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Serie XXIV

505

Se tutti gli Ebrei fossero stati convertiti da Gesù Cristo, avremmo solo testimoni sospetti.

Ma se fossero stati sterminati, non avremmo nessun testimone.

506

Gli Ebrei lo rifiutano, ma non tutti: lo accettano i santi ma non i carnali, e questo è così poco contro la sua gloria, che anzi è l'ultimo tratto che la completa.

Poiché la ragione che essi ne danno, e la sola che si trovi in tutti i loro scritti, presso il Talmud e i rabbini, è che Gesù Cristo non ha domato le nazioni con le armi in pugno, « gladium tuum, potentissime », non hanno da dire altro?

« Gesù Cristo è stato ucciso », dicono, « ha dovuto soccombere e non ha piegato i pagani con la sua forza.

Non ci ha dato le loro spoglie.

Non dà ricchezze ».

Non hanno altro da dire?

Proprio questo me lo rende degno di amore.

Non vorrei colui che essi si immaginano.

È evidente che solo il vizio ha impedito loro di accettarlo e per questo rifiuto essi sono dei testimoni irreprensibili, e, il che vale di più, con ciò realizzano le profezie.

« A causa del fatto che questo popolo non lo ha accolto è successa questa meraviglia: Le profezie sono i soli miracoli permanenti che si possono fare, ma esse sono soggette a venire contraddette. »

507

Condotta generale del mondo verso la Chiesa.

Dio che vuole accecare e illuminare.

Avendo l'avvento provato la divinità delle profezie, il resto deve essere creduto, e da ciò vediamo in questo modo l'ordine del mondo.

Essendo dimenticati i miracoli della creazione e del diluvio, Dio inviò la legge e i miracoli di Mosè, i profeti che profetizzano cose particolari.

E per preparare un miracolo durevole, egli prepara le profezie e la loro realizzazione.

Ma potendo le profezie essere sospette, vuole renderle non sospette, ecc.

Se non ci si riconosce pieni di superbia, di ambizione, di concupiscenza, di debolezza, di miseria e d'ingiustizia, si è davvero ciechi.

Ma se conoscendo queste cose non si desidera venirne liberati, cosa si può dire di un uomo?

Si può provare altro che stima nei confronti di una religione che conosce così bene i difetti dell'uomo, e desiderio per la verità, di una religione che promette rimedi tanto auspicabili?

508

« Quelli che soffrono di non avere la fede mostrano un Dio che non li illumina; ma gli altri, mostrano un Dio che li acceca. »

509

L'io è da odiare.

Voi Mitton lo dissimulate, ma non per questo lo eliminate.

Dunque siete sempre degno di disprezzo.

« Per niente, perché comportandoci amabilmente con tutti, come facciamo noi, non c'è motivo di disprezzarci ».

Questo è vero, se nell'io ci fosse da disprezzare solo quello che ci procura dispiacere.

Ma se io lo disprezzo perché ingiusto, perché si fa centro di tutto, sempre lo disprezzerò.

In breve, due sono le caratteristiche dell'io: in quanto si fa centro di tutto è ingiusto; in quanto vuole assoggettare gli altri è insopportabile, perché ogni io è nemico e vorrebbe essere il tiranno di tutti gli altri.

Voi gli togliete l'insopportabilità, non l'ingiustizia.

In questo modo non lo rendete affatto degno di essere amato da coloro che disprezzano l'ingiustizia.

Lo rendete degno di essere amato solo dagli ingiusti, che in lui non riconoscono più il loro nemico.

E così rimanete ingiusto, e non potete piacere che agli ingiusti.

510

Ciò che ci disturba nel confrontare il passato della Chiesa a quello che accade ora è che di solito si pensa a Sant'Atanasio, a santa Teresa e agli altri, come coronati dalla gloria, e ai loro giudici come dei demoni neri.

Infatti ora che il tempo ha chiarito le cose, esse ci appaiono così, ma al tempo in cui lo perseguitavano, questo grande santo era solo un uomo chiamato Atanasio e santa Teresa una ragazza.

« Elia era un uomo come noi e soggetto alle stesse passioni nostre », dice san Pietro, per togliere i cristiani dalla falsa idea che ci fa respingere l'esempio dei santi come sproporzionato alla nostra condizione: « Erano dei santi », diciamo, « non erano come noi ».

Cosa accadeva allora? sant'Atanasio era un uomo chiamato Atanasio, accusato quasi come un cane, condannato nel tale e nel tal'altro concilio, per questa e per quella colpa.

Tutti i vescovi sono d'accordo e anche il Papa.

Cosa si dice a quelli che si oppongono?

Che disturbano la pace, che sono scismatici, ecc.

Zelo, luce.

Quattro tipi di persone: zelo senza scienza, scienza senza zelo, né scienza né zelo, zelo e scienza.

I primi tre lo condannano, gli altri lo assolvono e vengono scomunicati dalla Chiesa, e tuttavia salvano la Chiesa.

511

Ma è probabile che la probabilità sia fidata?

Differenza tra riposo e certezza morale.

Solo la verità ci dà certezza; niente dona riposo quanto la ricerca sincera della verità.

512

La corruzione della ragione si manifesta in modi differenti e stravaganti.

C'è stato bisogno che venisse la verità perché l'uomo non vivesse più in se stesso.

513

I casuisti lasciano la decisione alla ragione corrotta, e la scelta delle decisioni alla volontà corrotta, così che tutto ciò che vi è di corrotto nella natura dell'uomo prenda parte alla sua condotta.

514

Sul miracolo.

Come Dio non ha reso più felice nessuna famiglia, non ne trovi nessuna più riconoscente.

Sulle confessioni e assoluzioni senza segni di pentimento.

Dio non guarda che all'interiorità, la Chiesa non giudica che dall'esteriorità.

Dio assolve appena vede la penitenza nel cuore; la Chiesa quando la vede nelle opere.

Dio farà una Chiesa interiormente pura che, con la sua santità interiore ed esclusivamente spirituale, confonda l'empietà interiore dei superbi e dei farisei.

E la Chiesa farà un'assemblea di uomini il cui comportamento esteriore sia così puro da confondere il comportamento dei pagani; se alcuni sono ipocriti, ma così ben mascherati da non poterne riconoscere il veleno, essa li sopporta.

Perché, anche se non sono accetti a Dio, che non possono ingannare, lo sono agli uomini che essi ingannano.

E così non è disonorata dalla loro condotta, che sembra santa.

Ma voi, voi volete che la Chiesa non giudichi né dall'interiorità, perché questo non appartiene che a Dio, né dall'esteriorità, perché Dio si limita a ciò che è interiore.

E così, togliendole ogni scelta degli uomini, voi tenete nella Chiesa i più dissoluti e quelli che la disonorano al punto tale che le sinagoghe degli Ebrei e le scuole dei filosofi li avrebbero esiliati come empi e li avrebbero aborriti come indegni.

È vero che entrare nella pietà comporta dolore, ma questo dolore non deriva dalla pietà che inizia ad esistere in noi, ma da quella empietà che ancora esiste.

Se i nostri sensi non si opponessero alla penitenza e la nostra corruzione non si opponesse alla purezza di Dio, non ci sarebbe niente di doloroso per noi.

Noi soffriamo in proporzione alla resistenza che il vizio, in noi naturale, oppone alla grazia soprannaturale; il nostro cuore si sente lacerare tra queste spinte contrarie, ma sarebbe davvero ingiusto imputare questa violenza a Dio, che ci attira, invece di attribuirla al mondo che ci trattiene.

E come per un bambino che la madre strappa dalle braccia dei rapitori, che deve amare, pur nel dolore che sta soffrendo, la legittima violenza d'amore di colei che gli offre la libertà, mentre deve odiare la violenza ingiuriosa e tirannica di coloro che lo trattengono ingiustamente.

La guerra più crudele che Dio possa fare agli uomini in questa vita è di lasciarli senza questa guerra che egli è venuto a portare.

« Sono venuto a portare la guerra », dice, « e come strumento di questa guerra sono venuto a portare il ferro e il fuoco ».

Prima di lui il mondo viveva in una falsa pace.

515

È fatto prete chi vuole esserlo, come sotto Geroboamo.

È orribile che si voglia presentare la disciplina della Chiesa di oggi talmente buona da essere un crimine volerla cambiare.

In altri tempi è stata infallibilmente buona ma, come si vede, la si è potuta cambiare senza peccato.

E oggi, così com'è, non si può desiderare di cambiarla!

Si è pur permesso di cambiare il costume di non fare preti se non con una tale circospezione che non ce n'era quasi che ne fossero degni, e non sarà lecito lamentarsi del costume di farne di così indegni!

Abramo non prese niente per sé, ma solo per i suoi servi.

Così il giusto non prende niente dal mondo per sé, né dagli applausi del mondo, ma solo per le sue passioni, di cui si serve come un padrone, dicendo a una: « Va e vieni » « Sub te erit appetitus tuu ».

Così dominate le sue passioni sono virtù; l'avarizia, la gelosia, la collera, Dio stesso se le attribuisce.

E sono virtù come la clemenza, la pietà, la costanza, che sono anche passioni.

Bisogna servirsene come di schiavi, e lasciando loro di che nutrirsi impedire che l'anima si lasci coinvolgere.

Perché quando le passioni dominano, esse sono dei vizi, e sono loro a nutrire l'anima, e l'anima nutrendosene si avvelena.

516

Chiesa, papa.

Unità, moltitudine.

Considerando la Chiesa come unità, il papa, che ne è il capo, è come il tutto; considerandola come moltitudine, il papa non è che una parte.

I Padri l'hanno considerata a volte in un modo, a volte in un altro, per questo hanno parlato in modo diverso del papa.

San Cipriano: « Sacerdos Dei ».

Ma fissando una di queste due verità non hanno escluso l'altra.

La moltitudine che non si riduce all'unità è confusione.

L'unità che non dipende dalla moltitudine è tirannia.

Non c'è quasi più che la Francia dove sia lecito dire che il concilio è superiore al papa.

517

L'uomo è pieno di bisogni.

Egli ama solo chi li può soddisfare tutti.

« È un buon matematico », si dirà, « ma io non so che farmene della matematica; mi prenderebbe per una proposizione.

È un buon soldato: mi prendrebbe per una fortezza assediata.

È dunque necessario un galantuomo che possa adeguarsi a tutti i miei bisogni in generale ».

Un vero amico è una cosa molto vantaggiosa, anche per i più grandi signori, perché possa dire bene di loro e li difenda quando sono assenti, così che devono fare di tutto pur di averne.

A patto che scelgano bene, perché se i loro sforzi ricadranno su degli stupidi, ciò non servirà a niente, per quanto bene dicano di loro.

Anzi non diranno affatto bene se si trovano ad essere i più deboli, perché non avranno autorità, e così ne parleranno male per spirito di compagnia.

« Si vedano i discorsi della 2,4 e 5 del giansenista. Ciò è grave e serio. »

« Odio allo stesso modo il buffone e il tronfio. »

Non si deve essere amici né dell'uno né dell'altro.

Si consulta solo l'orecchio perché si manca di cuore.

La sua norma è la cortesia.

Poeta, non gentiluomo.

« Dopo l'ottava pensavo di aver risposto a sufficienza. »

Bellezze di omissione, di giudizio.

518

Fig.

Salvatore, padre, sacrificante, ostia, nutrimento, re, saggio, legislatore, afflitto, povero, dovendo generare un popolo che doveva guidare e nutrire e condurre sulla terra.

Gesù Cristo.

Offici.

Doveva generare da solo un grande popolo, eletto, santo e scelto, guidarlo, nutrirlo, introdurlo nel luogo del riposo e della santita, renderlo santo davanti a Dio, farne il tempio di Dio, riconciliarlo a Dio, salvarlo dalla collera di Dio, liberarlo dalla servitù del peccato che visibilmente regna sull'uomo, dare a questo popolo delle leggi, incidere queste leggi nel suo cuore, offrirsi al posto suo a Dio, sacrificarsi per lui, essere ostia senza macchia, e lui stesso sacrificante offrire il proprio corpo e il proprio sangue, offrendo tuttavia pane e vino a Dio.

« Ingrediens mundum ».

« Pietra su pietra ».

Ciò che ha preceduto, ciò che è seguito, rimanendo gli Ebrei erranti.

Profezie.

« Transfixerunt ».

Zaccaria 12,10.

Che doveva venire un liberatore, che avrebbe fracassato la testa al demonio, che doveva liberare il suo popolo dai peccati, « ex omnibus iniquitatibus ».

Che ci sarebbe stato un nuovo Testamento, che sarebbe stato eterno.

Che doveva esserci un nuovo sacerdozio secondo l'ordine di Melchisedec, che sarebbe stato eterno.

Che il Cristo doveva essere glorioso, potente, forte, e tuttavia così miserabile da non venire riconosciuto.

Che non lo avrebbero preso per ciò che è, che lo avrebbero respinto, che lo avrebbero ucciso, che il suo popolo che lo avrebbe rinnegato non sarebbe più stato il suo popolo, che gli idolatri lo avrebbero ricevuto e sarebbero ricorsi a lui, che avrebbe lasciato Sion per regnare al centro dell'idolatria, che tuttavia gli Ebrei continuerebbero ad esistere, che dovrebbe venire da Giuda, e che non ci sarebbero più re.

519

È indubitabile che, a seconda che l'anima sia o non sia mortale, ciò pone una differenza assoluta in fatto di morale, e tuttavia i filosofi hanno regolato la loro morale prescindendo da ciò.

Essi decidono di passare un'ora.

Platone per disporre al cristianesimo.

520

Grandezza, miseria.

Più si ha coscienza, più si scoprono la grandezza e la miseria umane.

Gli uomini comuni.

Quelli che sono più elevati.

I filosofi.

Essi stupiscono gli uomini comuni.

I cristiani, essi stupiscono i filosofi.

Chi dunque si stupirà vedendo che la religione conosce a fondo proprio ciò che si riconosce meglio alla luce dell'intelletto?

521

Figurativo.

Dio si è servito della concupiscenza degli Ebrei per farli servire Gesù Cristo.

522

Figurativo.

Niente assomiglia maggiormente alla carità della cupidigia, e niente è così contrario.

Così gli Ebrei, ricchi di beni che stimolavano la loro cupidigia, erano molto simili ai cristiani, e del tutto diversi.

E in questo modo avevano le due qualità che era necessario che avessero, di essere molto adatti al Messia, per rappresentarlo, e molto opposti, per non essere testimoni sospetti.

523

La concupiscenza è diventata per noi un fatto naturale, una seconda natura.

Così ci sono in noi due nature, una buona e l'altra malvagia.

Dov'è Dio?

Dove non siete voi, e il regno di Dio è in noi.

Rabbini.

524

Chi non odia l'amor proprio in sé e l'istinto che lo porta a farsi Dio, è ben cieco.

Chi non si accorge che non c'è niente di più opposto alla giustizia e alla verità?

Perché è falso che noi meritassimo ciò, ed è ingiusto e impossibile arrivarvi, poiché tutti vogliono la stessa cosa.

Quella in cui siamo nati è dunque una palese ingiustizia di cui non possiamo ma dobbiamo liberarci.

Tuttavia nessuna religione ha osservato che fu un peccato, né che ci fossimo nati, né che fossimo obbligati a resistervi, né ha pensato a fornirci i rimedi.

525

Se esiste un Dio non dobbiamo amare che lui e non le creature effimere.

Il ragionamento degli empi nella Sapienza è fondato sulla non esistenza di Dio: « Accertato questo », dice, « godiamo dunque le creature ».

Dunque tutto quello che ci spinge ad attaccarci alle creature è malvagio, poiché ci impedisce, o di servire Dio se lo conosciamo, o di cercarlo se lo ignoriamo.

Noi siamo pieni di concupiscienze, dunque siamo pieni di male, dunque dobbiamo disprezzarci e disprezzare tutto ciò che ci spinge ad attaccarci a qualcosa che non è Dio.

526

Tutti i loro princìpi sono veri, quelli degli scettici, degli stoici, degli atei, ecc., ma le loro conclusioni sono false, proprio perché i princìpi opposti sono veri.

527

L'uomo è chiaramente fatto per pensare.

In ciò sta tutta la sua dignità e il suo merito; e il suo dovere consiste nel pensare in modo giusto.

Ora, l'ordine del pensiero è di cominciare da sé, e dal proprio creatore e dal suo scopo.

Ora, a che pensa il mondo?

Mai a questo, ma a danzare, a suonare il liuto, a cantare, a fare versi, a infilare l'anello con la lancia, ecc., a battersi, a diventare re, senza pensare a cosa significa essere re e essere uomo.

528

Guerra intestina nell'uomo tra ragione e passioni.

Se avesse solo la ragione senza le passioni …

Se avesse solo le passioni senza la ragione …

Ma avendo le une e le altre non può evitare la guerra, non potendo ottenere la pace dalle une senza la guerra con le altre; così è sempre diviso e in contraddizione con se stesso.

529

Noia.

Niente è tanto insopportabile per l'uomo come il rimanere in un riposo assoluto, senza passione, senza affari, senza divertimento, senza applicarsi.

Allora avverte il proprio nulla, l'abbandono, l'insufficienza, la dipendenza, l'impotenza, il vuoto.

Dal fondo della sua anima uscirà quanto prima la noia, l'orrore, la tristezza, il dolore, il dispetto, la disperazione.

530

Se vivere senza cercare ciò che si è rappresenta un accecamento soprannaturale, è ben terribile vivere male credendo in Dio.

531

Profezie.

Che Gesù Cristo sarà alla destra mentre Dio assoggetterà per lui i suoi nemici.

Dunque non li assoggetterà da solo.

532

L'ingiustizia.

Che la presunzione vada insieme alla necessità è un'estrema ingiustizia.

533

Ricerca del vero bene.

Gli uomini comuni fanno coincidere il bene con la fortuna e con le ricchezze esteriori, o almeno con il divertimento.

I filosofi hanno mostrato la vanità di tutto questo e l'hanno individuato in quello che hanno potuto.

534

La vanità è a tal punto radicata nel cuore dell'uomo che un soldato, un attendente, un cuciniere, un vessillifero si vantano e vogliono degli ammiratori.

E anche i filosofi li vogliono, e quelli che scrivono contro tutto ciò vogliono la gloria di avere scritto bene, e quelli che leggono vogliono la gloria di averli letti, e anch'io che sto scrivendo ho forse questo desiderio, e forse quelli che lo leggeranno …

535

Del desiderio di essere stimati da coloro con cui siamo.

L'orgoglio ci domina in modo così naturale in mezzo alle nostre miserie, agli errori, ecc.

Siamo disposti a perdere persino la vita, a patto che se ne parli.

Vanità, gioco, caccia, visite, commedie, falsa perennità del nome.

536

La duplicità dell'uomo è così evidente che qualcuno ha pensato che avessimo due anime.

Un soggetto semplice sembrava loro incapace di tali e così improvvisi cambiamenti, da una presunzione smisurata a un orribile abbattimento del cuore.

537

La natura umana è integralmente naturale, « omne animai ».

Non c'è niente che non si renda naturale.

Non c'è niente di naturale che non si possa cancellare.

538

È giusto provare la fatica e la stanchezza dovute alla ricerca inutile del vero bene, così da tendere le braccia al liberatore.

539

La sensibilità dell'uomo per le piccole cose e l'insensibilità per quelle grandi è il segno di un curioso capovolgimento.

540

Malgrado la vista di tutte le miserie che ci toccano, che ci prendono alla gola, abbiamo un istinto verso l'alto che non possiamo reprimere.

541

La cosa più importante di tutta la vita è la scelta di un lavoro, ed è affidata al caso.

Muratori, soldati, conciatetti lo fanno per consuetudine.

« È un eccellente conciatetti », si dice, ma altri al contrario: « Niente è grande come la guerra, gli altri uomini sono vili ».

A forza di sentir lodare fin dall'infanzia questi lavori e disprezzare tutti gli altri, si sceglie.

Perché naturalmente si ama la virtù e si disprezza la follia; sono queste parole a decidere; si sbaglia solo a metterle in pratica.

Tale è la forza della consuetudine che, di quelli che la natura ha fatto semplicemente uomini, ne fa diversi tipi d'uomo.

In certi paesi sono tutti muratori, in altri tutti soldati, ecc.

Non c'è dubbio che la natura non è così uniforme; dunque è la consuetudine che fa questo, perché costringe la natura, ma qualche volta la natura la supera e conserva l'uomo nel suo istinto, malgrado ogni consuetudine buona o cattiva.

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