Gli stati di vita del cristiano |
Prima che noi su questo passiamo oltre, ciò che qui abbiamo trovato deve venir ancora una volta riferito a ciò che prima abbiamo detto circa il carattere di voto tipico di ogni amore puro e armonizzato con ciò.
Giacché in qualunque modo ci si voglia rapportare ai « voti » che contraddistinguono lo speciale « stato » ecclesiale dei consigli, ci sono, come vedemmo precedentemente alla differenziazione degli stati di vita determinate relazioni tra l'essenza dell'amore perfetto e ciò che nel senso più generale si chiama voto.
E questo al punto che la distinzione tra l'amore stesso e i voti come forma di vita che è alla base di uno stato, distinguibile rispetto ad altre forme di vita, può esser presente solamente laddove l'amore stesso è ancora per via, non è ancora divenuto perfetto: nello stato del pellegrinaggio terreno, in cui l'uomo cerca per strade e gradi diversi il ritorno alla patria originaria dell'amore divino.
Solo in questo stato terreno i voti possono essere una forma esteriore distinguibile dall'amore stesso, eretta per servire come esercitazione nell'amore perfetto, come recipiente, per così dire, che contiene in anticipo la misura vuota dell'amore da raggiungere ed è destinato a riempirsi sempre più del contenuto dell'amore per contenere il quale è stato fabbricato.
Il cosiddetto « stato della perfezione » come particolare stato ecclesiale ha come presupposto la generale imperfezione dell'amore qui sulla terra, poiché la forma che è a fondamento dello stato, come forma di vita speciale accanto ad altre forme di vita, non coincide per ora in maniera totale col contenuto, che è l'amore.
Così Tommaso può fare le affermazioni a cui spesso ci si è richiamato: « una cosa è essere perfetti, un'altra essere nello stato della perfezione.
Poiché alcuni sono nello stato della perfezione senza essere ancora perfetti, anzi non raramente sono peccatori.
E alcuni sono perfetti, e non sono nello stato della perfezione » ( Quodl. 317 ).
Così considerati, stato dei consigli e amore perfetto sono in rapporto secondo la prima delle tre maniere prima descritte da Tommaso: come mezzo in ordine ad un fine, « quoddam exercitium tendendi in perfectionem caritatis » ( S Th II II q 186 a 7 ), un fine che sta al di là del mezzo e sotto determinate circostanze può venir raggiunto anche senza di esso.
Ma appena si prende in considerazione l'amore nella sua compiutezza, il rapporto muta; la relazione esteriore di mezzo e fine si trasforma in una relazione interiore, e precisamente in una doppia prospettiva, sia formale che contenutistica.
1. L'amore perfetto consiste nella offerta di sé senza condizioni, « in domina sui ».
« L'amore consiste nella comunicazione da ambo le parti, in modo tale che l'amante dà e dona all'amato ciò che egli ha oppure parte di ciò che egli può dargli, e così pure l'amato all'amante » ( Ignazio, Eserc. Nr 231 ).
Esso lo è a tal punto che nell'amore completo di Dio per la creatura tutto l'essere del mondo, come mondo della natura, della grazia, dell'elezione speciale, personale, non è nient'altro che una dimostrazione e una rappresentazione dell'amore di Dio per la sua creatura che giunge fino all'estremo: « Tutto quanto egli mi ha dato di ciò che ha, e perciò anche tutto quanto lo stesso Signore vorrà fare, donandosi a me, tutto questo gli è possibile solo in base alla sua divina condiscendenza" ( ibid., Nr 231 ).
Il corrispondente atteggiamento della creatura che di fronte alla dedizione di Dio si sottomette e si offre « con ampia e giusta motivazione », « nella coscienza delle sue colpe » è espresso nella preghiera di offerta di sé degli Esercizi: « Prendi su di tè, o Signore, tutta la mia libertà, la mia mente, la mia intelligenza e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e posseggo.
Tu me lo hai dato, a te.
Signore, lo restituisco; tutto è tuo, Signore: disponi tu di tutta la mia volontà; dammi il tuo amore e la tua grazia e mi basta » ( ibid., 234 ).
Contenuto di ogni amore reale è questo atto di offerta, che pone a disposizione di Dio tutto ciò che ha di proprio, gli affida tutto come un dono consacrato, con la forma interiore di un voto.
Ogni voto esteriore, formale, vive ultimamente di un voto che inabita nell'amore stesso, identico al suo movimento di offerta.13
E questo tanto più, quanto la volontà d'offerta dell'amore, se questo è perfetto, è assoluta, irrevocabile.
Il « Suscipe » in cui Ignazio riassume il risultato dei suoi Esercizi non è un atto provvisorio, inteso per certo tempo soltanto, ma è l'espressione di una volontà assoluta, che deve essere definitiva.
Come l'amore di Dio è esclusivo e, in una certa maniera, inclusivo, cioè tale da non conoscere o non voler conoscere niente di ciò che è al di fuori del suo chiuso segreto, così anche l'amore di risposta della creatura si verifica una volta per tutte nel circolo chiuso della disposizione divina e chiude le porte dietro di sé a tutto ciò che si trova al di fuori dell'amore.
Offrendo a Dio la propria libertà nell'atto di dedizione, l'amore creaturale si priva liberamente della libertà di cercare e decidere qualcosa al di fuori della libertà di Dio.
Sceglie Dio una volta per tutte e rinuncia così una volta per tutte a qualsiasi libertà di scelta che possa scegliere qualcosa d'altro rispetto a ciò che Dio per lui sceglie.
Poiché la sua libertà deve consistere d'ora in poi non più nello scegliere ciò che gli piace, ma nello scegliere ciò che è gradito all'amato.
Solo per colui che sta al di fuori dell'amore e per il quale la libertà coincide con l'egocentrica autodeterminazione quest'offerta della libertà nell'amore apparirà come una privazione di libertà.
Ma « come il non poter peccare non diminuisce la libertà, così non diminuisce la libertà nemmeno la consolidata necessità della volontà volta verso il bene, come vediamo chiaramente in Dio e nei beati, e di tal forma è anche la coercizione del voto, che ha una somiglianza con l'esser consolidato dei beati » ( S Th II II q 88 a 4 ad 1 ).
La definitività è contenuta nel senso dell'offerta stessa.
Un'offerta a tempo sarebbe perciò portata a non essere una reale offerta, ma al massimo una condizione preparatoria, d'attesa, di collaudo per una offerta reale.
Il momento del votarsi, intrinseco all'amore stesso, si esprime nelle parole del Signore: « Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà » ( Mt 10,39 ).
« Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà » ( Mt 16,25 ).
« Chi ama la sua vita, la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna » ( Gv 12,25 ).
Il perdere di cui qui si parla è la totale e definitiva offerta dell'amore, che però perde la sua energia piena ogni volta che egoisticamente si getta uno sguardo a lato per assicurarsi ancora qualcosa a dispetto della « perdita », per limitare questa perdita sotto qualche aspetto, nel tempo o a livello di contenuto.
Questo « voto », per ricordarlo ancora una volta, è qualcosa di inerente all'amore stesso e precede ogni distinzione di singoli stati e forme di vita cristiani.
Ma proprio perché esso è una connotazione dell'essenza dell'amore perfetto stesso e perché tutti gli stati della Chiesa sono chiamati a quest'amore, un'obiettiva delimitazione delle singole forme di vita si delineerà a seconda di quanto in essa si realizza questa totalità d'amore del voto, a seconda dunque di quanto attraverso lo stato di vita stesso il cristiano viene insediato non solo in un parziale perdere, ma in un totale aver perso la sua anima in Dio.
Tutti i piccoli, reiterati e limitati sacrifici hanno valore e sono a Dio bene accetti se sono espressione e rafforzamento dell'indivisibile sacrificio dell'amore, che a sua volta è espressione della volontà di dare tutto e di tutto lasciarsi prendere da Dio di ciò che Egli trova in noi buono da prendere.
2. A questo interno e formale carattere di voto tipico dell'amore perfetto corrisponde perciò anche una totalità materiale, anche se questa non abbisogna di differenziazione o dettaglio alcuno: « Tutto è tuo, disponi interamente secondo la tua volontà ».
Dal XII secolo si è formata la divisione di questa totalità materiale in tre ambiti, che insieme rappresentano tutto quanto l'amore perfetto può offrire: i beni dell'ambiente sui quali l'uomo può disporre, i beni del suo corpo e quelli del suo spirito: mente, intelletto e volontà, di nuovo nella misura in cui egli ne può liberamente disporre.
A questi ambiti corrispondono i singoli voti della povertà, della castità e dell'obbedienza, che di nuovo coincidono coi tre consigli evangelici essenziali.
Noi diciamo « consigli essenziali », poiché proprio recentemente è stato fatto spesso il tentativo di sminuire questi tre voti della loro importanza presentandoli come tre consigli qualsiasi tra altri e ( come si da ad intendere ) di egual valore presenti nel Vangelo.14
Ciò è contraddetto però dall'esposizione di S. Tommaso, che chiama questi tre i « tria principalia vota » a cui vengono ricondotte tutte le altre pratiche e opere buone.
E precisamente sotto un duplice aspetto: primo, perché essi comprendono in sé materialmente tutto ciò che l'uomo è capace di offrire nell'amore ( S Th II II q 186 a 7c et ad 2 ); secondo, perché povertà e castità cadono ultimamente sotto il voto dell'obbedienza ( « quia votum oboedientiae con-tinet sub se alia vota », ibid., a 8c ), e la forma dell'obbedienza diventa quella forma generale di offerta che rende ogni comandamento, ogni consiglio, ogni singolo atto di offerta un'espressione di totale offerta d'amore, e conferisce così ad ogni azione limitata l'illimitatezza dell'amore divino: « Ea enim, quae ( … ) agunt, ad illam radicem referuntur, qua totam vitam suam Deo devoverunt; unde non est pensandum quid faciant, sed magis, quod ad quaelibet facienda se devoverunt, et sic quodammodo compa-rantur ad eos, qui aliquod singulare bonum opus faciunt, sicut infinitum ad finitum. Qui enim dat se alicui ad faciendum omnia quae iubet, in infinitum magis se dat ei quam ille qui dat se ei ad aliquod opus faciendum » ( Quodl. 3 17 ad 6 ).
Se Tommaso riferisce questo anche ai voti religiosi compiuti esteriormente, niente impedisce di estendere il passo citato al voto qui inteso in senso più generale contenuto come intenzione nell'amore perfetto, e di sottolineare la distinzione dell'obbedienza e correlativamente anche dei voti in essa contenuti della povertà e della castità rispetto agli altri possibili consigli ( Ratschlagen ) per tendere alla perfezione.
Più tardi mostreremo come lo spirito di povertà, castità e obbedienza si incarni in singole forme di stato di vita: cioè nello stato religioso, nello stato sacerdotale, che col sacramento dell'Ordine acquista la sua irrevocabilità, nello stato matrimoniale, che riceve la stessa irrevocabilità col sacramento del matrimonio, o infine nello stato cristiano in generale indifferenziato.
Essenziale è qui solo il riconoscere che la vocazione all'amore perfetto come totale offerta di tutto ciò che è proprio a Dio e, per amor di Dio, al prossimo contiene un'intima relazione sia alla forma che al contenuto del voto.
Da ciò risulta la conseguenza pratica che è di massima importanza per la tensione all'amore: nel perseguimento del fine ci si deve attenere al filo conduttore dell'idea dell'offerta.
Non è né utile né consigliabile per quanto riguarda questa tensione attenersi a tutte le pie istruzioni escogitate, le pratiche e le devozioni, per costruire a partire da ciò, come da tante piccole pietruzze di un mosaico, un quadro d'insieme della perfezione cristiana, anche quando queste istruzioni sembrano avere un carattere ampiamente più « positivo », immediatamente pratico, al confronto con l'idea apparentemente negativa dell'offerta, della perdita, del sacrificio.
Tutte queste presunte « positive » ascesi e direttive per lo stato di vita porteranno sempre in sé il carattere di una certa superficialità e scipitezza, di un arbitrio nella scelta e nella prospettiva, di un incatenamento al gusto personale e alla moda del tempo, mentre l'indicazione evangelica e tradizionale circa il perfetto amore si lascia guidare in tutto intorno all'asse dell'offerta di sé, che solo a colui che non ama appare dura e negativa, mentre a colui che ama appare come la quintessenza del valore che è degno di esser ricercato.
L'amore si rapporta così ai triplici voti in maniera triplice: nella misura in cui i voti - espressi formalmente oppure esistenzialmente - sono di aiuto all'amore ancora imperfetto a sgombrare la strada dagli ostacoli verso l'amore perfetto, essi appaiono come un mezzo per il fine che è l'amore che li trascende.
Nella misura in cui però l'amore stesso è essenzialmente offerta, possiede tanto formalmente quanto materialmente carattere di voto, contiene in sé contenutisticamente come formalmente i voti come sua essenza e come espressione sempre nuova di essa.
Nella misura in cui l'amore come offerta è nello stesso tempo indifferenza nei confronti della volontà di Dio, rimane pronto nel suo generale carattere di voto a lasciarsi realizzare in questa o quella concreta forma di vita e stato ecclesiale, a seconda di quella che è la volontà di Dio.
Esso contiene dunque potenzialmente, anche se è realmente perfetto, la prontezza ai voti formalmente espressi, senza però anticiparli a partire da sé.
Fino al riconoscimento della volontà di Dio « io voglio impiegare la sua meticolosità per abbandonare tutto ciò che è secondo l'inclinazione, ponendo la sua energia nel non tendere a nessuna cosa determinata tranne che quando la muove unicamente il servizio di nostro Signore, in modo tale che il desiderio di poter servire meglio Dio nostro Signore spinga ad accettare oppure ad abbandonare la cosa suddetta » ( Ignazio, Eserc, Nr 155 ).
Per trovare ora il passaggio ad una concreta dottrina degli stati di vita, l'intera riflessione deve venir condotta dall'attuale astrattezza, che in fondo non offriva altro che un'analisi immanente dell'essenza dell'amore, ad una più pregnante e concreta visione dell'uomo così come è stato da Dio pensato, creato e dotato: non in un'identità dell'essere con lui, ma bensì in una analogia che si mantiene sino in fondo.
Solo così il concetto di stato di vita può ottenere l'evidente pienezza di una concreta forma di vita in cui l'uomo è stato posto da Dio.
Poiché l'uomo non viene più posto come un ente senza contorni delimitati, non viene più collocato nell'esistenza unicamente con la determinazione dell'amore infinito e per così dire senza forma.
Egli viene creato, proprio per poter adempiere realmente questa vocazione all'amore, in quella interna ed esterna costituzione di chiara conformazione ed evidenza che noi chiamiamo stato originario ( Ur-Stand ).
Indice |
13 | Tommaso riferisce, come già menzionato, il voto in primo luogo alla virtù di religione o di onore di Dio, che egli incorpora a sua volta alla virtù di giustizia ( S Th II II q 88 a 5 ). Egli fa ciò in maniera corrispondente al piano generaledella sua etica, che partendo dalla « etica naturale » si inoltra nella forma compiuta di quella soprannaturale. Egli parte perciò dalla forma data dei voti esteriori per giungere a mettere in luce il loro senso religioso. Noi percorriamo la via inversa, cercando di render chiaro il senso e la forma dei voti esteriori a partire dalla totalità dell'amore cristiano, che contiene per eminenza la forma del voto. |
14 | Cardinal Mercier, La Vie Intérieme (15. Taus. 1923), p. 177. Wilhelm Stoc-kums, Priestertum una Aszese (Herder 1938): i tré voti religiosi non sono "ne gli unici, ne gli assolutamente migliori, (…) poiché i consigli insegnati nei Vangeli sono molto numerosi, e se gli ordini religiosi hanno preso dall'ampia abbondanza solo tré di questi per i loro scopi, i numerosi altri conservano nondimeno il loro valore" (p. 87). E. Schillenbeeckx, Das Ordensleben in der Auseinanderstwng mit dem neuen Menschen-und Gottesbild, in "Ordens-Korrespondenz" (1968): "La Sacra Scrittura contiene un gran numero di consigli evangelici, e non è possibile che questi vengano ridotti ai cosiddetti tre consigli classici, che nel Medioevo hanno dato impulso ai « tre voti religiosi » ( p. 118 ). Ecc. ecc. |