Summa Teologica - I |
In 3 Sent., d. 14, a. 1, sol. 3; In 4 Sent., d. 49, q. 2, a. 1; De Verit., q. 8, a. 1; q. 10, a. 11; C. G., III, cc. 49, 51; IV, c. 7; Quodl., 7, q. 1, a. 1; Comp. Theol., c. 105, et part. 2, c. 9; In Ioan. c. 1, lect. 11; c. 14, lect. 2; In 1 Cor., c. 13, lect. 4; In Div. Nom., c. 1, lect. 1; In De Trin., q. 1, a. 2
Pare che l'essenza di Dio sia vista dall'intelletto creato per mezzo di una qualche immagine.
1. Sta scritto [ 1 Gv 3,2 ]: « Sappiamo che quando si sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è ».
2. Scrive S. Agostino [ De Trin. 9,11.16 ]: « Quando conosciamo Dio, si forma in noi una certa immagine di Dio ».
3. L'intelletto in atto è l'intelligibile in atto, come il senso in atto è il sensibile in atto.
Ora, ciò non accade se non perché il senso è informato dalla rappresentazione della realtà sensibile e l'intelletto dall'immagine della realtà intelligibile.
Se dunque Dio è visto in atto dall'intelletto creato, è necessario che sia visto mediante una qualche immagine.
S. Agostino [ De Trin. 15,9.15 ] osserva che quando l'Apostolo [ 1 Cor 13,12 ] dice: « Ora vediamo come in uno specchio e in enigma », « col nome di specchio e di enigma possiamo vedere designate dal medesimo Apostolo tutte le immagini capaci di farci conoscere Dio ».
Ma il vedere Dio per essenza non è una visione enigmatica o speculare, ma tutto al contrario.
Quindi la divina essenza non è vista per mezzo di immagini.
Per ogni visione, sia sensibile che intellettuale, si richiedono due cose, cioè la facoltà visiva e l'unione della cosa veduta con la vista: infatti non si dà visione attuale se non per il fatto che la cosa veduta è in qualche modo in colui che vede.
Ora, quanto alle realtà corporee è chiaro che la cosa vista non può essere in colui che vede con la sua essenza, ma soltanto con la sua immagine: come nell'occhio c'è la rappresentazione della pietra, per mezzo della quale si ha la visione in atto, ma non la sostanza stessa della pietra.
Se però si desse una realtà che nello stesso tempo fosse e causa della potenza visiva e oggetto visibile, colui che vede riceverebbe da essa necessariamente e la potenza visiva e la forma con la quale vedrebbe.
Ora, è chiaro che Dio è l'autore della facoltà intellettiva, e può essere insieme oggetto della nostra intelligenza.
E poiché la facoltà intellettiva della creatura non è l'essenza di Dio, resta che sia una somiglianza e una partecipazione di lui, che è la prima intelligenza.
Quindi anche la capacità intellettiva della creatura è detta luce intellettuale, come derivante dalla prima luce: sia che si tratti della capacità naturale, sia che si tratti di una perfezione sopraggiunta nell'ordine della grazia o della gloria.
Quindi nella facoltà conoscitiva si richiede per vedere Dio una certa immagine di Dio, tale che renda l'intelletto capace di vedere Dio.
Ma dalla parte dell'oggetto visibile, il quale necessariamente deve in qualche maniera unirsi al soggetto conoscente, è impossibile che l'essenza di Dio sia vista mediante una qualche immagine creata.
Prima di tutto perché in nessuna maniera, come dice Dionigi [ De div. nom. 1,1 ], si possono conoscere realtà superiori con immagini di realtà di ordine inferiore: come con l'immagine di un corpo non si può conoscere l'essenza di una realtà incorporea.
Molto meno quindi mediante una qualsiasi specie creata si può vedere l'essenza di Dio.
- In secondo luogo perché l'essenza di Dio è il suo stesso essere, come si è dimostrato sopra [ q. 3, a. 4 ]: la qual cosa non può competere ad alcuna forma creata.
Nessuna forma creata può dunque essere un'immagine capace di rappresentare l'essenza di Dio al soggetto che vede.
- In terzo luogo perché l'essenza divina è qualcosa di illimitato che contiene in sé in modo sovraeminente tutto ciò che può essere significato o inteso da un intelletto creato.
E ciò in nessuna maniera può essere rappresentato da una qualsiasi specie creata: poiché ogni forma creata è sempre determinata secondo un certo grado o di sapienza, o di potenza, o dell'essere stesso, o di altre cose simili.
Quindi dire che Dio è visto mediante qualche immagine equivale a dire che l'essenza di Dio non è vista in alcun modo: il che è falso.
Bisogna dunque concludere che per vedere l'essenza di Dio si richiede dalla parte della potenza visiva una certa somiglianza, cioè la luce della gloria, che rafforzi l'intelletto per la visione di Dio: della quale luce è detto nel Salmo [ Sal 36,10 ]: « Alla tua luce vediamo la luce ».
Però l'essenza di Dio non può essere vista mediante una qualche immagine creata che rappresenti questa divina essenza così come è in se stessa.
1. Quel testo si riferisce alla somiglianza che si ha con la partecipazione del lume di gloria.
2. S. Agostino qui parla della conoscenza che si ha di Dio nella vita presente.
3. L'essenza divina è lo stesso essere.
Come dunque le altre forme intelligibili che non sono il loro essere si uniscono all'intelletto mediante un determinato essere, col quale informano l'intelletto e lo attuano, così l'essenza divina si unisce all'intelletto creato come oggetto già attualmente intelligibile, ponendo così in atto l'intelletto per mezzo di se medesima.
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