Summa Teologica - I |
In 1 Sent., d. 33, q. 1, a. 2
Pare che in Dio non si debbano ammettere delle nozioni.
1. Dionigi [ De div. nom. 1,1 ] scrive: « Non si deve avere l'ardire di attribuire a Dio qualcosa all'infuori di ciò che è espresso nella Scrittura ».
Ma nella Scrittura non si fa cenno delle nozioni.
Quindi queste non vanno attribuite a Dio.
2. Tutto ciò che viene attribuito a Dio appartiene o all'unità dell'essenza o alla trinità delle persone.
Ora, le nozioni non appartengono né all'unità dell'essenza, né alla trinità delle persone.
Infatti non si predicano delle nozioni gli attributi dell'essenza, poiché non si dice che la paternità è sapiente o che crea; e neppure quelli delle persone: poiché non diciamo che la paternità genera o che la filiazione è generata.
Perciò le nozioni non vanno attribuite a Dio.
3. Essendo ciò che è semplice conosciuto per se stesso, non gli si devono attribuire dei termini astratti [ come le nozioni ], che sono [ soltanto ] mezzi per conoscere.
Ora, le persone divine sono semplicissime.
Non si devono quindi ammettere delle nozioni nella divinità.
Dice S. Giovanni Damasceno [ De fide orth. 3,5 ]: « Noi rileviamo la differenza delle ipostasi », cioè delle persone, « dalle tre proprietà della paternità, della filiazione e della processione ».
Quindi in Dio vanno ammesse le proprietà e le nozioni.
Il Prevostino, badando alla semplicità delle Persone divine, pensò che a Dio non si dovessero attribuire le nozioni, e dove le trovava prendeva l'astratto per il concreto: come infatti usiamo dire prego la tua benignità invece che [ prego ] te benigno, così quando si dice paternità in Dio si intenderebbe Dio Padre.
Però, come si è già dimostrato [ q. 3, a. 3, ad 1; q. 13, a. 1, ad 2 ], nel parlare di Dio non si pregiudica affatto alla sua semplicità con l'uso dei termini astratti e concreti, poiché noi denominiamo le cose nel modo in cui le conosciamo.
Ora, il nostro intelletto non può giungere alla semplicità divina considerata in se stessa, e quindi le realtà divine le apprende e le denomina secondo la sua natura, cioè al modo delle realtà sensibili dalle quali dipende il suo conoscere.
Ora in queste per indicare le sole forme usiamo termini astratti, mentre per indicare le realtà sussistenti usiamo termini concreti.
Quindi, come si è detto [ q. 3, a. 3, ad 1; q. 13, a. 1, ad 2 ], anche le realtà divine a motivo della loro semplicità le designamo con termini astratti, e a motivo della loro sussistenza e completezza con termini concreti.
È poi necessario esprimere all'astratto o al concreto non solo i termini essenziali, dicendo deità e Dio, o sapienza e sapiente, ma anche quelli personali, dicendo paternità e Padre.
E a questo ci obbligano principalmente due motivi.
Primo, le obiezioni degli eretici.
Infatti noi professiamo che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono un Dio solo e tre Persone; allora, come alla domanda: che cos'è che li fa essere un solo Dio?, si risponde che è la natura o deità, così si dovette ricorrere ad altri termini astratti per spiegare in forza di che cosa le persone si distinguono.
E tali sono appunto le proprietà o nozioni, espresse all'astratto, come la paternità e la filiazione.
Per questo in Dio la natura viene espressa come un quid [ o sostanza ], la persona invece come un quis [ o soggetto ] e la proprietà come un quo [ cioè come una forma ].
Secondo, perché in Dio una stessa persona, il Padre, si riferisce a due persone, cioè al Figlio e allo Spirito Santo.
Ora, non [ può farlo ] con una sola relazione: perché allora anche il Figlio e lo Spirito Santo si riferirebbero al Padre con una stessa relazione, e così ne seguirebbe che il Figlio e lo Spirito Santo non sarebbero due persone distinte, poiché le sole relazioni distinguono le persone della Trinità.
E non si può neppure dire con il Prevostino che, come Dio ha riferimento alle creature in un modo solo, mentre le creature si riferiscono a lui in modi diversi, così il Padre con un'unica relazione si riferisce al Figlio e allo Spirito Santo, mentre questi due si riferiscono a lui con due relazioni.
Infatti non si può dire che due relazioni sono specificamente diverse se nel termine correlativo corrisponde loro una sola relazione, dato che la relazione consiste essenzialmente nel suo riferirsi all'altro termine: è infatti necessario che le relazioni di padrone e di padre siano specificamente distinte secondo la diversità della servitù e della filiazione.
Ora, tutte le creature si riferiscono a Dio con la stessa relazione specifica, quella cioè di sue creature; invece il Figlio e lo Spirito Santo non si riferiscono al Padre con delle relazioni di identica natura: per cui non è la stessa cosa.
Di più, come si è già spiegato [ q. 28, a. 1, ad 3 ], non c'è motivo di porre che la relazione fra Dio e le creature sia reale; che poi quelle di ragione siano molte non presenta inconvenienti.
Invece la relazione del Padre al Figlio e allo Spirito Santo deve essere reale.
Per cui è necessario che alle due relazioni del Figlio e dello Spirito Santo verso il Padre corrispondano nel Padre due relazioni, una verso il Figlio e l'altra verso lo Spirito Santo.
Di conseguenza, essendo unica la persona del Padre, si dovettero indicare separatamente con termini astratti le relazioni, denominate appunto proprietà e nozioni.
1. Sebbene nella Sacra Scrittura non si parli delle nozioni, tuttavia vi si nominano le Persone, nelle quali queste nozioni si trovano come l'astratto nel concreto.
2. Le nozioni in Dio non stanno a indicare delle realtà concrete, ma [ soltanto ] delle forme ideali che servono a far conoscere le Persone, sebbene queste nozioni o relazioni esistano realmente in Dio, come si è spiegato [ q. 28, a. 1 ].
Quindi tutto quanto dice ordine a qualche atto essenziale o personale non può essere attribuito alle nozioni, poiché il significato particolare di queste ultime non lo comporta.
Per cui non si può dire che la paternità genera o crea, e neppure che è sapiente o intelligente.
Invece si possono attribuire alle nozioni gli attributi essenziali che non hanno uno stretto rapporto con un atto, ma escludono soltanto da Dio le condizioni delle creature: così possiamo dire che la paternità è eterna o immensa, e altre simili affermazioni.
E allo stesso modo, data la loro identità reale, i sostantivi personali o essenziali si possono predicare delle nozioni: infatti si può dire: la paternità è Dio, la paternità è il Padre.
3. Quantunque le Persone divine siano semplicissime, tuttavia, senza pregiudicare tale loro semplicità, si possono esprimere in termini astratti le ragioni [ o i costitutivi ] delle persone, come si è già detto [ nel corpo ].
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