Io non mi chiamo Pitigrilli e, se anche Piti ( tout court ) è stato mio maestro, affrontando il genere biografico non lo posso imitare, ne posso ascoltare il suo originale suggerimento.
Perciò, come tutti gli scrittori che si rispettano e rispettano i loro protagonisti, chiedo scusa ai lettori e comincio allegramente dal capitolo primo.
I pensatori mi comprenderanno.
Indice |