L'ideale cristiano e religioso |
1 - Anche in queste Nostro Signore è per noi un modello completo, e pertanto accessibile, di ogni santità.
Egli ha praticato, in un grado incomparabile, tutte le virtù che possono ornare la natura umana, tutte quelle almeno che erano compatibili con la sua natura divina.
Con la grazia è stato dato all'anima di Gesù Cristo il magnifico corteo delle virtù e dei doni dello Spirito Santo; queste virtù scaturivano dalla grazia come da una sorgente; esse si sono manifestate nel corso dell'esistenza di Gesù in tutta la loro perfezione.
Certamente, egli non ha avuto la fede.
Questa virtù teologale esiste soltanto nell'anima che non gode ancora della visione di Dio: l'anima di Gesù Cristo contemplava Dio faccia a faccia; ma ha avuto quella sottomissione di volontà che è necessaria alla perfezione della fede, quella reverenza, quell'adorazione che è dovuta a Dio, come verità prima e infallibile.
Tale disposizione era nell'anima di Gesù Cristo in un altissimo grado.
Gesù Cristo non aveva, per parlare propriamente, la virtù della speranza: non è possibile sperare ciò che si possiede.
La virtù teologale della speranza ci fa desiderare il possesso di Dio, mentre ci dà la confidenza di ricevere le grazie necessarie per conseguirlo.
L'anima di Gesù Cristo, per la sua unione col Verbo, era ripiena della divinità e non poteva avere la speranza.
Tale virtù esisteva in Gesù Cristo soltanto nel senso che Egli poteva desiderare, e desiderava infatti, la glorificazione della sua santa umanità, la gloria accidentale, che doveva essergli resa dopo la sua risurrezione: Clarifica me, Pater ( Gv 17,5 ).
Di questa gloria egli possedeva in sé la sorgente e la radice fino dal momento della sua Incarnazione; la lasciò scorgere un istante nel momento della sua Trasfigurazione sul Tabor, ma la sua missione quaggiù fra gli uomini l'obbligava, fino alla sua morte, a velarne lo splendore.
Gesù Cristo domandava anche delle grazie a suo Padre: per esempio alla risurrezione di Lazzaro, vediamo che egli si rivolge a suo Padre con la confidenza più assoluta: Padre, io sapevo che sempre mi esaudisci … ( Gv 11,42 ).
Gesù ha praticato la Carità al più alto grado.
Il Cuore di Gesù Cristo è una fornace immensa d'amore.
Il grande amore di Gesù Cristo è l'amore per suo Padre.
Tutta la sua vita può riassumersi in queste parole: " Io cerco soltanto ciò che piace a mio Padre ".
Meditiamo queste parole nell'orazione; soltanto allora potremo penetrarne un po' il segreto.
Il Figlio appartiene interamente " a suo Padre ".
La sua santa umanità essendo diventata, per mezzo dell'Incarnazione, l'umanità vera del Figlio di Dio, essa appartiene interamente al Padre.
Bisogna che la disposizione fondamentale, il sentimento primo e abituale dell'anima di Gesù Cristo sia questo: Io vivo per mio Padre, " io amo mio Padre " ( Gv 14,13 ).
Gesù compie tutta la volontà di suo Padre perché lo ama; il suo primo atto, entrando in questo mondo, è un atto di amore: " Padre eccomi, io vengo per fare la tua volontà " ( Eb 10,3 ).
Si può dire che tutta la sua esistenza quaggiù non è che lo sviluppo di questo atto iniziale.
Durante la sua vita si compiace di ripetere che suo nutrimento è fare la volontà del Padre suo. ( Gv 4,34 ).
Perciò compie sempre ciò che piace a suo Padre ( Gv 8,29 ).
Tutto ciò che suo Padre aveva deciso per lui, egli l' ha effettuato " fino all'iota ", vale a dire fino all'ultimo particolare ( Mt 5,18 ).
Infine per amore del Padre egli si è fatto obbediente fino alla morte di croce.
Non dimentichiamo che, se Gesù Cristo ha potuto dire: " non c'è più grande amore di quello che fa dare la vita per i propri amici "; se è di fede che egli è morto per noi e per la nostra salvezza, resta vero che Nostro Signore ha dato la vita prima di tutto per amore verso il Padre.
Amandoci, egli ama suo Padre; egli ci vede e ci trova nel Padre suo: " Padre, io prego per essi perché sono tuoi " ( Gv 17,9 ).
Sì, Gesù Cristo ci ama perché siamo figli di suo Padre, perché gli apparteniamo.
Egli ci ama di un amore ineffabile, che sorpassa tutto ciò che possiamo immaginare, al punto che ognuno di noi può dire: Dilexit me et traditit semetipsum pro me ( Gal 2,20 ).
Nostro Signore possedeva ancora tutte le altre virtù.
- La dolcezza e l'umiltà: " imparate da me che sono dolce e umile di cuore " ( Mt 11,21 ).
Egli, il Signore davanti al quale ogni ginocchio si piega in cielo e sulla terra, si prostra davanti ai suoi discepoli per lavare i loro piedi.
- L'obbedienza: si è sottomesso a sua Madre e a S. Giuseppe.
Tre parole del Vangelo riassumono la sua vita nascosta di trent'anni a Nazareth: Erat subditus illis.
Ubbidisce alla legge mosaica; partecipa assiduamente alle riunioni del tempio; si sottomette ai poteri legittimamente stabiliti, dichiarando che bisogna " rendere a Cesare ciò che è di Cesare "; paga egli stesso il tributo.
- La pazienza: quante testimonianze ce ne ha date, soprattutto durante la sua passione!
- La sua misericordia infinita verso i peccatori: egli accoglie con bontà la samaritana, Maria Maddalena; buon Pastore, corre alla ricerca della pecorella smarrita e la porta all'ovile.
- Egli è pieno di zelo ardente per la gloria e gli interessi di suo Padre; questo zelo gli fa cacciare i venditori dal tempio e bollare con anatemi l'ipocrisia dei farisei.
- La sua preghiera è continua: Erat pernoctans in oratione Dei ( Lc 6,12 ).
Chi potrà dire che cosa fosse questo colloquio del Verbo Incarnato con suo Padre, e lo spirito di religione e di adorazione che lo animava?
In Lui dunque tutte le virtù si schiudono a loro tempo, per la gloria di suo Padre e per la nostra salvezza.
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