Regole del governo individuale e collettivo dei Catechisti

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Conferenze sui voti

VIII Conferenza: Pratica della Castità religiosa

Saranno come gli Angeli di Dio, nel Cielo ( Mt 22,30 )

Sant'Ignazio dovette avere in vista queste parole del nostro Divin Maestro, quando parlando della pratica della castità, si esprime nella Regola del Sommario n. 28: "Ciò che riguarda il Voto di Castità non ha bisogno di spiegazioni, poiché noi non possiamo ignorare con quale perfezione dobbiamo praticare questa virtù, cioè sforzandoci d'imitare la purità degli Angeli con la purità del nostro corpo e dell'anima nostra".

Noi dobbiamo rispettare la saggia discrezione di questo gran Santo e perciò evitare di entrare in particolari che non sarebbero convenienti per tutti; rimanderemo quelli che ne avessero necessità ai libri adatti e ai ministri di Gesù Cristo nel tribunale della penitenza.

Ma spiegheremo quelle parole: "Sforzandoci d'imitare la purità degli Angeli".

Sforzarsi d'imitare la purità degli Angeli non vuol dire raggiungerla, ciò che sarebbe impossibile senza una grazia straordinaria come quella che fu concessa alla SS. Vergine e forse, sebbene un grado inferiore a Santi privilegiati come San Giuseppe, S. Giov. Battista, S. Giov. Evangelista.

Questo sforzarsi vuol dire proporsi, in materia di purità, gli spiriti celesti per modelli, non mettere nessun limite nelle cure per imitarli, e venire quindi alla pratica secondo la misura della grazia e per quanto lo permettono le condizioni di questa vita mortale.

Questa purità abbraccia lo spirito e il corpo.

Essa richiede che si preservi l'uno e l'altro da tutto ciò che potrebbe imprimere su di essi qualche macchia relativa al vizio della carne, e che si procuri loro, al contrario, tutto ciò che può rialzare in essi lo splendore della castità.

Per preservare l'anima da ogni macchia di tal genere, bisogna aver gran cura perché nulla entri nelle sue potenze e nulla si fermi di quel che possa infiltrare il veleno del vizio e che possa servire allo spirito delle tenebre per insinuare le sue suggestioni.

Si deve stare attenti perché la memoria che serve come deposito delle nostre conoscenze, l'immaginazione nella quale si rappresentano i diversi oggetti che colpiscono i sensi, non si riempiano mai di oggetti o di soggetti d'immagini il cui ricordo o la cui rappresentazione possa favorire l'inclinazione al vizio.

Le letture, le conversazioni, gli sguardi troppo fissi sopra oggetti o quadri, o sopra persone sono i mezzi ordinari con quali la memoria e l'immaginazione contraggono tali immondezze.

Perciò conviene usare in tutto una grande circospezione.

Non si deve, senza necessità, cercare di richiamare alla mente ricordi o immagini di tal genere e quando si presentano allo spirito, annullarli per quanto si può e il più presto possibile, sia non facendone nessun caso e non fermandosi sopra, sia richiamando altri oggetti o occupandosi d'altro.

Che l'intelligenza non si fermi, senza qualche necessità a considerare gli oggetti che si riferiscono ai sensi e che l'abbassano verso la terra; non se ne occupi che il meno possibile e allontani per quanto può tali pensieri.

Specialmente si abbia cura di non lasciare nel proprio cuore nessun desiderio, nessun affetto che si limiti alle creature e del quale Dio non fosse il primo oggetto.

Bisogna perciò vigilare con la maggior diligenza sul proprio cuore; spiarne tutti i movimenti e appena si prova qualche impressione, qualche sentimento, per quanto sia leggero, bisogna esaminare qual è il suo principio e verso quale oggetto è diretto "Applicatevi con tutta la diligenza possibile a custodire il vostro cuore, perché è la sorgente della vita" ( Pr 4,23 ).

Si deve per contro, sforzarsi di abbellire le potenze dell'anima propria proponendo loro oggetti soprannaturali, celesti, divini.

Bisogna riempire la memoria di ricordi di Dio e delle grandi verità della religione; non proporre all'immaginazione che immagini che possono elevare l'anima, fortificarla santificarla, spiritualizzarla sempre più; esercitare l'intelligenza nelle sante meditazioni; dirigere continuamente gli atti della volontà verso ciò che c'è di più puro, di più sublime, di più divino.

Così con la purità dell'anima si imita, per quanto si può, la purità degli Angeli.

Per aiutarci a lavorare efficacemente, ricordiamoci che l'anima nostra porta su di sé l'impronta della Maestà divina , che è un santuario che Dio consacra con la sua presenza e che ci fu data per conoscere, amare e servire il Signore.

La perfetta purità del corpo richiede grande vigilanza sui nostri sensi in modo che noi ne limitiamo l'uso alle cose di necessità, di dovere e di carità; che tale uso sia regolato dalla ragione e sempre diretto verso la salvezza, fine al quale devono essere diretti tutti i nostri movimenti, tutti i nostri passi, tutte le nostre parole, tutti i nostri sguardi ecc.

Chiudiamo gli occhi su gli oggetti inutili, frivoli o di semplice curiosità; la vista dei tali oggetti ha sempre il suo pericolo, non fosse altro che quello di riempire il nostro spirito e dividerne l'attenzione; parliamo, ma preferiamo di stare in silenzio; evitiamo di ascoltare notizie, conversazioni, canti profani il cui minor male sarebbe forse di distrarci e di farci perdere un tempo prezioso.

Nei nostri procedimenti, nel nostro contegno, nel nostro modo di parlare, di conversare col prossimo, "imitiamo la dolcezza e la modestia di Gesù Cristo".

L'anima nostra deve portare la rassomiglianza della divinità; noi dobbiamo nel nostro corpo, riprodurre l'immagine dell'Umanità Santissima del Salvatore del mondo.

Ricordiamoci che i nostri sensi ci furono dati non tanto per questa vita, che non dura che pochi istanti, quanto per la vita futura che durerà eternamente e che allora non saranno applicati che ad oggetti puri e santi: temiamo di profanarli e facciamo ciò che ci dice l'Apostolo: "Glorificate e portate Dio nei vostri corpi" ( 1 Cor 6,20 ).

Questa purità del corpo servirà molto a preservare quella dell'anima che non può sussistere senza questa, e con questo mezzo noi condurremo sulla terra una vita veramente angelica.

Noi saremo in un corpo come se fossimo senza corpo.

"Che Dio onnipotente e misericordioso si degni concedercelo, per Gesù Cristo Signor Nostro".

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