Gesù Cristo rivelazione dell'uomo |
Il problema del male, come abbiamo visto, ci riconduce al problema di una libertà che ha il terrificante potere di dire sì o no, di consentire o di opporre il suo rifiuto, anche a Dio.
Ora ecco che, dal XIX secolo, l'uomo contesta il fatto stesso della sua libertà.
Asserisce di essere alienato a tutti i livelli e da tutte le parti.
Non è più padrone in casa sua, ne in sé, ne intorno a sé.
È incatenato. Donde l'atteggiamento dell'« uomo ribelle »,1 per scuotersi di dosso tutti i gioghi che l'asserviscono, per diventare infine ciò che è.
Meglio informato dei suoi antenati, l'uomo moderno, constatando che la sua « libertà di fatto non si è accresciuta proporzionalmente alla coscienza » che se ne è fatta,2 constatando ugualmente che questa situazione è quella di tutti gli uomini, ha deciso di ribellarsi: « Io mi ribello, quindi noi esistiamo ».3
Anche prima di Nietzsche, si trova in Max Stirner ( 1806-1856 ) una ribellione allo stato virulento.
Stirner spazza via tutto ciò che potrebbe negare o toccare l'individuo.
Egli è la sua legge propria, la sua verità propria: « Tutte le verità che sono al di sotto di me, mi sono care; una verità al di sopra di me, una verità secondo la quale io dovrei dirigermi, non la conosco.
Per me non vi è verità, poiché nulla sta al di sopra di me ».4
Ogni uomo è quindi la sua norma assoluta; è l'autonomia, senza teonomia.
La verità, per ciascuno, consiste nel sentirsi il padrone di sé, il proprietario di se stesso.
Da allora l'ondata della ribellione non ha cessato di affluire, passando dal livello del pensiero a quello della storia.5
Nietzsche, considerando la morte di Dio come un fatto acquisito, si volge contro tutto ciò che mirerebbe a sostituire falsamente la divinità scomparsa.
La salvezza è senza Dio e sulla terra; la divinità è lo spirito individuale.
Marx da parte sua vuole liberare l'uomo , dallo sfruttamento economico soggiogando la natura e sostituendo la dominazione dei padroni con quella degli schiavi.
Per obbedire alla storia l'umanità cammina verso una schiavitù tale che non se ne è mai vista l'uguale.
Freud, infine, vuole liberare gli individui dal determinismo e dalle catene di determinismi non vinti.
I movimenti contestatori degli anni 68 e 70 danno il cambio, su scala mondiale e in maniera rude, a tutte le ribellioni anteriori.
Ma la novità, è la presa di coscienza di uno stato di oppressione, non soltanto da parte dei paesi poveri, sotto-sviluppati, ma anche da parte dei paesi ricchi, borghesi, democratici.
Le popolazioni di questi paesi si sentono manipolate, assoggettate dai governi, dalle potenze economiche, dai « mass media » che tacciono, filtrano o deformano i fatti, soffocando così la libertà e creando nuove catene.
La parola magica, « carismatica », diventa allora liberazione da ogni forma d'autorità.
Non subire alcuna costrizione, non essere legato ad alcun ordine preesistente, volere e poter fare ciò che si vuole, sentirsi libero da tutto e da tutti: tale è l'ideale della libertà.
Si crede che una società che non conoscesse ne la contestazione, ne la violenza, sarebbe una società apatica, sclerotizzata, incapace di rinnovamento, votata alla morte.
Si giunge così a confondere libertà e anarchia, libertà e terrorismo, uccisione di chiunque pensa in altro modo.
Si pensa che basti spazzar via le istituzioni, infrangere i vetri perché sorga un ordine ideale dove ciascuno godrà i suoi diritti, senza doveri corrispondenti.
Si dimentica generalmente che i privilegi della dignità umana, specialmente quelli della libertà, suppongono una dura conquista.
Anche in seno alla fede, sembra esservi conflitto tra l'autonomia, cioè la libertà di coscienza dell'uomo e gli imperativi della fede: comandamenti di Dio, comandamenti della Chiesa, prescrizioni del Magistero.
L'armatura dei precetti, nel corso dei secoli, ha ricevuto tali perfezionamenti che assomiglia a una corazza senza fessure.
Moralisti e canonisti hanno catalogato e moltipllcato le possibilità d'infrazione con una precisione elettronica.
Non si potrebbe agire, ne muoversi senza rischiare di essere in colpa.
Ma allora che diventa la libertà? Si percepisce il cristianesimo come una religione di permessi e di proibizioni, somigliante più a un codice che a una vita, più a un addestramento che a una educazione.
Si vede anche nella grazia un intervento minaccioso per l'autonomia.
Come mai la carità, che è presentata come il comandamento nuovo, non è una determinazione della volontà?
Non distrugge essa nell'uomo la naturale libertà, che è potere di determinarsi da se stessa per il bene?
Non è questo movimento naturale della volontà che cerca la sua autonomia e la sua indipendenza?
Ora, la grazia costituisce per l'uomo, nell'abnegazione di se stesso, una dipendenza ancora più grande di fronte a Dio.
La grazia appare come un doppio attentato alla libertà: perché, o distrugge l'autonomia dell'uomo, o gli è sovrapposta, in contraddizione con la sua naturale inclinazione.6
Come risolvere l'antinomia tra una religione i cui precetti sembrano imporsi dall'esterno, e la coscienza di una libertà provata come una potenza di autodeterminazione?
Tale è il punto di convergenza di tutti i movimenti che confluiscono nel rifiuto radicale di cui siamo testimoni e che collegano tanti dei nostri contemporanei che insorgono contro ogni eteronomia, cioè contro ogni regola di pensiero o di condotta ricevuta dal di fuori.
L'errore dell'umanesimo ateo non consiste nella pretesa che la realizzazione suprema dell'uomo risieda in una libertà perfetta, perché è a questo vertice che Dio ci invita, ma nel pretendere di conquistare mediante le sue sole risorse naturali la deificazione o la perfetta libertà alla quale aspira.
Il cristianesimo ci dice invece che a Dio solo appartiene per natura la perfetta libertà, ma che essa è accordata all'uomo, se vi consente, mediante Gesù Cristo.
Modello di tutti, Cristo accede a questa sfera della libertà che completa, realizza tutti e ciascuno.
Si tratta dunque di dimostrare che l'iniziativa di Dio in Gesù-Cristo è un invito a entrare in questo spazio, in cui può dispiegarsi la nostra libertà, fino alla sua deificazione.
Indice |
1 | A. CAMUS, L'homme révolté, Paris, 1951149 (trad. it. L'uomo in rivolta, Bompiani, Milano, 1958). |
2 | Ibid., p. 33. |
3 | Ibid., B. 36. |
4 | G. PENZO, Max Stirner. La rivolta esistenziale, Paris, 1971, p. 171. |
5 | Storia riscritta da A. CAMUS, L'homme révolté. |
6 | F. BOURASSA, « La liberto sous la gràce », Sciences Ecclésiastiques 9 (1957), pp. 49-50. |