Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio ) |
L'anima di questa propaganda fu senza dubbio il Fratel Teodoreto stesso, che seppe mobilitare moltissime altre anime « Zelatrici », affinché fossero innumerevoli quelli che avrebbero praticato la « Divozione ».
Egli per il primo ne aveva esperimentato l'efficacia fin dall'anno 1911-12, facendola recitare nella Comunità di Santa Pelagia, quando incombeva la minaccia di togliere alle Scuole nostre il diritto di dare in casa gli esami, e lo assillava l'urgenza di due altri problemi da risolvere: quello d'un luogo conveniente al riposo estivo dei Fratelli, e di un'opera di perseveranza per gli alunni, che rispondesse ai suoi concetti fino a quel momento non comuni neppure nelle Case lasalliane.
E le tre necessità trovarono una dopo l'altra, in breve tempo, la desiderata soluzione.
Non era lecito e quasi doveroso interpretare questa triplice grazia come la risposta con cui il Cielo intendeva rendere palese l'efficacia della « Divozione alle Cinque Pieghe »?
Così infatti fermamente Fratel Teodoreto, che avrebbe desiderato tanto vedere questa « Divozione » recitata pubblicamente, almeno in tutte le Comunità del suo Distretto.
Cosa che ottenne da un certo numero, ma non però da tutte.
In qualche luogo si cominciò, ma non si ebbe costanza a mantenere; in altri ci fu qualche resistenza anche per cominciare, trattandosi di una nuova pratica di pietà non prevista dalla Regola.
E la cosa può avere la sua giustificazione, per ragioni d'ordine ideale e d'ordine pratico.
Sotto il punto di vista pratico, la difficoltà era, ed è, quella di inserire tale « Divozione » - che per essere detta ... devotamente esige almeno cinque o sei minuti - nel tempo destinato agli Esercizi Spirituali quotidiani: tempo cronometrato, può dirsi, così che non rimane se non la soluzione di striminzite alla men peggio anche queste preghiere fra le già molte orazioni vocali di regola e d'uso; o di rubare tempo a un altro esercizio, più facilmente alla meditazione; o di recitarla durante la Santa Messa oppure come ringraziamento alla santa Comunione, ... soluzioni tutte che sanno del ripiego e non soddisfano totalmente.
Sotto il punto di vista ideale poi, ci fu chi trovò esagerata l'importanza data a questa « Divozione ».
Sono tutti d'accordo sulla necessità di essere devoti a Gesù Crocifisso, com'è nel pensiero del Santo Fondatore e nella tradizione dell'Istituto; tradizione che si concreta in numerose pratiche di pietà quali: l'adoramus Te Christte nelle preghiere del mattino e della sera; l'orazione a Gesù Crocifisso, al termine degli esercizi mattutini; le litanie della Passione nelle orazioni che precedono il pranzo e la cena; la « Via Crucis » ogni venerdì fatta in comune, che molti Fratelli percorrono tutti i giorni in particolare; senza parlare dei misteri dolorosi meditati almeno due volte la settimana nella pubblica recita del santo Rosario, da molti completata per proprio conto quotidianamente.
Non tutti invece si accordano a riconoscere che lo speciale modo di praticare quella « Divozione » proposta da Fra Leopoldo s'imponga con pari esigenza, dato che la sostanza conta, mentre la forma è sempre d'importanza secondaria.
Alle rivelazioni private d'altra parte nessuno è tenuto a credere in particolare, perché purtroppo, in questa materia così delicata, è possibile l'inganno anche dove c'è onestà, virtù, umiltà grandissima.
Difficile è pure talvolta allo stesso favorito di speciali carismi segnare una precisa linea di demarcazione fra ciò che può essere il pensiero, il sentimento, il gusto suo personale, e ciò che è invece vera rivelazione di Dio.
Può anche dirsi che sarebbe pericoloso regolare le proprie decisioni soprattutto sui dati di rivelazioni private altrui; e certamente erroneo dare loro una certezza pari a quella che si dà alla Rivelazione vera e propria, chiusa definitivamente con l'Apocalisse di S. Giovanni Apostolo.
Ecco perché, nonostante la stima grandissima per Fratel Teodoreto e il sapere la fede assoluta da Lui prestata alle parole che Fra Leopoldo riteneva rivoltegli da Gesù Crocifisso e dalla Madonna, non tutti giudicarono prudente prendere a norma di vita quei detti medesimi.
Né li smosse da un tale atteggiamento il fatto che sante iniziative vi avessero trovato la sorgente principale, gli impulsi più efficaci.
Le opere buone non nascono necessariamente, e neppure ordinariamente, da rivelazioni straordinarie, potendo bastare a spiegarle la santità personale e la fiducia in Dio delle persone che a quelle opere attendono, persuase che tale sia il volere divino.
Neppure nuocerebbe alla santità e al merito di Fra Leopoldo, se egli avesse scambiato i pii pensamenti avuti nell'ora della preghiera con autentici ordini da parte del Signore, non avendone mai menato vanto, né avendoli opposti mai agli ordini delle Autorità costituite per il suo governo.
Quanto a Fratel Teodoreto, che di quelle rivelazioni riceveva, per dire così, solo il contraccolpo, Egli non intraprese mai nulla di quanto il suo santo Amico gli richiedeva a nome del Crocifisso, senza l'esplicito consenso dei suoi Superiori gerarchici, i quali, per quanto in particolare si riferisce alla « Divozione alle Cinque Piaghe », gli diedero non solo consenso, ma incoraggiamento a diffonderla tra i Fratelli, gli alunni, le persone esterne.
Qui mi pare utile aggiungere: alle ragioni dei frutti spirituali più sopra ricordate - che inclinavano a prestar fede alle rivelazioni di Fra Leopoldo - parevano opporsi altre ragioni, alle quali parecchi non erano meno sensibili che alle prime.
Certi Fratelli - uomini di studio, abituati alla critica interna dei testi - non poterono a meno di essere colpiti dal fatto che le parole attribuite letteralmente a Gesù nei suoi colloqui con Fra Leopoldo sono dissomigliantissime da quelle che di Lui ci riferisce il santo Vangelo.
Inutilmente vi si cercherebbe uno spunto che, per il fondo o per la forma, avesse quella carica di suggestione, quell'originalità assoluta di espressione, che fecero giungere le parole evangeliche a noi dopo secoli, inesauste, fresche e vive come se pronunciate ieri.
In sostanza, per edificanti che siano i suggerimenti attribuiti al Crocifisso nel « Diario » del pio Francescano, nulla paiono contenere che superi le possibilità ordinarie d'un buon frate, anche semplicemente laico.
Qualcuno noterà che la stessa osservazione potrebbe farsi intorno ad altre parole famose nella letteratura cristiana: il che - se allarga la base di proiezione del problema - non ne muta però menomamente i termini.
Questa constatazione, aggiunta al vedere che varie predizioni di Fra Leopoldo non avevano avuto ancora avveramento, ebbe per effetto di neutralizzare le prime impressioni favorevoli riferite più in alto.
D'altra parte, non avendo il tempo, né i mezzi, né l'autorità per un esame profondo della questione, i suddetti Fratelli adottarono il partito di giudicare delle varie cose relative alla « Divozione » e all'« Unione », valutandole oggettivamente, senza preoccuparsi molto della loro possibile provenienza carismatica.
Per fortuna la « Divozione » è bella in sé, almeno quanto altre divozioni del genere; e l'« Unione » è santa in sé, per i fini che si propone e i mezzi con cui li raggiunge, anche la si ritenesse sorta da una di quelle normali ispirazioni con cui Dio guida i suoi più fervidi servitori.
L'una e l'altra ebbero, di più, tutti i crismi dell'approvazione ecclesiastica, sì che nulla c'è da temere sul giudizio elogioso che di esse si debba, in ogni caso, pronunziare.
A me però è parso opportuno addentrarmi un poco nell'analisi del comportamento di alcuni Fratelli riguardo ai desideri che Fra Leopoldo esprimeva da parte di Gesù Crocifisso, e dei quali Fratel Teodoreto si faceva portavoce convinto, per rimuovere ogni motivo di stupore o di scandalo da parte di lettori meno provveduti,
Si sa che anche tra uomini di pari fede ci sono « spiriti » diversi: mentre alcuni si sentono istintivamente portati verso ogni asserita visione o apparizione o rivelazione, altri vi ripugnano istintivamente, pur senza negarne la possibilità.
Si deve anzi riconoscere che il contegno di questi ultimi - sebbene paia meno devoto - è più simile, che non il contegno dei primi, a quello della legittima Autorità ecclesiastica dinanzi a fatti del genere.
Né è il caso di porre qui il dilemma: O fu imprudente il Fratel Teodoreto a credere, o lo sono i Fratelli che dubitarono ...
Perché ognuno giudica, da una parte, secondo il proprio « spirito », come fu detto; e, dall'altra, secondo la più o meno ricca documentazione in materia.
Sotto questo ultimo punto di vista la situazione di Fratel Teodoreto è assai diversa da quella di tutti gli altri Fratelli.
Difatti Egli visse in lunga e stretta intimità con Fra Leopoldo, sperimentando ad ogni suo contatto un accrescimento di fervore « come se avessi fatto un ritiro spirituale », diceva Egli stesso; il che non avvenne per nessun altro dei Confratelli suoi, ai quali le notizie giungevano di seconda o di terza mano, e che, nel maggior numero, neppure ebbero occasione di vedere il pio figliuolo di S. Francesco.
Forse è per motivi di questo genere che nessun Fratello si è finora prestato a presentare ufficialmente alla Congregazione Lasalliana la domanda di rendere obbligatorio a tutti i suoi membri il recitare ogni giorno questa bella « Divozione »; cosa d'altronde non impossibile ad essere ottenuta, qualora la si sostituisca ad altre pratiche ora in uso.
Riuscirebbe certo un bel vincolo d'unità nella preghiera tra Fratelli, Catechisti, alunni ed ex alunni, vale a dire fra tutti i settori della famiglia lasalliana intesa nel suo senso più vasto.
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