Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio ) |
Il Fratel Teodoreto presiedette saltuariamente, ma spesso, i Ritiri di « 20 giorni », che precedevano allora la prima emissione dei voti annuali, e il « Mese ignaziano » in vista della Professione perpetua, fra gli anni 1913-14 e il 1936.
Egli se ne riteneva assolutamente incapace, e lo si deduce fra l'altro da questa interessante comunicazione del Fratel Faustino:
"Durante una muta di Esercizi di 30 Giorni, tenuta alla Villa del Collegio S. Giuseppe e presieduta dal Fratel Teodoreto, l'Assistente Fratel Candido venne a parlare agli esercitandi; e, trattando come soggetto la docilità, disse, rivolto al Fratel Teodoreto, che se ne stava modestamente seduto a lato della cattedra: "Quando si riceve un incarico, bisogna accettarlo, cercando poi di fare del proprio meglio e non opporre difficoltà".
"Si capì da tutti che il Presidente degli Esercizi aveva obbiettato la propria incapacità nell'accettare quell'incarico, e si comprese pure che il buon Fratel Assistente, ben conscio della virtù del Fratel Teodoreto, aveva voluto dargli occasione di fare un bell'atto di umiltà dinanzi a tutti.
"Il redarguito si alzò da sedere, in atteggiamento di chi si riconosce colpevole, ma anche con l'espressione di chi godeva d'essere umiliato dinanzi agli altri; tolse la calotta e accettò l'osservazione senza parlare.
Nella conferenza seguente da Lui tenuta, chiese scusa dello scandalo dato, mentre noi gli eravamo grati dell'edificazione ricevuta".
Per sopperire, quanto da Lui dipendeva, alla presunta incapacità, metteva il massimo impegno nella preparazione.
Qualcuno che lo poté vedere da vicino, ce ne lascia il certificato:
"Dovendo egli presiedere gli Esercizi spirituali del Mese - agosto 1924 - mi incaricò, durante le settimane di vacanza che precedettero, di scrivere su fogli protocollo, per ogni giorno, il pensiero dominante, le letture e gli esami da farsi: in modo che tutto procedé in modo mirabile" ( Fr. Cecilio ).
"Le intere sue giornate - aggiunge lo stesso Fr. Cecilio - le passava lavorando in camera: consultava i testi del S. Fondatore: Regola, Raccolta, Metodo di orazione; "Esprit et Vertus", "Doctrine spirituelle", e scriveva su fogli tutti gli argomenti delle sue conferenze.
Iniziato il Ritiro, lo vidi servirsene metodicamente".
Fr. Armando Riccardi aggiunge questo particolare, relativo al Mese da lui fatto nel 1928:
"Io avevo preso delle note abbastanza diffuse su ogni argomento svolto dal Rev. Padre Cerruti.
Alla fine del Ritiro, il Fratel Teodoreto - che pur veniva ad ascoltare le prediche - mi domandò in prestito il quaderno per ricopiarlo a sua volta, perché diceva: " Dobbiamo sempre tesorizzare della scienza spirituale, e non lasciar cadere nessuna parola di Dio!
Non preparava solo le conferenze, Fratel Teodoreto; ma, secondo il più genuino spirito e metodo lasalliano, prevedeva anche le minime circostanze, relative all'installazione, alla distribuzione delle celle, all'assegnazione dei posti in cappella e in refettorio e ovunque.
Coloro che giudicano pignoleria queste attenzioni e premure, forse mancano d'esperienza in proposito, o appartengono al bel numero dei persuasi che far diverso da come s'è sempre fatto sia già di per sé un progresso: sentenza per lo meno molto discutibile!
Nel caso che qui si tocca, come in quasi tutti gli altri, è ben difficile che l'improvvisazione valga meglio di una organizzazione intelligentemente condotta.
Del resto, Fratel Teodoreto aveva tute le malleabilità che i singoli casi sembravano richiedere, per fare i mutamenti opportuni.
Lo dimostra in modo magnifico quanto Fr. Angelino Villata racconta essere occorso proprio a lui nel 1926, quando fece i suoi « 30 giorni ».
Gli siamo anzi grati d'averci favorito il racconto nei suoi particolari minimi:
"Insieme ad un altro Confratello, ero partito da Corfù per il mese di Ritiro.
Giunti a Torino con tre giorni di anticipo, ci presentammo alla Villa del Collegio S. Giuseppe, chiedendo ospitalità.
Per dormire fummo invitati alla Villa superiore, dove avrebbe avuto luogo il Mese.
Tanto io quanto il mio Confratello, non si era eccessivamente coraggiosi; e quindi ci scegliemmo, dato che dovevamo passare le notti soli, al secondo piano, due camerette con balcone, ben esposte verso Torino.
Giungendo poi il Fratel Teodoreto alla Villa superiore, si meravigliò di trovarla già occupata da noi due: aveva il piano delle camere pronto con i nomi di ogni Fratello esercitando già destinato.
Quando noi gli dicemmo che si era giunti da Corfù e che avevamo occupato due camerette del secondo piano, Egli venne su con noi a vederle, e poi, con tanto cuore, ci disse:
"Benissimo. Sono due belle camerette; hanno una bella vista.
Vanno proprio bene per Loro, che vengono da tanto lontano e sono missionari! Rimangano pure!".
Noi però, che vedevamo in mano al buon Direttore la pianta della casa, capimmo che probabilmente la nostra sistemazione non rispondeva a quella da Lui progettata, e gli dicemmo che, se credeva, ci saremmo subito trasferiti.
Ed Egli: "No, cari Fratelli; stiano dove sono e facciano bene il santo ritiro".
E sorridente se ne andò a modificare quanto aveva stabilito".
Non è bello tutto questo?
Per me, dico sinceramente, ha la beltà perfetta dei capolavori; poiché anche le miniature possono riuscire capolavori, pur nelle loro ridotte dimensioni!
Tre sono le grandi armi poste in mano al Presidente dei Ritiri, così come sono da noi condotti: quella personale della preghiera e del buon esempio, e quelle apostoliche della Conferenza e del Rendiconto.
Quanto a preghiera e buon esempio, già se n'é detto tanto e ancora si dirà: qui basti ricordare che durante i Ritiri l'uso ne veniva intensificato dal Nostro fino agli estremi limiti del possibile.
Prima di parlare delle altre due armi, mi pare opportuno contemplare un quadro d'insieme dell'andamento d'un Ritiro lungo, sotto la presidenza del Fratel Teodoreto.
Si sono accinti a farlo due ex Visitatori: ma uno d'essi, il Fr. Alessio, abbonda maggiormente di particolari interessanti, senza che per questo lasciamo da parte le preziose note del Fr. Costanzo.
Ecco la prima ampia relazione:
"Sotto Fratel Teodoreto feci i "30 Giorni" nell'agosto del 1919.
"Li feci alla villa del Collegio S. Giuseppe, ed eravamo una quarantina di giovani Fratelli dei due Distretti di Torino e di Roma, la quasi totalità reduci dalla guerra; alcuni anzi tutt'ora in grigio-verde.
Non pare giudizio temerario l'affermare che non tutte quelle quaranta nature ardenti, di temperamento diverso, e molti ancora sotto l'influsso della guerra e della vita di caserma, fossero nelle migliori condizioni per sottomettersi, d'un tratto, alla stretta disciplina e al raccoglimento di un corso di esercizi spirituali e, per di più, di trenta giorni!
"Eppure il prodigio si avverò.
Il mese trascorse calmo, sereno, senza incidenti meritevoli di nota; anzi, per confessione di molti dei partecipanti, ricco di grande frutto spirituale.
"Ma il buon Fratel Teodoreto stava là, vigilante, calmo, sempre sereno, spirante bontà, accattivandosi i cuori con un fascino particolare sia nei colloqui intimi, sia nei trattenimenti pubblici, anche se, in questi ultimi, non sfoggiava particolare eloquenza o profondità di concetto.
Quante preghiere, però, e quanta penitenza per ottenere dal Signore la buona riuscita di sì grande impresa!
"Certo non ne faceva mostra esteriore; ma lo si arguiva da tanti segni: la sua profonda pietà negli esercizi pubblici, la forza convinta e convincente delle sue esortazioni... le veglie, rivelate dalla sua permanenza in Cappella dopo le preghiere della sera, dal tardivo spegnersi della luce nella sua cameretta,... e da altri segni caratteristici non dubbi.
"Questo, ad esempio, lo videro e notarono tutti.
Secondo la consuetudine, per rompere la lunghezza e la monotonia di questo lungo corso di ritiro, si inframmezzarono tre giorni di riposo, compiendo in ciascuno di essi una passeggiata.
"La seconda ebbe come meta la Basilica di Superga, bel santuario mariano e patrio sui colli torinesi.
Faceva un caldo opprimente.
Si partì dalla Villa verso le ore 9, dopo gli esercizi del mattino e la colazione; e, a piedi, per corso Casale fino a Sassi, e poi su su per la strada non ancora asfaltata, e perciò densa di polverone, mantenuto costante da un viavai di motociclisti che facevano le prove per una prossima gara Sassi-Superga.
"Il sole martellava, il polverone soffocava, il camminare era faticosissimo anche a causa della salita, e ciascuno cercava un po' di sollievo togliendosi il mantello, slacciandosi il colletto e l'abito sul davanti, rimboccandosi le maniche..
I Fratelli militari deposero la giubba, restando in semplice maglietta.
Si giunse in cima che era mezzogiorno, spossati, in un bagno di sudore, anelanti alla ricerca d'una goccia d'acqua, non potendone proprio più!
"Acqua e bibite furono fatte servire con generosità dal buon Fratel Teodoreto, che ci aveva seguiti calmo, sereno, composto al solito, colletto e mantello regolarmente allacciati.
E non è detto che non soffrisse anche Lui!
Lo si vedeva chiaro dal respiro affannoso, dallo stiramento dei tratti del volto, e dall'incedere penoso,... causato questo, forse, oltre che dalla fatica della salita, dal fastidio del cilizio o delle catenelle che, si sussurrava fra noi, portava costantemente"!
Non si scandalizzino le generazioni ... sportive ( anche lasalliane ) di oggi, che concepiscono le passeggiate solo comodamente seduti su autopulman di gran turismo ben imbottiti, se in pianura; sulle seggiovie in salita, e sulle slittovie in discesa .. con pausa meridiana obbligatoria a un ristorante preferibilmente di prima classe, e almeno una visita pomeridiana a un bar più o meno pensile, secondo le località, ma comunque di lusso! ..
A quei tempi, - vedi un po' se erano retrogradi! - si passeggiava proprio ... passeggiando, e si andava al ristorante dei grilli e delle cicale in mezzo all'erba, al rezzo delle piante, e si preferiva il bar delle fonti d'acqua fresca, in cui però, per non esagerare, si metteva anche qualche fiaschetto di vinello a refrigerarsi!Si tornava per lo più stanchi, ma il sangue aveva avuto la frustata che gli abbisognava.
Dico questo, affinché nessuno tratti d'inumano il Fratel Teodoreto o pensi accollare a Lui la responsabilità di questi modi di spassarsi estivamente: altri tempi, altre usanze! e non è definito con sicurezza dove stia il meglio.
O forse nella media aritmetica fra i due sistemi?
Videant consules!
Ai « 30 giorni » del 1919, di cui si parla nella relazione precedente, presi parte anch'io, tornando fresco fresco dalla vita militare, e confermo a due mani l'anzidetto.
Ricordo un particolare: dopo una decina di giorni, Fratel Teodoreto cominciò a dire che, giunti a tal punto del Ritiro, i nostri discorsi, nella ricreazione regolare consentita e nei passeggi, non avrebbero dovuto essere più che d'argomenti spirituali: e posso aggiungere - se la cosa non paia scandalosa o esagerate - che, almeno in taluni gruppi, le cose andavano proprio così come voleva Lui, tanto aveva saputo comunicare della sua convinzione e del suo fervore.
Perché poi non sembri che voglia trovar tutto perfetto nel mio Eroe, noterò che in quel Ritiro mi parve un po' manchevole l'occupazione d'ordine intellettuale: intendo dire, di pensieri e di problemi spirituali sviscerati in tutti i loro aspetti.
Uomini di studio o di libri, come sono i Fratelli, e più in quell'età ch'era ancora quella delle utili acquisizioni, sentono il bisogno che nel mulino del cervello sia sempre messa buona granaglia a macinare, affinché non giri a vuoto.
Dal cervello poi scende al cuore e alla volontà, per trasformarsi in ottima farina utilizzabile al nutrimento totale dello spirito, e pronta ad essere transustanziata in pane celestiale nel rito della preghiera.
sarà forse un'impressione mia personale - che provai anche, sebbene meno marcatamente, in altri Ritiri - e che a buon conto qui ho voluto consegnare in semplicità di cuore.
circa le Conferenze - per venire a questo punto particolare - ecco anzitutto che cosa ci dice il Fr. Cecilio, che gliele aveva viste preparare così diligentemente:
"Durante le conferenze, di solita leggeva e, malgrado la dicitura né vivace né brillante, impressionava per l'animo che appariva perfettamente aderente alla dottrina espressa, e perché tutti sapevano come rispondesse in tutto alla pratica della sua vita.
"Insistette a lungo sul "Metodo d'Orazione", cercando di persuaderci quanto sia vitale la meditazione per noi religiosi.
"Ricordo che durante una conferenza ( esattamente il 14 agosto 1924 ), trattando dell'unione con Dio, frutto dello spirito di Fede, d'un tratto lo vedemmo alzare gli occhi dallo scritto e parlare con animazione per una decina di minuti, mettendo una foga insolita e insistendo che assolutamente dovevamo ottenere di "sentire" vicino e presente Dio in noi durante il Ritiro, almeno per qualche breve momento.
Ciò proclamava essenziale alla nostra vita religiosa, al nostro fervore, alla nostra perseveranza.
Era una grazia che Dio certamente voleva farci; ma tutti dovevamo meritarcela, chiedendola insistentemente e corrispondendo con sacrificio a tutti i favori del Ritiro.
"Quando finì la sua vivace perorazione, quasi tornando in sé, ci pregò di ricordare e dare importanza a ciò che aveva detto, perché non se lo era segnato in precedenza, ma lo aveva espresso per un impulso interiore impreveduto; perciò aveva ragione di credere che fosse il Signore ad averlo ispirato e spinto a dire, e che forse alcuni dei presenti avevano proprio bisogno di sentire "più da vicino" il Signore".
Quando si gode di tali carismi, ci si può ben consolare di non possedere l'eloquenza di Demostene o di Cicerone, sonante talvolta a vuoto.
Era lontanissimo dallo stile di Fratel Teodoreto il prendere atteggiamenti profetici o ispirati; ma, di fatto, talora diceva cose che facevano pensare a una singolarissima discrezione degli spiriti, se non addirittura a comunicazioni divine.
Ad esempio, il Fr. Abondanzio ricorda come, durante il suo Mese, Fratel Teodoreto disse alcune volte, in conferenza, con tono mesto: « Fratelli, Gesù non è contento, non è contento! ... ».
e la frase tornò a quando a quando, fino a che « una povera anima di Fratello », svanita nello spirito religioso, si ritirò; così, tolta la zavorra, il Mese continuò in libera e rapida ascensione.
Ed ecco una testimonianza simile del Fratel Bernardino di Maria:
"Durante il mio mese di Esercizi spirituali da Lui presieduti, sebbene tutto si svolgesse con la migliore regolarità, silenzio e applicazione esteriore, al quinto giorno il sant'Uomo parlò severamente e con tono crucciato, come non l'avevo udito mai: "Cari Fratelli, alcuni non sono entrati nello spirito degli Esercizi.
Si rivestono di formalismo esteriore, ma rifiutano la grazia di Dio; preparano la loro condanna!".
E così di seguito. Il tono grave di acre rimprovero, il volto addoloratissimo di allora, non lo dimenticherò mai, e mi ritorna monito all'inizio di ogni Ritiro, come se il Fratel Teodoreto lo pronunziasse di nuovo.
"Si seppe poi che non aveva sorpreso nessuno in mancanze particolari; né gli era stato riferito nulla di meno edificante sul conto dell'uno o dell'altro.
Ci aveva parlato in tal modo, dopo una lunga preghiera dinanzi al Tabernacolo".
Vogliamo un racconto anche più particolareggiato di quelli citati prima?
Ce lo serve, con documentazione di date e di nomi ch'io peraltro tacerò, uno dei protagonisti, il solo ... sopravvissuto dei tre cattivelli di turno. Eccolo:
"Nell'agosto del 1933, trovandomi ai "20 Giorni" di Esercizi alla Villa Superiore del San Giuseppe torinese, successe quanto segue.
Al terzo giorno il Fr. Arcangelo, Vice Presidente del Ritiro, si ammalò.
Fratel Teodoreto, che presiedeva, disse testualmente all'inizio della Conferenza: "Il Fr. Arcangelo è ammalato, ma la sua non è una malattia normale: è perché tra di Loro non hanno alcuna voglia di fare questo Ritiro".
"Devo far notare che esternamente nessuno mancava al suo dovere, né dava ad intendere le sue maldisposte intenzioni d'animo.
"Due giorni dopo ripeté l'avvertimento.
"Incominciai a preoccuparmi, perché uno dei tre ero proprio io, arrivato agli Esercizi stanco morto da una abilitazione magistrale lunga e laboriosissima, e con la prospettiva d'iniziare immediatamente le ripetizioni a fine Ritiro.
"Comunque, decisi di non farne nulla e, salvando le apparenze, di continuare nella mia oziosa linea di condotta: riposarmi.
"Ma una sera, prolungando non so come, la preparazione del soggetto della meditazione, quando già tutti erano in camera, sentii come una specie di calamita che mi attirava ad aprirmi a Fratel Teodoreto.
Ebbi paura; e, sentendomelo dietro nel banco, uscii dalla cappella, per scansarlo, passando dalla sagrestia.
Come infilai la porta che conduce alla scala, me lo trovai dinanzi e mi disse: "Lei ha bisogno di parlarmi".
La paura e l'irritazione mi fecero ribellare e gli risposi: "Sì, ma ora non ho voglia!", e me ne andai a letto.
"Restai nell'incertezza altri quattro giorni, poi decisi di non confidarmi; ma non avevo tenuto calcolo di Fratel Teodoreto!
"Durante una lettura spirituale ( ore 10,30 ), mi prese per un braccio e d'autorità, se non di forza, mi portò su in camera sua e mi disse per filo e per segno quanto c'era nel mio stato d'animo; mi fece l'analisi della mia vita passata, mi descrisse il bene e il male operato, mi formulò auguri e minacce.
Uscii rasserenato e impressionatissimo.
"Accennando poi velatamente la cosa ad alcuni compagni di Ritiro, due mi confessarono candidamente che gli altri indiziati di cui sopra erano loro e che qualcosa del genere Fratel Teodoreto aveva pure loro detto.
Anzi ad ambedue aveva accennato, sebbene con tutta prudenza, che la linea di condotta tenuta, se non la mutavano in meglio, li avrebbe inesorabilmente portati alla perdita della vocazione.
Ciò che dolorosamente avvenne.
Essi stessi mi raccontarono poi nei particolari la drammatica avventura quando già erano fuori della Congregazione". ( Fr. S. ).
Oltre questi doni eccezionali, il Fratel Teodoreto aveva ancora un'altra risorsa d'ordine soprannaturale che non ho io, per non dire di tanti altri Presidenti di lunghi Ritiri: l'amicizia con un Servo di Dio, a cui Gesù Crocifisso parlava quotidianamente.
Ce ne informa il Fr. Eusebio di Maria:
"Nel 1914 ho avuto la fortuna di fare gli Esercizi Spirituali di "20 giorni" a Marina di Massa, avendo come Presidente il caro Fratel Teodoreto.
Sulla cattedra delle conferenze teneva sempre un bel Crocifisso, e ogni conferenza terminava con un pensiero alla Vittima Divina!
Dopo i primi dieci giorni, Egli scrisse a Fra Leopoldo Musso, O.F.M., di chiedere a Gesù Crocifisso se era contento del nostro Ritiro, e n'ebbe come risposta: "Gesù Crocifisso mi ha detto che le cose non vanno ancora bene!".
Questa notizia ci fece una grandissima impressione, e servì a renderci maggiormente applicati al compito nostro.
Nella sua grande umiltà, Fratel Teodoreto addossò a se medesimo tutta la responsabilità della dolorosa notizia; e lo vidi io in Cappella, dopo la preghiera della sera, con le braccia in croce, a supplicare il SS. Crocifisso di aver pietà di noi e a sostenere la debolezza nostra.
Verso il termine degli Esercizi, scrisse nuovamente a Fra Leopoldo, perché interrogasse ancora Gesù Crocifisso sui nostri Esercizi ed ebbe la risposta: "Il SS.mo Crocifisso è contento degli Esercizi costì praticati".
La lieta notizia ci riempì il cuore di vivissima gioia, e consolò molto il Presidente che ci lasciò come ricordo dei "20 Giorni" una grande divozione a Gesù Crocifisso".
Quando si è santi e in commercio coi santi, si combinano buoni affari, come in nessun altro mercato del mondo, compreso quello dei diamanti!
Del resto Fratel Teodoreto non aveva ricorso ai soli espedienti personali straordinari; si valeva pure di tutte le risorse umane.
Cercava, per esempio, di aderire alle necessità reali del suo uditorio.
Avvenne così che, in un Ritiro di « 20 giorni » del 1915 « sapendo che quasi tutti noi esercitandi eravamo di partenza per la vita militare e per la guerra, valendosi anche della sua esperienza, ci diede consigli opportuni per rimanere fedeli alla vocazione » (Anonimo ).
L'identica cosa si avverò nell'anno seguente, perdurando le identiche circostanze, come minutamente informa il Fratel Beato:
"Si era nell'agosto-settembre del 1916 a Pineta di Massa per i "20 giorni" di Esercizi spirituali.
"Erano tempi di guerra, e tutti noi esercitandi, stavamo in attesa d'essere chiamati alle armi.
"Presiedeva Fratel Teodoreto.
A distanza di tanti anni ricordo ancora la squisita delicatezza adoperata nel metterci al corrente dei pericoli della vita militare, specialmente dei più rovinosi e insidiosi, causa di irreparabili rovine.
"Parlava con accenti forti, martellanti.
L'anima sua si ribellava al pensiero della malizia umana e avrebbe voluto scolpire in noi i medesimi suoi sentimenti.
"Una notte ci condusse a meditare sul mare in furiosa tempesta... e al mattino dopo sulla bonaccia sopraggiunta.
Il suo insegnamento fu completo: tempesta, passioni, uragani e disastri; poi su tutto la calma e la pace.
Potenza, bontà e misericordia di Dio...".
Ora passiamo a dire qualcosa del rendiconto, questa altra arma affilata per trapassare le anime che vi si prestano, a saperla maneggiare bene.
E Fratel Teodoreto era artista in questo contatto a tu per tu, che non gli dava la soggezione d'un pubblico di uditori.
« Ho ancora ben presente l'impressione edificantissima ricevuta da Lui, soprattutto in occasione dei "rendiconti" », scrive il Fr. Giustino; mentre un altro Fratello precisa:
"A Fratel Teodoreto esposi situazioni e dubbi.
Ne ebbi consigli che continuo a seguire ancora oggi, e che mi servono di guida sicura nella vita religiosa.
In Lui ammirai sempre un chiaro discernimento dello spirito, sotto un tratto di estrema naturalezza e spontaneità e anche di semplicità: semplicità nella forma; ma sicurezza nelle direttive impartite e ricchezza di interiorità nei suggerimenti dati.
Da ogni colloquio con Fratel Teodoreto, sempre tornai ritemprato spiritualmente" ( Fr. G .).
"Ricordo che nei colloqui intimi, era tanto incoraggiante, paterno.
Una volta, avendogli io detto che sarei morto giovane, sorrise e si limitò a rispondermi: "Stia tranquillo: il Signore vuole da Lei molto lavoro!".
Si direbbe che conosceva il futuro!" ( Fr. Alberto Pagella, del quale abbiamo di fatto festeggiato or non è molto le Nozze d'Oro di Vestizione religiosa! ).
Anch'io, che in queste pagine quasi mi contento di ordinare le note consegnatemi dai Confratelli, ho un caro ricordo di quegli intimi colloqui.
M'impressionò il fatto che più di una volta, interrompendo o concludendo qualche mia confidenza, esclamasse con tono convinto: « Ma sa che ammiro le grazie che Le ha fatto il Signore! ... ».
Non nego certo che il Signore m'abbia fatto tante grazie; ma arrossivo allora, e arrossisco anche oggi, pensando alla scarsa corrispondenza mia!
Fratel Teodoreto, invece, sembrava ammirare tutto, come avviene facilmente ai Santi, che giudicano così favorevolmente gli altri e tanto severamente se stessi.
Del resto l'incoraggiare era una delle sue risorse migliori: si valeva a tal fine della lode discreta, e anche solo del sorriso d'approvazione e di soddisfazione.
Il Fr. Beltrando dice, per citare un particolare, la gioia che gli vide brillare in volto, durante una gita alla Maddalena, quando « trovatici di fronte a una compagnia equivoca di tre giovinastri sorpresi dal nostro sopraggiungere, intonammo orgogliosamente ed entusiasticamente il "Noi vogliam Dio" ed altri inni religiosi ». ( Se quei giovinastri avessero conosciuto chi era Fr. Bertrando nel vigore dei suoi ventott'anni, avrebbero concluso d'essersela cavata a buon mercato per quella volta!
Parecchi Fratelli, dopo i Ritiri di cui in queste pagine, continuavano a tenere relazioni spirituali con il pio Presidente.
Fratel Costanzo usò per molti anni consegnare a Fratel Teodoreto le sue risoluzioni del Ritiro annuale, per averne approvazione o consiglio ed aiuto di preghiere; fino a che, scrive, « Lui stesso mi consigliò di non più ricorrere a tal mezzo, perché mi vedeva oramai ... incamminato ».
Difatti, camminava a grandi passi verso il provincialato, e toccò poi a lui sanzionare le risoluzioni di Ritiro del santo Fratello.
Altri continuavano a scrivergli, chiedendo direzione e consiglio.
Egli rispondeva, pure fra tanti impegni.
Da due lettere sue, traggo qualche brano con cui concludere questo paragrafo.
G. M.G.
Torino, 29 settembre 1924.
Mio sempre Carissimo Fr. C.,
...sono molto contento della proposta di scrivermi e, sebbene forse con qualche ritardo, risponderò sempre volentieri alle Sue; le quali, come tutte le altre che sono dirette a me col nome di Fr. Teodoreto, mi vengono consegnate sempre chiuse.
Le Sue disposizioni, quali risultano dalla Sua lettera, sono buonissime.
Trova difficoltà causa l'ambiente nuovo per Lei; ma, come lo lascia intendere, può superarle.
Lo scorgere i pericoli e le difficoltà è già una grazia di Dio, indizio di una grazia maggiore appena sia invocata, quella di vincere gli uni e le altre.
Ciò che mi fa sperare molto, anzi mi dà una vera certezza sulla Sua perseveranza nel fervore, è l'abbondanza delle grazie che Dio Le fece nel corso degli Esercizi...
Dalle Sue colpe ritragga l'umiltà e nuovo slancio per pregare sempre di più, e stia sicuro che la riuscita non mancherà...
...Mi raccomando alle Sue preghiere e, con sincero affetto in G. M.G..., mi dico
suo dev.mo
Fr. Teodoreto
Dall'altra lettera ad altro Fratello (Fr. A.), in data 23.2.1927:
"La trovai fervente al termine degli Esercizi del mese, ma ultimamente appariva esteriormente meno unito a Dio e più esteriore del solito.
Forse erano le troppe occupazioni distraenti, che La portavano verso la dissipazione.
In fondo però ha sempre avuto aiuti straordinari da Dio, e nelle occasioni si manifestava la sua grazia in Lei.
Dobbiamo stare con fermezza a quello che Dio richiede da noi, senza lasciarci trasportare da entusiasmi non duraturi.
Quello che Lei prova è comune a tanti altri, ma l'essenziale è la perseveranza.
Ora, la perseveranza da parte di Dio non manca, e da parte nostra non mancherà se saremo fedeli a qualunque costo ai nostri esercizi spirituali e specialmente alla santa orazione mentale.
Fortunato Lei, che può mettere buone basi al Suo edificio spirituale per mezzo della santa umiltà, ed esercitarsi nell'orazione mentale!
Mi raccomando vivamente alle Sue preghiere.
Suo in G. M.G. aff.mo
Fr. Teodoreto
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