Fratel Teodoreto ( Prof. Giovanni Garberoglio )

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L'ultima infermità

Di fatto non dovevano passare molti mesi prima d'una ricaduta, che gli fu fatale.

Il Signore si presentò per chiedere a Fratel Teodoreto il sacrificio della vita in un'ora ch'era umanamente la meno desiderabile e in un modo che deluse l'attesa di quanti speravano poter misurare, al cospetto della morte, la statura morale di Lui; ammirare, quegli esempi e raccogliere quelle parole che, pronunciate nei momenti estremi, sembrano riassumere tutta la vita e costituire un testamento spirituale d'altissimo valore.

Tanto è vero che i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri e che le più desiderate coreografie umane non sempre sono nel gusto del Signore.

Avviene abbastanza sovente, nell'ordine fisico, che una bella giornata di sole presenti un tramonto assai meno spettacolare di un'altra in cui il sole ebbe a lottare non poco con lo schermo delle nubi.

Invece dunque della bella pagina da « virtuoso » sulla morte di Fratel Teodoreto - morte che fu umanamente parlando squallida, perché smarrita la parola e velato, se non proprio assente, lo spirito - daremo quelle notizie di cronaca che non cessano d'essere desiderate intorno agli ultimi giorni d'una persona particolarmente ammirata e amata.

Certo, ognuno che si avvicinò al letto della sua agonia, ricevette edificazione; ma forse più per la grande stima che di Lui aveva - e che gli fece interpretare nel senso migliore gesti con molta probabilità inconsci - che non per quanto realmente vide.

Così ce lo descrive, ad esempio, il Fr. Filippo:

"Muoveva le labbra con un tremito uguale e continuo, come di preghiera.

La mano sinistra si alzava ogni tanto in un gesto pacato, come quando Egli ci parlava nelle sante esortazioni.

Mi chinai per baciargli il grosso crocifisso che portava al petto, ma la sua mano fu ancora pronta per stringerlo e tenerselo stretto, quasi in un gesto di difesa".

Ma sarà meglio procedere con ordine, togliendo le precise informazioni da una circolare che il Fr. Cecilio inviò agli Amici di Fratel Teodoreto, pochi giorni dopo il Suo transito.

"Il 9 maggio 1954, alla Casa di Carità si doveva celebrare, con una discreta solennità, il quarantennio della fondazione dell'Unione Catechisti: quella data era nel cuore e nella mente di Fratel Teodoreto, il quale ripensava al lontano inizio pieno di entusiasmo e d'amore, alla serie ininterrotta delle difficoltà che Gesù Crocifisso e la Madonna Immacolata l'avevano aiutato a soffrire e a superare, e alla fondazione che ora vive approvata dalla Chiesa.

"Fratel Teodoreto pensava di passare alla Casa di Carità tutta la bella giornata del 9 maggio con i suoi Catechisti, ricordando, pregando e ringraziando il Signore.

Il Signore invece ha chiesto a Lui e ai Catechisti il grande sacrificio della sua assenza.

"Mercoledì, 5 maggio, il Fratel Teodoreto confessa alla Suora infermiera che si sente qualcosa al braccio destro, come quando a gennaio lo aveva preso l'altro "colpo".

La Suora lo conduce in camera, ove Fr. Teodoreto si pone a letto, tranquillo solo quando viene rassicurato che il giorno dopo il Can. Monasterolo ben volentieri gli avrebbe portato la S. Comunione.

"Giovedì e venerdì Fratel Teodoreto viene nuovamente ricoverato in infermeria, per una migliore assistenza.

Si sente subito meglio, perché pensa molto al 9 maggio; e anche il Dott. Vola lo trova bene sabato mattina; lo autorizza ad alzarsi per il pranzo, e anche ad andare alla Casa di Carità, se proprio si sentirà bene quando sarà in piedi.

"Il caro Infermo si alza; ma non ha tempo di ultimare la toeletta, che un ultimo "colpo" lo fa cadere.

Rimesso a letto, passa nella incoscienza il pomeriggio di sabato e parte della domenica.

Poi ha barlumi di conoscenza fugaci; ma non parla più.

Il suo sguardo, le strette di mano sembrano dire che ha momenti di comprensione, che riconosce Fratelli e Catechisti, e che offre le sue ultime giornate a Dio con la stessa volontà generosa e affettuosa con cui Gli ha offerto tutti i suoi 83 anni.

"L'Olio Santo, le preghiere dei Fratelli e dei Catechisti lo accompagnano in quei giorni estremi.

L'ultima Comunione fu quella del mattino di sabato 8 maggio, perché dopo il "colpo" non poté che ingoiare a stento cucchiaini di acqua e zucchero molto distanziati, perché gli provocavano la tosse.

"Lunedì, martedì, mercoledì sono giornate penose per il Fratel Teodoreto, che si sente spegnere: sono le ore della sua agonia sulla Croce accanto a Gesù Crocifisso, che ha adorato tanto e fatto adorare da tanti.

Sono giornate penose per i Fratelli e i Catechisti desiderosi di recargli qualche sollievo, di sentire ancora qualche sua parola, quasi un testamento e una eredità da portare in cuore.

"Un raggio di consolazione arreca, il giorno 12, l'implorata "particolare Benedizione" del Santo Padre...

"Mercoledì notte coloro che lo vegliano non vorrebbero staccarsi dal suo letto, al giungere dei sostituti: sentono che la fine si approssima e tutti desiderano essere presenti alla morte del santo Fratello.

Il transito viene quieto, quasi insensibile, alle tre del mattino: il respiro si affievolisce; poi manca per lunghi momenti di sospensione, indi riprende affrettato, e manca di nuovo due o tre volte!...

Seguono due sforzi più istintivi che coscienti, per alzare la testa, per respirare ancora; infine è l'ultimo sospiro breve e calmo che lascia il corpo inerte.

È il momento del "giudizio", a cui assistiamo in ginocchio, pregando silenziosi: un giudizio di glorificazione, l'incontro del figlio santo col Padre santo, l'abbraccio dell'innamorato della Passione con il Crocifisso dalle Piaghe raggianti, il sorriso sereno del figlio divoto alla Madre Immacolata Santissima venuta a incontrarLo".

Lasciamo un momento la Salma di Fratel Teodoreto alle pie cure dei suoi Confratelli; e, mentre essi la mondano e la compongono, per esporla poi alla contemplazione dei suoi devoti, andiamo a vedere come fu celebrato, proprio durante la sua agonia, il quarantesimo della cara Unione del SS. Crocifisso.

È una controscena che integra la prima, pur contrastandola per qualche aspetto esteriore.

E poco importa se vi troveremo l'accenno a qualche circostanza già nota:

"Era stato predisposto tutto per la radiosa giornata del 9 maggio 1954 che voleva richiamare quella del 9 maggio 1914 nella quale il venerato Card. Agostino Richelmy aveva firmato e consegnato al Fratel Teodoreto il decreto di erezione della nostra Unione.

Anche Lui, il Fondatore, aspettava quel giorno ed effettivamente quando il 5 maggio lo trovammo indisposto a letto - per precauzione aveva detto la Suora infermiera - non pensammo ad una imminente catastrofe, anche perché Fratel Teodoreto si era dimostrato sereno e fiducioso di poter superare il leggero stordimento che gli aveva richiamato i prodromi della paralisi già subita nel 1948.

"Faccio l'ubbidienza alla Suora perché mi lasci venir domenica alla Casa di Carità", ci aveva ripetuto col sorriso sulle labbra; perciò lo lasciammo rassicurati come si trattasse di lieve infermità, compatibile coi suoi begli ottantrè anni.

Anche il medico Dott. Vola non l'aveva giudicato grave e ingiungendogli riposo e qualche attenzione, l'aveva autorizzato ad alzarsi una oretta ogni giorno per il pranzo e rifarsi le forze per il richiesto permesso della domenica successiva 9 maggio.

"Mi venga a chiamare per tempo domani... s'informi dell'ora precisa in cui si inizierà la funzione domattina alla Casa di Carità" fu l'ultima raccomandazione rivolta al Fr. Cecilio; e ci dice quanto fosse grande la sua brama di presenziare alla cerimonia del nostro quarantennio.

Per oltre quarant'anni era apparso sempre tra noi sorridente, ma in quel giorno sarebbe stato radioso.

Aveva desiderato che la funzione rivestisse un carattere di intimità, con la S. Messa di ringraziamento seguita dalla benedizione della cappella della comunità dei Catechisti, ultimata con tanti sacrifici.

La notizia che il Rev.mo P. Felicissimo Tinivella, Provinciale dei Frati Minori, aveva accettato di celebrare la S. Messa giubilare l'aveva riempito di gioia, perché era per lui conferma che Fra Leopoldo sarebbe stato presente alla celebrazione.

"Le mie vie non sono le vostre vie" dice il Signore e confermano i fatti e le vite dei Santi.

Era previsto che solo in Cielo Fratel Teodoreto doveva trovare il premio delle sue fatiche e vedere il coronamento alla sua opera.

Infatti il giorno 8 maggio a mezzogiorno mentre alla Casa di Carità si faceva la supplica alla Madonna di Pompei con gli allievi, fummo chiamati al telefono e avvertiti che Fr. Teodoreto si era improvvisamente aggravato.

Corremmo al Collegio S. Giuseppe e lo trovammo colpito da trombosi celebrare che solo a tratti gli permetteva di riaversi e di riconoscere la voce di chi lo chiamava.

Il giorno successivo alla funzione mancava anche il Presidente a sua volta impedito dall'improvviso aggravarsi della sorella inferma.

La funzione fu quanto mai triste, interrotta dal singhiozzo dei figli così duramente provati in un'ora che era stata prevista lieta e promettente.

Il Rev.mo Padre Tinivella durante la S. Messa rivolse confortevoli parole ai presenti, ricordando come la mano del Signore non manca mai di trarre dagli avvenimenti contrari i migliori frutti per le anime e per le opere.

Si benedisse la cappella, ma nello sguardo di tutti si leggeva un pensiero di tristezza che si cangiò pochi giorni dopo in lagrime per la morte del Padre" ( Rag. Cesone ).

Torniamo ora nella camera dove morì il nostro Servo di Dio, perché qui ci richiama il cuore, avido di sapere ancora altro.

Mentre il Fr. Cecilio ci ha come cronometrati gli ultimi giorni e le ultime ore del nostro Servo di Dio, lo scrittore Gaetano Sales, tanto amico del Fratello Teodoreto e dell'Opera sua, che pure visse vicino e trepidante quelle giornate, ce ne dà quasi il clima, nella pagina scritta per il bollettino di Gesù Crocifisso, che qui ci piace riferire:

"L'8 maggio, quando col cuore in festa si disponeva a partecipare nel giorno seguente alla celebrazione del quarantennio della fondazione della sua Unione, fu costretto a letto da paralisi, che gli immobilizzò il lato destro del corpo.

Non parlò più. Era mezzogiorno, l'ora nella quale i suoi Catechisti recitavano la supplica alla Madonna di Pompei.

Press'a poco, cinque giorni dopo, non era più.

Spirò il 13 maggio, alle tre del mattino, nel suo ottantaquattresimo anno di età.

Dovette soffrire. Moralmente, perché non poté rivolgere più alcuna parola né ai suoi cari Fratelli né ai suoi figli dell'Unione.

Li vedeva succedersi tutti, ansiosamente, accanto al letto, sospesi, addolorati in volto.

Fisicamente, perché - essendosi chiuse le mascelle - appena qualche goccia, in tutta una giornata, poteva raggiungere e rinfrescare la gola sempre più riarsa anche per il respiro fattosi spesso grosso ed affannoso.

Il tormento penoso del respiro si attenuava come per incanto fino a non farsi quasi più avvertire, quando si pregava, sopra tutto se ad alta voce, recitando la Divozione a Gesù Crocifisso ed il Rosario.

Sembrava codesto l'unico sollievo che gli uomini gli potessero offrire.

Si capiva che Egli procurava di seguire quelle preghiere.

Nel pomeriggio del 12 maggio, quell'unione orante si fece evidente con un gesto inequivocabile.

Alcuni Catechisti recitavano il Rosario ad alta voce.

Il Fratel Teodoreto ne accompagnava la recita con due movimenti del braccio sinistro, l'unico che potesse muovere.

"Ave Maria" - e il braccio si stendeva lungo il corpo. " ... Jesus!" - ed il braccio si piegava, posando la mano sul petto, sul piccolo Crocifisso nascosto.

Tali movimenti furono press'a poco regolari per la durata di due decine.

Lo furono sempre meno, ad intervalli sempre più lunghi, sino alla fine del Rosario.

Ad eccezione delle ore di coma, il moribondo fu in cognizione, sopra tutto dopo il 10 maggio.

Si sarebbe detto che stesse sempre in guardia.

Come un soldato che attende, con l'arma al piede, il nemico Come un passante che di notte sta sempre all'erta, pronto a rintuzzare ogni sorpresa.

Come un allievo che si è preparato bene, durante tutto il periodo della scuola, puntando lo sforzo di tutti quegli anni su un'ora, rivolgendo l'attenzione di tutti quegli anni - un soffio! - sull'esame definitivo. L'attimo della morte!

Tutte quelle difficoltà, tutte quelle lotte, tutte quelle prove, tutti quei dolori, tutte quelle ferite, più spesso piccole che grandi, d'ogni giorno, di molti momenti di ogni giorno, avevano formato del tutto il candidato all'eternità.

Il quale si presentava ben ferrato.

L'allievo era diventato un maestro.

Gli occhi socchiusi, Egli allontanava ogni ricordo del mondo.

Poteva finalmente essere soltanto di Dio.

Grato della sofferenza che l'avrebbe presto avvicinato a Lui.

Si stendeva, nobilmente raccolto ( sarebbe troppo dire: augusto? ), su quel letto di morte come su una croce.

L'amico di Fra Leopoldo, il fratello- apostolo di Gesù Crocifisso, viveva la propria crocifissione, con la sua Madre e Regina.

Non un lamento. Non un gemito. Come se non soffrisse affatto.

Tutto era normale. Tutto era ordinario. Tutto era la Regola.

Ma era proprio quella normalità fino a quel punto che appariva anormale.

Era proprio quel comportamento ordinario fino a quel livello che appariva straordinario.

Era proprio quella Regola, osservata fino a quella perfezione, fino a quel vertice, che diventava un'eccezione.

Si può piangere d'ammirazione di fronte a tale grandezza: d'un essere nascosto che si rivela nella sua giusta luce soltanto quando depone le armi, perché non ne ha più bisogno; soltanto quando l'apparenza dilegua, perché sfolgora la realtà; soltanto quando il corpo cade, perché si svincola, aprendo l'ali, libera, l'anima!

Ed il braccio ha rallentato a poco a poco i movimenti, il respiro si è fatto a poco a poco sempre più superficiale, a poco a poco la mano s'è raffreddata.

All'ingresso del camposanto di Klagenfurt splende questa iscrizione:

Quel che amiamo - ci è rimasto.

Quel che guastò - nascondiamo;

Nella cassa - è soltanto ciò che passa.

I bambini l'hanno capito benissimo.

Si sono avvicinati senza timore alla bara.

L'hanno toccata, sicuri e fiduciosi, come l'abito d'un essere che non ha tramonto".

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