Gesù Cristo rivelazione dell'uomo |
In una delle preghiere della messa, la Chiesa ci fa dire: « Dio che dai la prova suprema della tua potenza, quando sei paziente e misericordioso senza stancarti … ».
Infatti Dio usa la sua potenza a pazientare e a perdonare: anche in questo è il totalmente Altro.
Noi, gli uomini, siamo impazienti: vogliamo risultati immediati.
E poi, oggi apparteniamo alla generazione del rendimento e della velocità.
Non sappiamo « temporeggiare ».
Vogliamo che i divorziati risposati si mettano in regola con la Chiesa, da oggi, per fare la comunione domani.
Vorremmo che gli sbandati rompessero col loro passato all'istante, per rientrare subito nel campo della normalità.
Vorremmo che i criminali, i banditi di tutta la terra passassero alla corte marziale e fossero castigati immediatamente.
Se Dio ci imitasse, saremmo tutti spazzati via e la terra sarebbe presto un deserto!
Dio usa la sua potenza a non schiacciare e a pazientare.
È il Dio delle opere lente e piccole.
Con noi, con gli altri, usa il tempo, perché … ha l'eternità davanti a sé!
Hai impiegato miliardi di anni a dispiegare l'universo e a prepararci un luogo di abitazione conveniente; e milioni di anni per realizzare questa creatura ammirevole che è l'uomo.
A Dio non piace far pulizia castigando: ha scacciato i mercanti dal tempio, ma solo una volta.
Dopo di che si è offerto ai colpi dei suoi persecutori.
Dio potrebbe anche infierire, ma usa la sua potenza nel salvare: del resto non è forse venuto per « salvare ciò che era perduto »?
Là dove noi vediamo un crimine da condannare e da punire, lui vede una miseria da soccorrere.
Dio, l'Onnipotente, è anche il più mite e il più paziente degli esseri.
Potrebbe distruggere il peccatore, ma quale piacere proverebbe a distruggere ciò che ha creato con tanto amore?
Dio è come una madre di fronte a suo figlio: è disarmato.
Ha pagato così caro il generarci come figli.
Ecco il segreto della sua pazienza infinita che ci stupisce e a volte ci scandalizza.6
Quanta pazienza nei confronti di Israele, di questo popolo di dura cervice!
Quanta pazienza con i suoi apostoli, così lenti a capire, così stupidamente attaccati al loro concetto del Regno!
Quanta pazienza con la sua Chiesa, che si impelaga e ci mette secoli a riconoscerlo!
Quanta pazienza con noi!
Dio conosce meglio di noi le leggi della temporalità, gli itinerari o meglio gli stazionamenti dell'uomo alle prese col suo ambiente, la sua eredità, la sua stessa pesantezza.
Siamo tutti figli avidi di libertà e di indipendenza.
A ogni momento possiamo partire, dimenticare.
Ma Dio è sempre là che aspetta, che ci porta nel suo amore.
Possiamo dilapidare i suoi beni, distruggere in noi la sua stessa immagine.
È sempre là, pronto a perdonare.
Un « Dio ricco in misericordia » : è l'immagine che Dio ha voluto dare di se stesso.7
Egli è il « Padre delle misericordie » ( 2 Cor 1,3 ).
Non soltanto ha parlato il linguaggio della misericordia, ma si è fatto lui stesso misericordia: Cristo è la misericordia incarnata e presente in mezzo i a noi.
Dire che Dio è amore e che è misericordia, è tutt'uno.
In Dio la misericordia è più fondamentale della giustizia.
Se Dio ha un debole, è per la misericordia.
Nel Nuovo Testamento, Maria magnifica il Signore « per la sua misericordia manifestata di generazione in generazione » ( Lc 1,50 ).
Ma parlare di misericordia è correre immediatamente il rischio del malinteso.
Perché la misericordia in Dio è ben diversa da ciò che gli uomini indicano con questa parola.
Del resto, ordinariamente, l'uomo non sa perdonare: rimugina sempre il male che gli è stato fatto.
E quando usa misericordia, è per pietà: fa l'elemosina del suo perdono.
Raramente ridona al suo nemico l'amicizia di una volta.
Per capire la misericordia « a misura di Dio », occorre lasciar parlare Dio, guardarlo agire nel'suo Figlio.
A questo proposito la parabola del figliuoi prodigo resta il luogo privilegiato di ogni riflessione.8
Il prodigo è l'uomo di tutti i tempi: rappresenta ogni rottura dell'alleanza con Dio, ogni infedeltà, ogni peccato, come pure ognuno di noi.
Il figlio è partito di casa sbattendo le porte, portando con sé i beni acquisiti dal Padre e ricevuti da lui, per grazia.
Non solo ha dilapidato la sua eredità, ma si è degradato da se stesso: ha perso la sua dignità di figlio e la sua dignità di uomo.
Nel vuoto dell'abisso invoca colui che ha ferito.
Decide di far ritorno al Padre e di dirgli: « Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di tè; non merito più di essere chiamato tuo figlio » ( Lc 15,18-19 ).
Convertito, si rivolge verso suo Padre.
Come si comporta costui? Non soltanto perdona, non soltanto manifesta la sua fedeltà mai scalfita, ma ancora ristabilisce suo figlio nella sua dignità e nella sua libertà di un tempo.
Si « rallegra » perché suo figlio è là, di nuovo con lui, sempre amato, sempre degno d'amore, come se nulla fosse avvenuto.
L'atteggiamento magnanimo del padre contrasta con l'atteggiamento meschino del figlio maggiore, tipicamente umano, geloso di un amore che sovrabbonda.
Colui che ama di più è colui che ha sofferto di più! Così è la misericordia di Dio.
Rappresenta nel nostro mondo una novità assoluta: Dio ama gli uomini, ma secondo la misura di Dio.
Gli uomini possono rinnegare Dio, ma Dio non può rinnegarsi.
Al figlio che l'ha tradito, offre la sua amicizia, condivide con lui la sua stessa vita.
La misericordia è il « secondo nome » dell'amore.
Credere alla misericordia è credere all'amore, perché Dio è Amore.
Occorre quindi cambiare le nostre idee su Dio.
Invece di dire: Dio è onnipotente, infinito, paziente, si deve dire: l'Amore è onnipotente, infinito, paziente.
Dio non è che Amore.
Lui solo è capace di andare fino in fondo all'amore.
Il suo perdono è l'amore che ci ricrea una libertà, che ci ridona il potere di crearci noi stessi.
Il perdono non è un colpo di spugna: è la creazione di questa libertà, nuova come al primo mattino della creazione, che Dio ci ha donato creandoci un essere nuovo: nati da Dio.9
Indice |
6 | Sul tema del Dio paziente: E. LECLERC, Sagesse d'un pauvre, Paris, 1959, pp. 133-135 (trad. it: Sapienza di un povero, Biblioteca Francescana, Milano, 1970). |
7 | GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Dives in misericordia. Vaticano 1980, a. 1, che cita Ef 2,4-5. |
8 | Ibid.. BB. 5 e 6. |
9 | Ibid., n. 7; F. VARILLON, Beante du monde et souffrance des hommes, Paris, 1980, pp. 301-304. |