Summa Teologica - I |
In 1 Sent., d. 24, q. 1, a. 3; De Pot., q. 9, a. 7; Quodl., 10, q. 1, a. 1
Pare che i termini numerici pongano qualcosa in Dio.
1. L'unità di Dio è la sua essenza.
Ma ogni numero è l'unità ripetuta.
Quindi ogni termine numerico in Dio significa l'essenza.
Quindi pone qualcosa in lui.
2. Ciò che viene attribuito a Dio e alle creature conviene in modo più eminente a Dio che alle creature.
Ma i termini numerici pongono qualcosa nelle creature.
Quindi a maggior ragione in Dio.
3. Se i termini numerici non pongono nulla in Dio, ma vengono usati soltanto in senso negativo, quasi che con la pluralità si voglia negare l'unità e con l'unità la pluralità, ne segue un circolo vizioso, che confonde la mente e non ci accerta di nulla; il che è inammissibile.
Quindi i termini numerici pongono qualcosa in Dio.
Dice S. Ilario [ De Trin. 4,17 ]: « Professare il consorzio [ divino ] », che equivale a confessare la pluralità, « esclude l'idea dell'isolamento e della solitudine ».
E S. Ambrogio [ De fide 1,2 ] afferma: « Quando diciamo che Dio è uno, l'unità esclude la pluralità degli dèi, ma non pone in Dio alcuna quantità ».
Dal che si vede che questi termini sono usati in senso negativo, non in senso positivo.
Il Maestro delle Sentenze [ 1,24 ] afferma che i termini numerici non pongono nulla, ma soltanto escludono qualcosa in Dio.
Altri invece dicono il contrario.
Per mettere in chiaro la cosa si osservi che qualsiasi pluralità è effetto di una divisione.
Ora, vi sono due tipi di divisione.
Una è quella materiale, che si ha dividendo una quantità continua: e da questa sorge il numero, che è una delle specie in cui si suddivide la quantità.
E un simile numero non si dà che nelle cose materiali dotate di quantità.
L'altra è la divisione formale, che risulta da forme diverse e opposte: e conseguenza di questa divisione è la pluralità, la quale non è limitata a un genere, ma appartiene ai trascendentali, in quanto l'ente può essere uno e molteplice.
Ora, nelle realtà immateriali si trova solo questa pluralità.
Alcuni dunque, non badando se non alla pluralità che è una specie della quantità discreta, e vedendo che questa in Dio non c'è, dissero che i termini numerali in Dio non pongono, ma soltanto escludono qualcosa.
- Altri invece, avendo di mira questa stessa pluralità [ quantitativa ], affermarono che, come la scienza viene posta in Dio solo secondo la sua natura specifica, ma non secondo la natura del genere [ a cui appartiene ], dato che in Dio non esistono qualità, allo stesso modo si porrebbe in Dio il numero secondo la natura propria del numero, ma non secondo quella del genere a cui appartiene, cioè della quantità.
Noi invece diciamo che i termini numerici, in quanto vengono applicati a Dio, non derivano dal numero che forma una delle specie della quantità - perché allora verrebbero attribuiti a Dio solo in senso metaforico, come le altre proprietà dei corpi, quali la larghezza, la lunghezza e simili -, ma derivano dal numero preso come trascendentale.
Ora, tale numero sta alle cose a cui viene attribuito come l'uno che si identifica con l'ente sta all'ente.
Ma come si è detto sopra [ q. 11, a. 1 ] parlando dell'unità di Dio, l'unità non aggiunge all'ente altro che la negazione della divisione: poiché uno significa ente indiviso.
Quindi di qualsiasi cosa esso si predichi, significa che quella cosa è indivisa: come quando si dice che l'uomo è uno si intende che la sua natura o sostanza è indivisa.
E per la stessa ragione, quando si parla di un numero di cose, il numero così indicato significa quelle date cose e la loro rispettiva indivisione.
- Invece il numero che è una delle specie della quantità indica un determinato accidente che si aggiunge all'ente [ numerato ]; e così si dica dell'unità che è principio del numero.
Quindi in Dio i termini numerali significano le realtà a cui vengono attribuiti e non aggiungono altro che una negazione, come si è spiegato; e in ciò ha ragione il Maestro delle Sentenze.
Così quando diciamo che è una l'essenza, l'unità significa che l'essenza è indivisa; quando diciamo che è una la persona, [ l'unità ] significa la persona indivisa; quando poi diciamo: vi sono più persone, indichiamo le stesse persone e le loro rispettive indivisioni: poiché è proprio della molteplicità essere composta di unità.
1. L'unità, essendo uno dei trascendentali, è un termine più universale che sostanza e relazione: e lo stesso si dica della pluralità.
Quindi in Dio esso può indicare sia la sostanza che la relazione, secondo che viene aggiunto all'una o all'altra.
Tuttavia con questi termini [ unità e pluralità ], stante il loro significato proprio, viene aggiunta all'essenza e alla relazione una certa negazione della divisione, come si è spiegato [ nel corpo ].
2. La pluralità che nelle creature aggiunge qualcosa [ di accidentale ] è quella quantitativa, che non si applica a Dio: [ a Dio infatti si può applicare ] solo quella trascendentale, che alle cose a cui viene attribuita non aggiunge altro che l'indivisione di ciascuna.
E questa è la pluralità che viene attribuita a Dio.
3. L'unità non esclude la pluralità, ma la divisione, la quale concettualmente è prima dell'unità e della pluralità.
E la pluralità, a sua volta, non esclude l'unità, ma la divisione delle realtà che la compongono.
E di tutto ciò si è già trattato parlando dell'unità di Dio [ q. 11, a. 2, ad 4 ].
Bisogna però notare a questo punto che i testi portati in contrario non provano a sufficienza l'asserto, poiché sebbene sia vero che con la pluralità si esclude la solitudine e con l'unità la pluralità degli dèi, non ne segue tuttavia che con quei nomi si indichino solo tali negazioni.
Infatti dicendo bianco si esclude il nero, però col termine bianco non si indica soltanto l'esclusione del nero.
Indice |