Summa Teologica - I

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Articolo 6 - Se il bene sia diviso convenientemente in bene onesto, utile e dilettevole

II-II, q. 145, a. 3; In 2 Sent., d. 21, a. 1, a. 3; In 1 Ethic., lect. 5

Pare che il bene non sia diviso convenientemente in bene onesto, utile e dilettevole.

Infatti:

1. Dice Aristotele [ Ethic. 1,6 ] che « il bene si divide secondo i dieci predicamenti ».

Ma l'onesto, l'utile e il dilettevole si possono riscontrare in un solo predicamento.

Quindi non è esatta una tale divisione.

2. Ogni divisione viene fatta per mezzo di contrapposizioni.

Ma queste tre cose non paiono opposte fra loro poiché, come dice anche Cicerone [ De off. 2,3 ], i beni onesti sono anche dilettevoli, e nessuna cosa disonesta è [ veramente ] utile ( il che invece dovrebbe essere se la divisione venisse fatta per contrapposizione in modo da opporre onesto e utile ).

La suddetta divisione non è dunque conveniente.

3. Se una cosa esiste grazie a un'altra [ queste due cose non vanno contrapposte, dato che in certo modo ] non ne formano che una sola.

Ora, l'utile non è buono se non perché fa raggiungere il dilettevole e l'onesto.

Quindi l'utile non va diviso in contrapposizione all'onesto e al dilettevole.

In contrario:

S. Ambrogio [ De off. 1,9 ] usa tale divisione del bene.

Dimostrazione:

Questa divisione pare propria del bene umano.

Tuttavia, considerando l'idea di bene da un punto di vista più alto e più generale, troviamo che tale divisione conviene propriamente al bene in quanto bene.

Infatti una cosa è buona in quanto è desiderabile é termine del moto della facoltà appetitiva.

Il termine di questo moto poi lo si può giudicare alla stregua del movimento di un corpo fisico.

Ora, il movimento di un corpo fisico termina, assolutamente parlando, all'ultima tappa, ma in qualche modo anche alle tappe intermedie, attraverso le quali si arriva all'ultima, che pone termine al moto; e queste si dicono impropriamente termini del moto in quanto ne terminano una parte.

Per ultimo termine del movimento poi si può intendere o la cosa stessa verso la quale tende il movimento, come un nuovo luogo o una nuova forma di essere, oppure il riposo nel punto d'arrivo.

Così dunque, nel moto della facoltà appetitiva, l'appetibile che termina solo relativamente il moto dell'appetito, come mezzo per tendere ad altro, viene detto utile.

Quanto invece viene desiderato come scopo ultimo e che termina totalmente il moto dell'appetito, come una certa cosa verso la quale il desiderio tende direttamente, viene detto onesto, poiché onesto è ciò che è desiderato direttamente.

Quanto infine termina il moto dell'appetito come riposo nell'oggetto desiderato è il dilettevole.

Analisi delle obiezioni:

1. Il bene, in quanto in concreto si identifica con l'ente, si divide nei dieci predicamenti; se però viene preso nel suo concetto proprio comporta la divisione sopraindicata.

2. La presente divisione viene fatta per opposizione non di realtà, ma di formalità o di concetti.

Tuttavia in senso proprio si chiamano dilettevoli quelle cose che in sé non hanno altra ragione di desiderabilità che il piacere, pur essendo talora nocive e disoneste.

Utili invece si dicono quelle che in sé non hanno di che essere desiderabili, ma vengono desiderate solo in quanto conducono a un altro bene, come il prendere una medicina amara.

Oneste infine si dicono quelle cose che sono desiderabili in se stesse.

3. Il bene non si divide nei tre modi suddetti come un concetto univoco che si applica a ciascuno di essi ugualmente, ma come un concetto analogo, che si applica secondo una certa gradazione.

La nozione di bene infatti si applica primariamente all'onesto, in secondo luogo al dilettevole, in terzo luogo all'utile.

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