Articolo 1 |
Infra, q. 30, a. 3; In 1 Sent., d. 19, q. 4, a. 1, ad 2; d. 24, q. 1, a. 3; De Pot., q. 9, a. 7; Quodl., 10, q. 1, a. 1; In 4 Metaph., lect. 2; 10, lect. 3
Pare che l'uno aggiunga qualcosa all'ente.
1. Tutto ciò che è posto in un genere determinato vi è posto perché si aggiunge [ come determinazione ] all'ente, il quale abbraccia tutti i generi.
Ma l'uno appartiene a un genere determinato, essendo il principio del numero, che è una specie della quantità.
Quindi l'uno aggiunge qualcosa all'ente.
2. Ciò che divide qualcosa di generico risulta da un'aggiunta al dato generico.
Ma l'ente si divide in uno e molti.
Quindi l'uno aggiunge qualcosa all'ente.
3. Se l'uno non aggiunge nulla all'ente, dire uno e dire ente sarebbe la stessa cosa.
Ma è un gioco di parole dire ente ente.
Quindi sarebbe un gioco anche il dire ente uno, il che è falso.
Quindi l'unità aggiunge qualcosa all'ente.
Dionigi [ De div. nom. 13 ] dice: « Nulla vi è tra gli esistenti che non partecipi dell'uno ».
Ma ciò non sarebbe se l'uno aggiungesse all'ente qualcosa che lo coartasse.
Quindi l'uno non aggiunge nulla all'ente.
L'uno non aggiunge all'ente alcuna realtà, ma solo la negazione della divisione: infatti uno non significa altro che ente indiviso.
E da ciò appare chiaro che l'uno si identifica con l'ente.
Infatti ogni ente o è semplice o è composto.
Ma quello semplice non è attualmente diviso, e neppure è divisibile.
Quello composto poi non esiste finché le sue parti sono divise, ma solo dopo che queste lo hanno costituito e composto.
Quindi è manifesto che l'essere di qualsiasi cosa consiste nell'indivisione.
Dal che deriva che ogni cosa, come conserva il proprio essere, così conserva la propria unità.
1. Alcuni, pensando che fosse la stessa cosa l'uno che coincide con l'ente e l'uno che è principio del numero, si divisero in sentenze opposte.
Pitagora e Platone, vedendo che l'uno che si identifica con l'ente non aggiunge alcunché di reale all'ente, ma significa la sostanza dell'ente in quanto è indivisa, stimarono che fosse altrettanto dell'uno che è principio del numero.
E poiché il numero si compone di unità, credettero che i numeri fossero le essenze di tutte le cose.
- Al contrario Avicenna [ Met. 3, cc. 2,3 ], considerando che l'uno principio del numero aggiunge qualcosa di reale alla sostanza dell'ente ( altrimenti il numero composto di unità non sarebbe una specie della quantità ), credette che l'uno che coincide con l'ente aggiungesse qualcosa di reale alla sostanza dell'ente, come bianco a uomo.
- Ma ciò è manifestamente falso: infatti ogni cosa è una in forza della propria sostanza.
Se infatti ogni cosa fosse una per qualcos'altro, essendo quest'altra entità a sua volta una, se fosse anch'essa una per qualche altra cosa si andrebbe all'infinito.
Quindi bisogna fermarsi al primo punto.
- In conclusione: si deve dire che l'uno che si identifica con l'ente non aggiunge alcuna realtà all'ente, ma l'uno che è principio del numero aggiunge all'ente qualcosa che appartiene al genere della quantità.
2. Nulla impedisce che quanto sotto un aspetto è diviso, sotto un altro sia indiviso, come ciò che è diviso numericamente è indiviso secondo la specie: e così accade che una cosa sia una in un modo e molteplice in un altro.
Tuttavia, se tale cosa è indivisa assolutamente parlando - o perché è indivisa secondo ciò che appartiene alla sua essenza, sebbene sia divisa quanto alle parti non essenziali, come ciò che è uno in ragione del soggetto e molteplice secondo gli accidenti, o poiché è indivisa in atto e divisibile in potenza, come ciò che è una cosa sola in rapporto al tutto e molteplice in rapporto alle parti -, tale cosa sarà una assolutamente parlando e molteplice sotto un certo aspetto.
Se invece, al contrario, una cosa è indivisa sotto un certo aspetto e divisa assolutamente parlando - poiché è divisa secondo l'essenza e indivisa secondo la ragione, oppure secondo il principio o la causa -, allora sarà molteplice assolutamente parlando e una sotto un certo aspetto: come ciò che è molteplice numericamente e uno specificamente, o secondo la causa.
Così dunque l'ente si divide in uno e molteplice, ma in questo senso: uno in modo assoluto e molteplice sotto un certo aspetto.
Infatti una molteplicità di cose non sarebbe contenuta sotto l'ente se non fosse contenuta in qualche modo sotto l'uno.
Dice infatti Dionigi [ ib. ] che « non vi è moltitudine che non partecipi dell'unità, ma ciò che è molteplice a motivo delle parti è uno in quanto tutto; e realtà molteplici a motivo degli accidenti sono una cosa sola quanto al soggetto; e realtà molteplici quanto al numero sono una cosa sola quanto alla specie; e realtà molteplici quanto alla specie sono una cosa sola quanto al genere; e realtà molteplici quanto alle derivazioni sono una cosa sola quanto al principio. »
3. Non è un gioco dire ente uno in quanto ché l'uno aggiunge all'ente qualcosa di concettualmente diverso.
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