Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

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Al Noviziato

Per non pochi anni, Fratel Teodoreto si recò al Novizaito a sostituire il Direttore nel breve periodo di tempo in cui questi lasciava scoperto il posto per recarsi al Ritiro annuale; o per dare una mano nel periodo del Postulantato; e qualche volta per stare un poco in ritiro e in riposo.

I Superiori pensavano che anche la sola sua presenza era di tanta edificazione da produrre gran frutto.

Ma Egli dava, non la presenza sola, bensì tutto se stesso ...

Quando gli spettava, compiva tutti i doveri del Direttore a cominciare da quello della Conferenza spirituale, che al Noviziato è quotidiana.

Fratel Teodoreto non era per nulla oratore: la parola aveva non facile, anche prima che fosse colpito da afasia; il suo pensiero non brillava di originalità, lo stile suo era dimesso naturalmente e forse anche per proposito.

Il pregio del suo dire stava tutto nella profonda convinzione con cui parlava, e ancor nell'evidenza dell'esempio che precedeva il discorso e nella fama di santità di cui godeva.

Sebbene di questi valori positivi Egli non fosse probabilmente molto conscio o persuaso, e conoscesse e sentisse invece le deficienze prima segnate, non ne tolse mai pretesto per sottrarsi al suo dovere di capo, di rivolgere cioè l'esortazione alla Comunità, secondo le esigenze della Regola o della tradizione.

E questo, ovunque gli toccò presiedere in qualità di Direttore.

Al Noviziato usava leggere e commentare tratti del S. Vangelo o della Regola e della Raccolta, parole del Divin Crocifisso a Fra Leopoldo, rivelazioni di Gesù a Suor Consolata Betrone ...

Sentiva di sé così umilmente, che volentieri si appoggiava a parole di altri, diventandone il modesto chiosatore; ed erano sempre testi rivelati o ispirati dal Signore.

Dice un Novizio del 1951:

"Dal punto di vista oratorio le sue conferenze non erano certo dei capolavori, tutt'altro; ma nella sua voce si sentiva tanta persuasione, e un non so che di divino, che le sue parole penetravano a fondo nella mia anima, suscitandovi i più nobili sentimenti di fede e d'amor di Dio.

"Rileggendo ora quelle conferenze, mi pare non solo di rivivere i sentimenti provati allora, ma di riudire persino le cadenze con cui Egli pronunziava, a stento, quelle parole.

Credo non dimenticherò mai più la nobile veemenza con cui, in una conferenza, parlandoci di venerande figure di Fratelli defunte, sentenziò: "Siamo progenie di santi!" ( Fr. Ottavio ).

Un altro aggiunge, e lo dicono anzi in parecchi, sebbene in modo quale più e quale meno circostanziato:

"Ricordo che terminava sempre esattissimamente al suono del campanello, così che troncava spesso un pensiero incominciato o perfino una parola, soggiungendo: "Il resto ve lo manifesterà il Signore"; tanto che noi, esasperati, per dir così, da questa risolutezza che ci privava spesso del punto migliore della conferenza, supplicavamo con gli sguardi e i gesti il campanaro di far finta di niente e di lasciar allungare almeno di qualche minuto quelle conferenze tanto gustate ( qualcuno scriveva parola per parola, sul proprio quaderno di note, tutto quello che diceva, anche se espresso con grande difficoltà di eloquio )" ( Fr. Agostino di Maria ).

Argomento suo prediletto - fra quelli già elencati - era lo « spirito di Fede ».

« Ci ritornava sopra con una ... monotonia esasperante ( così pensavano alcuni! 9.

Ora ringraziamo il Cielo - dice uno per tutti - di essere stati scottati da simili problemi, e da un uomo che viveva solo di essi » ( Fr. Corrado ).

Quel suo grande spirito di Fede gli faceva venerare in modo particolarissimo la parola del Signore nella s. Scrittura.

Uno dei segni di tale rispetto, voluti dal Santo Fondatore, è che i suoi figlioli portino sempre sopra di sé il Nuovo Testamento.

Il Fratel Teodoreto inculcava questo dovere con parole e tono di alta convinzione, oltre a dare l'esempio personale di portarlo, baciarlo e leggerlo sempre con venerazione somma.

Due varianti sull'argomento:

"Un giorno in conferenza disse queste parole, che mi fecero tanta impressione e che poi constatai esattissime: "La rilassatezza di un Fratello incomincia quando tralascia di portare con sé il Testamentino".

E l'altra testimonianza:

"Parole sue quasi precise, pronunciate durante una conferenza a Novizi e Postulanti di Rivalta nell'estate del 1951: "Se sarete costanti nel portare con voi il Nuovo Testamento, che contiene le verità di Dio, vi assicuro che sarete perseveranti nella Vocazione.

Se molti la perdono, è perché hanno già perso da tempo il rispetto per la Sacra Scrittura.

E ci faceva notare la frase del Vangelo: "Le mie parole sono spirito e vita" ( Fr. Corrado ).

Spirito e vita non erano certo in quei « Napoleoni di bronzo o di piombo », dalle dimensioni più o meno rispettabili, che recavano con sé sul campo di battaglia i soldati di Bonaparte quali porta-fortuna, e che vedemmo nel museo di Waterloo noi tutti Fratelli recatici in Belgio per il secondo Noviziato.

Pesavano tanto più del Testamentino, e non c'era alcuna prescrizione di regolamento a imporre l'inutile gravosissimo ingombro!

Ma nulla pesa, quando si ama!

Questi concetti inculcava Fratel Teodoreto; e sono insegnamenti, come ognun vede, lontani da ogni romanticheria, basati sulla pietra solida della Verità tradizionale!

Trovo qui un'annotazione, non senza significato, sulla eloquenza del Nostro a Rivalta, e la trascrivo tal quale:

"Era giunto fra noi, dopo un violento "attacco" che gli aveva lasciato notevole difficoltà di parola.

Fisicamente era prostrato.

Ebbe un insospettato risveglio di energia, quando venne a morire la mamma del Direttore del Noviziato.

Ci adunò in sala di studio, e ci rivolse un discorsetto eloquente e sicuro, senza la minima difficoltà di pronuncia, sul dovere che avevamo di manifestare al Fratel Direttore la nostra sincera partecipazione al suo lutto.

Fu una parola infiammata di carità, dopo la quale tornò nella abituale difficoltà di esprimersi" ( Fr. Carlo Guglielmo ).

Se la parola, più o meno libera secondo i momenti, era il mezzo diretto con cui Fratel Teodoreto eccitava i Novizi al fervore, anche più efficace e non mai inceppato era il suo esempio, ineccepibile sotto ogni punto di vista.

Innanzi tutto, l'esempio della pietà.

Sono numerosi i suoi ex novizi che lo attestano, con variazioni e sfumature da non finire, a riferirle tutte: del che ci guardiamo bene!

Spizzico qua e là:

"Lo vedevo sovente in cappella, tutto raccolto e intento a pregare con tale ardore che avrebbe convinto chiunque della reale presenza di Gesù nel Tabernacolo" ( Fr. Fiorenzo Quasso ).

"Qualche volta l'osservavo in cappella tutto solo, con lo sguardo al Tabernacolo e una gioia negli occhi e nella faccia, propria d'un santo" ( Fr. Diego di M. )

"L'ho visto più d'una volta andare in cappella, e colà aprire e leggere le lettere che riceveva" ( Fr. Agostino di M. ).

Che cosa non vedono i Novizi nella loro ... indiscutibile modestia?

Proprio, non sfugge nulla al loro obiettivo! ...

Meno male che, trattandosi di Fratel Teodoreto, erano sempre cose di somma edificazione.

Un anonimo racconta:

"Un giorno arrivo tardi in Cappella: mi avvicino al suo inginocchiatoio per dirgli il motivo del mio ritardo, e mi accorgo che la mia voce, pur forte e per sé squillante, non l'ha menomamente colpito.

Ripeto la mia giustificazione, e lo tocco: solo così mi parve vederlo uscire dal suo mondo di preghiera.

Mi pentii di averlo distratto!...".

Per finire sulla preghiera, ecco l'attestazione, non più di un novizio, bensì d'un uomo di larga esperienza, il Fratel Fidenzio:

"Quando veniva a Rivalta, andava spesso davanti al Crocifisso che si innalza nel giardino dei Novizi.

La devota espressione del suo volto e degli occhi denotava l'intenso ardore dell'anima, raccolta nei misteri dell'amore divino"!

Se il religioso che dà bell'esempio di pietà venisse trovato poi scarso nell'obbedienza e nella carità o nello zelo o anche solo nel contegno, si proverebbe una specie di delusione, e si penserebbe a non so quale squilibrio nella sua vita spirituale.

Nulla di tutto questo riguardo a Fratel Teodoreto, che risultava esemplarissimo sotto ogni aspetto, anche nelle cose minime.

Al Noviziato si è situati come in una meravigliosa specola per l'esame della regolarità al microscopio; e che ne esce promosso a pieni voti non ha più da temere gli attacchi neppure del maggiore « avvocato del diavolo », proprio quello « generale » della S. Congregazione dei Riti di Roma, non dico del Promotore della Fede diocesano!

Dove non vanno a ficcare il naso i Novizi, compresi quelli che la pubblica opinione proclama campioni di senno e serietà!

Eccone un saggio:

"Ebbi più volte modo di entrare nella stanza di Fratel Teodoreto, con la scusa di controllare se gli occorresse qualcosa.

Non mi capitò mai di vedervi il benché minimo oggetto fuori posto.

Tutto era ineccepibile.

Perfino le calze, che si lavava sempre da sé e poi distendeva accuratamente su un filo ad asciugare, sembravano entrare con naturalezza nell'arredamento della camera" ( Fr. Carlo Guglielmo ).

Ecco qui due altri .. inquisitori, ai quali dobbiamo oggi qualche particolare interessante:

"Una volta vidi in corridoio Fratel Teodoreto che passeggiava modesto, recitando la Corona.

Passandogli vicino, mi scalottai, come dice la S. Regola, ed Egli rispose al mio saluto scoprendosi pure.

Rimasi edificato della serietà e gravità con cui lo fece; però, curioso ( mea culpa! ), mi fermai per vedere che cosa succedeva, mentre passavano altri miei confratelli.

Per ognuno si tolse la calotta, e lo faceva con un sentimento e un volto come vedesse in tutti noi l'immagine di Gesù Crocifisso" ( Fr. Agostino di M. ).

L'altro connovizio inquisitore dice che ci pigliava gusto a passargli accanto, pensando tra sé:

"Vediamo se si toglie la calotta, come dice la Regola"; e Lui immancabilmente si scopriva abbozzando un sorriso! ( Fr. Dante Alberto ).

Era lo stesso sentimento di rispetto che gli faceva « cedere il passo al più giovane dei Fratelli » ( Fr. Cesare Vito ); o lo muoveva ad « affrettarsi per giungere prima e porgere ai sopravvenuti l'acqua santa » ( Anonimo ); o non gli consentiva di accettare servizi che potesse rendersi da sé, com'è raccontato qui appresso:

"Di lui ricordo particolarmente un incontro avuto nella biancheria ( io ne ero l'incaricato ), in un giorno di pulizia generale.

Batté con delicatezza alla porta, ed entrò con un atteggiamento così modesto e religiosamente familiare che subito mi conquise.

Poi, col miglior sorriso: "Mi scusi, caro Fratello, ho dato la biancheria del letto a lavare; potrebbe fornirmi due lenzuola e una federa?".

"Ma subito, si figuri! ( in quel momento avrei voluto mettergli tutta la biancheria tra le mani! ).

Vengo io a rassettarLe la camera!".

"Oh, grazie; ma posso fare da me!".

E si allontanò silenziosamente, col suo incantevole sorriso, stringendo sul petto, cinto da un vistoso grembiule blu, le lenzuola e la federa richieste.

Questo episodio insignificante mi fece un'impressione enorme, ed ancora oggi lo ricordo con commozione" ( Fr. Carlo Guglielmo ).

C'erano Novizi che volevano vedere più in là della calotta: più dentro e profondo, intendo dire.

E sono quelli, ad esempio, che spiavano il suo volto, per cogliere le reazioni che vi produceva la lettura della vita di Fra Leopoldo, fatta nell'attendere alla monda dei legumi, soprattutto quando in essa si parlava proprio di Lui, di Fratel Teodoreto.

C'informa uno per tutti:

"Fummo sempre delusi e ammirati.

Il suo atteggiamento non rivelava sentimento particolare, neppure di soggezione o noncuranza di sé; restò sempre atteggiato ad una semplicità e naturalezza tale, da sembrare che la cosa non lo riguardasse per nulla, e che il Fratel Teodoreto, di cui si stava leggendo, fosse un altro, lontano chissà quanto!

Questo mi edificò molto, certo più di un'umiltà ostentata o di un voler negare i propri giusti meriti" ( Fr. Felice dell'Immacolata ).

Umiltà e carità si sposavano insieme, quando doveva avvertire un giovane di qualche difetto.

Nell'episodio seguente è uno Scolastico che « tutto si confessa » dinanzi al pubblico dei lettori, come l'anima peccatrice dinanzi al Minosse dantesco: ma qui non ci saranno i famosi giri di coda!

"Allora ero alquanto irrequieto; non mancavo certo di difetti, e Fratel Teodoreto si trovò a dovermene far notare uno.

Ecco come fece: attese ch'io fossi solo, occupato in un piccolo lavoro manuale; si recò in chiesa, poi dopo alcun tempo, mi si accostò, e con delicate attenuanti mi disse che gli sembrava ch'io avessi il tal difetto, e vedessi se potevo...

Non seppi che rispondere con generosità.

Quindi Fratel Teodoreto, ringraziandomi d'aver accettato il suo avviso, mi pare si recasse ancora in chiesa: forse per ringraziare pure il Signore.

Certo sentii che quell'uomo agiva a mio riguardo spassionatamente, con grande rispetto anche se ero ancor giovanissimo, preoccupato solo come Egli era del mio bene e di rappresentare presso di me il Signore" ( Fr. Stanislao ).

Come si poteva resistere a tanta amabilità e umiltà?

Essere amabile, però, non significava, da parte sua, mancar di esigenze per l'osservanza regolare o l'avanzamento nella perfezione.

Lo stesso Fratello citato or ora ricorda, a questo proposito, due suoi insegnamenti, o moniti che dir si vogliano:

"Quando, o per comodità o perché si arrivava in ritardo a qualche esercizio comune, ci si fermava nei posti rimasti liberi o in fondo allo ambiente, anche per non disturbare, Fratel Teodoreto ci invitava ad andare al nostro posto, perché quello era il posto dell'ubbidienza, assegnatoci dal Signore, e quindi il posto del nostro maggior merito.

Nei momenti, poi, in cui attendevamo ad un impegno non assorbente ( come durante l'esercizio dell'avvertimento dei difetti ).

Egli ci suggeriva di ripetere spesso giaculatorie e invocazioni" ( Fr. Stanislao ).

Così stando le cose, non è da stupire che i giovani Fratelli gradissero tanto la sua compagnia, che tutti lo desiderassero nel gruppo di ricreazione per bearsi ai suoi discorsi sempre santi, che si affollassero intorno a Lui durante le passeggiate per lo stesso motivo.

È anche naturale che avessero in Lui piena fiducia.

Asserisce il Fratel Fortunato, che gli fu vicino a Rivalta sempre:

"I giovani andavano volentieri da Lui, per esporgli le loro difficoltà e ricevere buoni consigli.

Mi ha sempre colpito il modo delicato e rispettoso con cui li ascoltava.

Quando avevano finito di parlare, Egli diceva ciò che il suo cuore d'apostolo, illuminato dal buon Dio, riteneva efficace per il bene delle anime.

Io vedevo tutti quelli che a Lui ricorrevano ritornarsene alle occupazioni solite, più sereni e meglio disposti al bene".

Parecchi, anzi, uscivano da quei colloqui intimi "impressionati o piangenti, o comunque garantendo che il Fratel Teodoreto leggeva negli animi" ( Fr. Stanislao ).

Ecco quanto scrive in proposito un valoroso Fratello:

"Estate 1934. Fratel Teodoreto sostituisce per un mese il Direttore del Noviziato.

Postulante, ero molto angustiato da pene spirituali.

Mi rivolgo al Fratel Teodoreto, aprendogli con fiducia il mio animo.

Le sue parole scendono ogni volta come un balsamo ristoratore, poiché esse sembrano leggere dentro di me.

"Purtroppo Egli riparte e io sono nuovamente assalito dalle solite angustie.

Gli scrivo a Pessinetto, e ne ricevo in risposta una lettera che conservai a lungo come prezioso viatico nella vita, ma che poi smarrii in uno dei cambiamenti di comunità.

"Ne posso citare però quasi testualmente le parole: "Appena ricevuta la Sua lettera, mi sono messo in preghiera davanti a Gesù Crocifisso.

Pregai a lungo. E Gesù mi ha detto: "Di a... di stare tranquillo, perché quello che prova è suggestione diabolica, ed egli lo sa".

Seguivano alcuni consigli ed esortazioni.

"Gli scrupoli e le paure cessarono come d'incanto, e io potei continuare il mio Noviziato con molta serenità.

"Altre volte avvicinai il Fratel Teodoreto, e sempre ebbi la chiara sensazione che Egli leggesse nella mia anima.

Non dimenticherò mai quanto mi disse un giorno: "Coloro che abbandonano la loro vocazione per insofferenza della vita religiosa e per gustare i piaceri del mondo, non di rado sono puniti dal Signore con una morte prematura" ( Fr. F. ).

Così si creavano dalla Casa di formazione legami santi, che poi perduravano in Comunità.

Lo stesso Fratello ora citato dice infatti:

"Mi rivolsi a Lui in circostanze importanti e difficili dei miei studi universitari e d'esami di abilitazione, e sempre ne ebbi promessa di preghiere e assicurazione di celeste aiuto, come difatti sempre avvenne" ( Fr. F. ).

Certo avevamo tutti - e questo proprio senza eccezioni - il concetto che Fratel Teodoreto fosse un santo, e che fosse quindi lecito, ad esempio, come confessa Fr. Gaspare, portargli via gli stessi lacci delle scarpe per averne un ricordo reliquia.

Inoltre, facilmente si attribuivano alla sua presenza o preghiera eventi lieti o pericoli scampati, come racconta lo stesso Fratello:

"Una notte del maggio 1932, a Grugliasco, si scatenò un forte temporale che cagionò gravi danni.

A causa del vento impetuoso, cascavano imposte e balconi; sembrava un inferno!

Il buon Fratel Teodoreto passeggiava in mezzo al dormitorio, tranquillo, per darci coraggio.

Io, dalla paura, invocai: "Fratel Teodoreto, aiutateci che passi questa bufera"!

In quel medesimo istante cessò completamente, tanto che ancora oggi, dopo 22 anni, lo ricordo".

Non è quindi da stupire che frutti di grazia segnassero il passaggio di Fratel Teodoreto nelle Case di formazione.

Lo asserisce il Fr. Alessio, che fu Direttore al Noviziato per tanti anni; e, ancor più esplicito, il Fr. Giovannino Verri, uno dei suoi successori.

"Lo ebbi due volte come sostituto al Noviziato nel periodo dei miei Esercizi con i Direttori di Case di formazione; ebbene, dopo 12 giorni circa d'assenza, trovarono i giovani più fervorosi e meglio disposti; più decisi e più regolari; con le difficoltà risolte e, molte volte, con gli scrupoli scomparsi: in breve mi trovavo di fronte a una ripresa generale di fervore veramente consolante.

Tanto poteva la virtù dell'uomo di Dio".

Abbiamo sentito tanti Novizi parlare di Fratel Teodoreto; ora ascoltiamo, per concludere questo paragrafo, Lui stesso parlare ai Novizi, in una lettera scritta loro per risposta al auguri.

Eccola integralmente:

G.M.G.
G.B.

Torino, Natale 1948

Carissimi Fratelli Novizi,

Ringrazio vivamente degli auguri e della bella lettera che hanno voluto scrivermi.

Ricambio di cuore gli auguri di ogni benedizione e grazia celeste a tutti.

Auguro inoltre a ciascuno di Loro, e a me, di fare ogni giorno qualche progresso nell'amar Dio "con tutta la mente, con tutto il cuore e con tutte le forze" ed il "prossimo come noi stessi per amor di Dio".

E questo amore dimostrarlo coi pensieri, con gli affetti e specialmente con le opere fatte con Gesù e con Maria SS.

Dobbiamo perciò coltivare lo Spirito di Fede e vedere quello che realmente è: Gesù nel Tabernacolo; Gesù nel nostro cuore; Gesù nei Superiori, nei Confratelli, nel prossimo; e combattere la superbia e l'egoismo, con l'obbedienza più perfetta in tutti gli atti della giornata fatti per amore.

Questo è l'augurio che faccio a me e a Loro, mentre mi raccomando vivamente alle Loro preghiere.

Aff.mo
Fr. Teodoreto

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