Summa Teologica - I |
1 Sent., d. 2. aa. 2, 3; 1 Cont. Gent., cc. 28, 31; 2, c. 2; De Verit. q. 2 a. 1; Compend. Theol., cc. 21, 22; De Div. Nom., c. 5. lect. 1, 2
Pare che in Dio non si trovino le perfezioni di tutte le cose.
1. Dio, come si è visto [ q. 3, a. 7 ], è semplice; le perfezioni delle cose invece sono numerose e diverse: perciò in Dio non si possono trovare tutte le perfezioni delle cose.
2. Gli opposti non possono coesistere nel medesimo soggetto.
Ora, le perfezioni delle cose sono tra loro opposte, poiché ogni specie di cose ha la sua perfezione in forza della differenza specifica, e le differenze attraverso le quali si divide il genere e si costituiscono le specie procedono per via di opposizione.
Non potendosi dunque trovare gli opposti nel medesimo soggetto, non pare che in Dio si possano trovare tutte le perfezioni delle cose.
3. Il vivente è più perfetto dell'ente, e il conoscente più perfetto del vivente.
Quindi anche il vivere è più perfetto dell'essere, e il conoscere più del vivere.
Ma l'essenza di Dio non è altro che l'essere stesso.
Quindi Dio non ha in sé la perfezione della vita, della sapienza e altre perfezioni di questo genere.
Dionigi [ De div. nom. 5,4 ] dice che Dio « nella sua unità precontiene tutti gli esistenti ».
In Dio si trovano le perfezioni di tutte le cose.
Per cui è anche detto universalmente perfetto: infatti non gli manca neppure una sola delle perfezioni che si possono trovare in qualsiasi genere di cose, come dice il Commentatore [ Met. 5, comm. 21 ].
E ciò può essere arguito da due considerazioni.
In primo luogo per il fatto che quanto vi è di perfezione nell'effetto deve ritrovarsi nella sua causa efficiente: o secondo la stessa natura, se si tratta di un agente univoco, come nel caso dell'uomo che genera l'uomo, oppure in grado più eminente, quando si tratta di un agente analogico: come nel sole si ritrova l'equivalente di ciò che è generato per la virtù del sole.
È evidente, infatti, che l'effetto preesiste virtualmente nella causa agente: ora, preesistere nella virtualità della causa agente non è un preesistere in modo meno perfetto, ma in modo più perfetto - sebbene preesistere virtualmente nella causa materiale sia un preesistere in maniera più imperfetta poiché la materia, in quanto tale, è imperfetta, mentre l'agente, in quanto tale, è perfetto -.
Essendo dunque Dio la causa efficiente prima delle cose, bisogna che in lui le perfezioni di tutte le cose preesistano in un grado più eminente.
E accenna a questa ragione anche Dionigi [ De div. nom. 5,8 ], quando dice di Dio che « non è questo sì e quello no, ma è tutto, essendo la causa di tutto ».
In secondo luogo in base a quanto abbiamo già visto [ q. 3, a. 4 ], che cioè Dio è l'essere stesso per sé sussistente: da cui la necessità che egli contenga in sé tutta la perfezione dell'essere.
È chiaro, infatti, che se un corpo caldo non ha tutta la perfezione del caldo, ciò avviene perché il calore non è partecipato in tutta la sua perfezione; se però il calore fosse per sé sussistente non gli potrebbe mancare nulla di ciò che forma la perfezione del calore.
Ora, Dio è lo stesso essere per sé sussistente: quindi nulla gli può mancare della perfezione dell'essere.
Ma le perfezioni di tutte le cose fanno parte della perfezione dell'essere, essendo le cose perfette a seconda che partecipano dell'essere in una data maniera.
Dal che segue che a Dio non può mancare la perfezione di alcuna cosa.
E anche a questa ragione accenna Dionigi [ De div. nom. 5 ] quando dice che Dio « non è esistente in una qualche maniera, ma in modo assoluto e illimitato precontiene in sé uniformemente tutto l'essere ».
E poco dopo aggiunge [ ib. 5, 1, 8 ] che « Egli è l'essere di quanto sussiste ».
1. Bisogna dire con Dionigi [ De div. nom. 5 ] che come il sole, « pur essendo uno e splendendo ugualmente su tutto, precontiene nella sua unità tutte le sostanze delle realtà sensibili e le loro qualità molteplici e diverse, così, a più forte ragione, è necessario che nella causa di tutte le cose tutte preesistano unificate nella natura di essa ».
E in tal modo enti che considerati in se stessi sono diversi e opposti, preesistono in Dio come una cosa sola, senza menomare la semplicità divina.
2. E con ciò è sciolta anche la seconda obiezioni.
3. Come dice lo stesso Dionigi [ l. cit. ], sebbene l'essere stesso sia più perfetto della vita e la vita più perfetta della sapienza, se si considerano in astratto le loro distinzioni, tuttavia ciò che vive è [ in concreto ] più perfetto di ciò che ha soltanto l'essere, poiché il vivente è anche ente, e il sapiente è anche ente e vivente.
Quindi, sebbene la nozione di ente non includa in se stessa la nozione di vivente e di sapiente, poiché non è necessario che chi partecipa l'essere lo partecipi secondo tutti i modi dell'essere, tuttavia l'essere stesso di Dio include in sé anche la vita e la sapienza, poiché nessuna delle perfezioni dell'essere può mancare a Colui che è l'essere stesso per sé sussistente.
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