L'ideale cristiano e religioso |
2 - Che la nostra volontà eserciti sopra le nostre idee un potere quasi assoluto è fuori dubbio.
L'esperienza ce lo insegna.
Noi pensiamo alle cose cui vogliamo pensare, spezziamo una serie di idee per formarne un'altra.
Quando ci vediamo distratti durante l'orazione, ad esempio, torniamo a Dio con un semplice atto di volontà.
Senza dubbio la distrazione può ritornare subito, ma ritorna perché la volontà ha cessato di agire.
Ed è pur vero che le distrazioni si vincono a poco a poco con un dominio sempre più forte sulla volontà.
La ragione stessa spiega facilmente come la volontà esercita un potere più assoluto sull'intelligenza che sulle facoltà interne, le emozioni e gli stati affettivi in genere.
Le facoltà inferiori si avvicinano di più alla materia e sono disciplinate dalle sue leggi.
Così non sono estranee alla fatalità intrinseca alla materia.
L'intelligenza è spirituale e perciò suscettibile di ubbidire agli ordini di una volontà libera.
La seconda verità non è meno certa; la volontà è spinta a fare l'atto proposto dall'intelligenza.
La volontà non saprebbe volere se non avesse un oggetto, e il suo oggetto, che è il bene, non le è presentato che dall'intelligenza.
La dipendenza è quindi assoluta e incontestabile.
Inoltre la volontà non dipende solo dall'intelligenza per emettere un semplice atto di amore o di desiderio, essa ne dipende anche per emettere un atto di preferenza per scegliere un bene piuttosto che un altro.
Supposto che l'intelligenza presenti alla volontà due beni di disuguale importanza; la volontà può essa scegliere rivolgendosi al bene minore e abbandonare il più grande?
Alcuni filosofi lo hanno pensato, ma il loro errore è manifesto.
Preferire un bene a un altro vuol dire amare il primo più che il secondo.
Ora la volontà - è la sua natura - non può amare che il bene, ed essa non può amarlo che nella misura con cui le si presenta amabile; se perciò preferisce l'uno all'altro, è manifesto segno che, ai suoi occhi, è un più grande bene.
Sarebbe distruggere la stessa essenza della volontà il supporre che possa agire senza motivo: non è forse una facoltà ragionevole?
Ora nessun motivo la può determinare all'amore di un oggetto eccetto il bene che vi trova, e alla preferenza di un oggetto a un altro, se non il maggior bene che vi riscontra.
La volontà in tutto dipende così dall'intelligenza e ciò è molto utile per la sua rieducazione.
Questo fatto è da tenersi in gran conto dagli educatori e da chi vuol tirare qualcuno dalla via del male su quella del bene.
Si dirà: dov'è dunque la sua libertà?
Questa rimane intatta.
Se la volontà fissa la sua scelta, essa si volgerà verso il più gran bene, ma nessun bene limitato o che tale appaia non può costringerla a dare il suo consenso.
Può quindi rifiutarlo o sospendere la sua azione; può ordinare all'intelligenza di cercale altri beni; può sforzarla a esaminare a fondo tutti i vantaggi che presenta tale partito e farle trascurare la considerazione dei lati sfavorevoli di tal altro partito.
Chi non ha sperimentato in se stesso questo sovrano dominio della volontà con preferenze segrete per tale o tal'altra passioncella?
L'intelligenza dapprima disapprova la scelta, ma la volontà le fa trovare dei pretesti che accecano o almeno imbarazzano lo spirito; poi essa affretta la conclusione, temendo che il buon senso non prenda il sopravvento.
D'altro canto, se la volontà si lascia legare dall'intelligenza, è perché lo vuole; è essa che ha fatto la scelta del bene che l'intelligenza le impone.
Allora essa è libera e responsabile e del bene e del male che ne può risultare.
Si può perciò affermare che la volontà, senza nulla sacrificare della sua libertà, segue docilmente le indicazioni dell'intelligenza, in altre parole che l'idea inclina la volontà ad emettere l'atto corrispondente.
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