Summa Teologica - I |
1 Sent., d. 48, q. 1; 2, d. 16, q. 1, a. 1, ad 3; 1 Cont. Gent., c. 29; De Verit., q. 2, a. 11; q. 3, a. 1, ad 9; q. 23, a. 7, ad 9 ss.; De Pot., q. 7, a. 7; De Div. Nom., c. 9, lect. 3
Pare che nessuna creatura possa essere simile a Dio.
1. È detto nei Salmi [ Sal 86,8 ]: « Fra gli dèi nessuno è come te, Signore ».
Ora, fra tutte le creature, le più nobili sono quelle che sono chiamate dèi per partecipazione.
Quindi molto meno possono dirsi simili a Dio le altre creature.
2. La somiglianza è una specie di confronto.
Ma non si dà confronto tra cose di diverso genere; quindi neppure somiglianza: nessuno infatti dice che il dolce assomiglia al bianco.
Ora, nessuna creatura è dello stesso genere di Dio che, come si è provato [ q. 3, a. 5 ], è al disopra di ogni genere.
Quindi nessuna creatura è simile a Dio.
3. Si dicono simili quelle cose che hanno comunanza di forma.
Ma nulla conviene con Dio nella forma, poiché in nessuna cosa, tranne che in Dio, l'essenza si identifica con l'essere.
Quindi nessuna creatura può essere simile a Dio.
4. Tra cose simili la somiglianza è reciproca, dato che il simile è simile al simile.
Se dunque qualche creatura è simile a Dio, Dio sarà simile a qualche creatura.
Ma ciò contrasta apertamente col detto di Isaia [ Is 40,18 ]: « A chi potreste paragonare Dio? ».
Nella Genesi [ Gen 1,26 ] si dice: « Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza » e in S. Giovanni [ 1 Gv 3,2 ]: « Quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui ».
Dato che la somiglianza viene considerata in base al convenire o comunicare nella forma, vi sono tanti tipi di somiglianza a seconda dei vari modi di comunicare nella forma.
Si dicono infatti simili alcune cose che hanno in comune la stessa forma secondo la stessa natura [ o attributo essenziale ], e secondo lo stesso grado; e in questo caso non soltanto sono simili, ma anche uguali nella loro somiglianza: come due cose ugualmente bianche si dicono simili nella bianchezza.
E questa è la somiglianza più perfetta.
- In secondo luogo si dicono simili quelle cose che hanno una forma uguale secondo la stessa natura, ma non secondo lo stesso grado, bensì secondo un più e un meno: come una cosa meno bianca è detta simile a un'altra più bianca.
E questa è una somiglianza imperfetta.
- In terzo luogo si dicono simili alcune cose che hanno la stessa forma, ma non secondo la stessa natura [ specifica ], come è il caso degli agenti non univoci.
Siccome infatti ogni agente, in quanto tale, tende a imprimere la sua somiglianza, e ogni cosa agisce secondo la sua forma, è necessario che nell'effetto ci sia una somiglianza della forma dell'agente.
Se dunque l'agente è contenuto nella stessa specie del suo effetto, la somiglianza tra la causa e l'effetto sarà nella forma secondo la stessa natura specifica: come avviene dell'uomo che genera un altro uomo.
Se invece l'agente non è contenuto nella stessa specie, vi sarà somiglianza, ma non secondo la stessa natura specifica: come le cose che vengono generate per la virtù del sole si accostano sì a una certa somiglianza con il sole, ma non sino a partecipare alla forma del sole secondo la somiglianza specifica, bensì solo secondo una somiglianza generica.
Se dunque vi è un agente che non è contenuto in alcun genere, i suoi effetti avranno una somiglianza ancora più lontana dalla sua forma: cioè non arriveranno mai ad assomigliare alla forma dell'agente secondo la stessa natura specifica o generica, ma solo secondo una certa analogia, come lo stesso essere è comune a tutte le cose.
E in questo modo le cose prodotte da Dio si assimilano a lui in quanto sono enti, come al primo e universale principio di tutto l'essere.
1. Come dice Dionigi [ De div. nom. 9 ], quando la Scrittura nega che qualcosa sia simile a Dio « non contesta la somiglianza con lui.
Infatti le medesime cose possono essere simili a Dio e dissimili: simili in quanto lo imitano nella misura in cui è consentito imitare colui che non è perfettamente imitabile; dissimili in quanto si discostano dalla loro causa »; e non solo secondo una minore o maggiore intensità, come il meno bianco si discosta dal più bianco, ma anche perché non vi è comunanza di specie né di genere.
2. Dio non sta in rapporto alle creature come una realtà di genere diverso, ma come ciò che è fuori di ogni genere ed è il principio di tutti i generi.
3. Non si dice che vi è somiglianza della creatura con Dio per comunanza di forma secondo la stessa natura specifica o generica, ma solo secondo l'analogia, in quanto cioè Dio è ente per essenza, e le altre cose sono enti per partecipazione.
4. Se in qualche modo si concede che la creatura è simile a Dio, in nessuna maniera si deve ammettere che Dio è simile alla creatura poiché, come dice Dionigi [ De div. nom. 9 ], « la mutua somiglianza si dà tra esseri appartenenti a uno stesso ordine, non tra causa e causato »: infatti si usa dire che il ritratto assomiglia a una data persona, ma non viceversa.
Parimenti si può dire in qualche modo che la creatura è simile a Dio, non però che Dio è simile alla creatura.
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