L'ideale cristiano e religioso |
2 - Quando si scorre il Vangelo di S. Giovanni, si vede l'insistenza con cui Gesù ripete: " La mia dottrina non è mia " ; " Il Figlio non può far niente da solo ", ecc.
Vuol forse dire questo che Gesù Cristo non aveva né intelligenza, né volontà, né attività umana?
Niente affatto, sarebbe eresia il pensarlo.
Ma, essendo l'umanità di Gesù unita ipostaticamente (unione personale) al Verbo, non c'era in Gesù Cristo la persona umana, alla quale le sue facoltà potessero attaccarsi.
In Lui c'era una sola persona, quella del Verbo che fa tutto in unione col Padre.
Tutto in Lui era nella più assoluta dipendenza della divinità.
Tutta la sua attività emanava dalla sola persona che era in Lui, quella del Verbo; questa attività, anche quando era immediatamente effettuata dalla natura umana, era divina nella sua radice, nel suo principio; e perciò l'Eterno Padre ne riceveva una gloria infinita e vi trovava tanta compiacenza.
Possiamo imitare tutto questo?
Sì poiché, per la grazia santificante, noi partecipiamo alla filiazione divina di Gesù; per mezzo suo la nostra attività è aumentata e come divinizzata nel suo principio.
Naturalmente nell'ordine dell'essere, noi serbiamo sempre la nostra personalità; restiamo sempre, per natura, creature umane; la nostra unione con Dio per mezzo della grazia, per quanto stretta ed intima possa essere, resta una unione accidentale, non sostanziale; ma essa è tanto più grande quanto più l'autonomia della nostra personalità, nell'ordine dell'attività, si eclissa davanti alla divinità.
Se vogliamo che non s'interponga niente fra noi e Dio, che niente impedisca la nostra unione con Lui, che le benedizioni divine affluiscano nell'anima nostra, dobbiamo non solo rinunciare al peccato e alle imperfezioni, ma anche spogliarci della nostra personalità in quanto costituisce un ostacolo all'unione perfetta con Dio.
Essa vi mette un ostacolo allorché il nostro giudizio, la nostra volontà, il nostro amor proprio, le nostre suscettibilità ci fanno pensare e agire in modo diverso dai desideri del nostro Padre celeste.
Le nostre colpe di debolezza, le nostre miserie e le nostre servitù umane, impediscono infinitamente meno la nostra unione con Dio di quel che fa questa attitudine abituale dell'anima che vuole, per così dire, serbare in tutto la proprietà della sua attività.
Noi non dobbiamo dunque annientare la nostra personalità - ciò che non è né possibile, né voluto da Dio - ma condurla, se così si può dire, a una intera capitolazione davanti a Dio.
Dobbiamo deporla ai piedi di Dio e domandare a Lui di essere, per mezzo del suo Spirito, come per l'umanità di Gesù Cristo, il primo movente di tutti i nostri pensieri, di tutte le nostre azioni, di tutta la nostra vita.
Quando un'anima arriva a spogliarsi di ogni peccato, di ogni attacco a se stessa e alle creature; a distruggere in sé, per quanto è possibile, tutti i movimenti puramente naturali e umani, per darsi completamente all'azione divina; a vivere in una dipendenza assoluta da Dio, dalle sue volontà, dai suoi Comandamenti, dallo spirito del Vangelo; a riferire tutto all'Eterno Padre, essa può dire: " Dio mi dirige; tutto in me viene da Lui; io sono tra le sue mani " ( Sal 22,1 ).
Quest'anima è arrivata a un'imitazione così perfetta di Gesù Cristo, che la sua vita è la riproduzione stessa di quella di Gesù: Vivo ego, jam non ego, vivit vero in me Christus ( Gal 2,20 ).
Dio la regge; tutto in lei si muove sotto l'impulso divino: questo è l'ideale, è santità, è la più perfetta imitazione di Gesù Cristo nel suo essere, nel suo stato di Figlio di Dio, nella sua disposizione primaria di appartenere completamente a suo Padre, nella sua persona e nella sua attività.
Non pensiamo che sia una presunzione da parte nostra il voler realizzare un ideale tanto sublime.
No, è il desiderio stesso di Dio; è il suo pensiero eterno su noi: Praedestinavit nos conformes fieri imaginis Filii sui ( Rm 8,29 ), più siamo simili a suo Figlio, più il Padre ci ama perché siamo uniti a lui.
Quando il Padre vede un'anima pienamente trasformata nel Figlio suo, Egli la circonda della sua speciale protezione, delle cure più attente della sua provvidenza; la colma delle sue benedizioni, on mette limiti alla comunicazione delle sue grazie.
Questo è il segreto delle larghezze di Dio.
Ringraziamo il nostro Padre celeste di averci dato suo Figlio, Gesù Cristo, come modello, di modo che noi dobbiamo semplicemente guardarlo per sapere ciò che dobbiamo fare.
Gesù stesso ce l' ha detto: " Io vi ho dato l'esempio affinché operiate come mi avete visto fare ".
Egli è la sola via che bisogna seguire: " Ego sum via "; colui che la segue non cammina nelle tenebre, ma perviene alla luce della vita.
L'anima di Nostro Signore contemplava ogni momento l'essenza divina.
Con lo stesso sguardo essa vedeva l'ideale concepito da Dio per l'umanità e ognuna delle sue azioni era l'espressione di questo ideale.
Alziamo dunque gli occhi e cerchiamo di conoscere sempre più Gesù Cristo, di studiare la sua vita nel Vangelo; di seguire i suoi misteri nell'ordine ammirabile stabilito dalla Chiesa stessa nel suo ciclo liturgico, dall'Avvento alla Pentecoste, apriamo gli occhi della nostra fede e viviamo in modo da riprodurre in noi i lineamenti di questo esemplare, da conformare la nostra vita alle sue parole e ai suoi atti.
Questo modello divino è visibile; esso ci mostra Dio operante in mezzo a noi e santificante, nella sua umanità, anche le più ordinarie nostre azioni, anche i più intimi nostri sentimenti, anche le nostre più profonde sofferenze.
Contempliamo questo modello, ma con fede e non in una contemplazione astratta, esteriore, teorica, fredda; ma in una contemplazione piena d'amore, attenta a cogliere, per riprodurle nella nostra esistenza, le minime linee di questo modello, e soprattutto, quella disposizione fondamentale e primordiale di Gesù Cristo, di vivere per suo Padre.
Tutta la sua vita può essere ritratta da queste parole; tutte le virtù di Gesù Cristo sono l'effetto di questa orientazione della sua anima verso il Padre, e questa orientazione stessa è il frutto di quell'unione ineffabile per la quale, in Gesù, l'umanità intiera è trascinata in quello slancio divino che porta il Figlio verso il Padre.
Questo costituisce propriamente il cristiano: la partecipazione prima di tutto, per mezzo della grazia santificante, alla filiazione divina di Gesù Cristo; è l'imitazione di Gesù nel suo stato di Figlio di Dio.
Riprodurre poi, per mezzo delle nostre virtù, le linee di questo prototipo unico di perfezione: è l'imitazione di Gesù nelle sue opere.
Tutto ciò indica S. Paolo quando dice che dobbiamo " formare Gesù Cristo in noi " ( Gal 4,19 e Ef 4,13 ), " Rivestirci di Gesù Cristo " ( Rm 13,14 ), " Portare in noi la rassomiglianza di Gesù Cristo " ( 1 Cor 15,49 ).
Il Cristiano è un altro Gesù Cristo perché è prima di tutto, per la grazia, figlio del Padre celeste e fratello di Gesù Cristo quaggiù, per essere suo coerede lassù.
" Altro Gesù Cristo ", perché tutta la sua attività - pensieri, desideri, azioni - affonda la sua radice in questa grazia, per esercitarsi secondo i pensieri, i desideri, i sentimenti di Gesù e in conformità con le azioni di Gesù stesso.
Indice |