L'ideale cristiano e religioso |
2 - Ciò che ci preme sapere non è la natura astratta della libertà, ma piuttosto le pratiche risorse che ci può offrire nel lavoro della nostra santificazione.
Abbiamo una volontà libera e domandiamo che cosa possiamo fare grazie alla medesima.
La risposta non deve scoraggiarci: la volontà libera lasciata a sé ci serve quasi in nessun modo; ma fortemente educata, saggiamente disciplinata, solidamente formata è la grande risorsa dell'uomo.
Non temiamo di considerare la debolezza della nostra volontà; è il solo mezzo per aiutarla.
La prima causa della sua debolezza è il peccato originale.
È realmente il peccato che ha indebolito la nostra volontà, e perciò quanto più l'individuo e la società lasciano il male prendere piede, tanto più diminuiscono la vera libertà, e più tendono a ricondurre l'uomo verso quella barbarie da cui Gesù Cristo l' ha liberata.
Ma il peccato non è la sola causa della debolezza della nostra volontà.
L'educazione che le si è data l'ha ancor più indebolita.
Spesso tale educazione fu difettosa, per non dire cattiva.
Ne segue che pochi uomini hanno una volontà veramente forte.
Chi di noi non ha provato delle dolorose esitazioni di fronte al bene?
Non basta dire: " Voglio volere " per potere realmente volere.
Non è forse vero che costa il prendere una risoluzione energica senza esitazione, senza riserva?
Si vorrebbe mettersi al lavoro, e intanto si ritarda.
Si perde il tempo in desideri, progetti, velleità e non si fa nulla.
È il fenomeno psicologico detto dell'abulia, o mancanza di volontà.
Questo difetto ordinariamente avviene per gradi.
Ogni mezza risoluzione, ogni decisione incerta, ogni caduta, l'ha aumentata.
Così a poco a poco la volontà fu colpita da anemia, rimase disfatta, snervata.
Non abbiamo motivo di meravigliarci di ciò perché la libera e forte volontà non è una potenza accumulata nella nostra anima quasi come in un serbatoio nel quale basti attingere per avere la forza di volere; essa viene formata da noi.
Ogni atto di volontà la sviluppa e allarga il suo dominio.
Essa, come tutte le facoltà, è un germe, una potenza che occorre attivare.
Che cosa è da principio l'intelligenza di un fanciullo?
È quasi nulla, un piccolo seme.
Ma gli atti successivi e sempre più complessi sviluppano questo germe e formano lentamente la facoltà dell'intelligenza tanto da renderla capace di affrontare i problemi più ardui.
Così pure è della volontà che è un germe da far sbocciare, sviluppare, fortificare a poco a poco con atti prudentemente stabiliti.
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