Summa Teologica - I |
In 2 Sent., d. 1, q. 1, a. 2; C. G., II, c. 16; De Pot., q. 3, a. 1; Comp. Theol., c. 69; In 8 Phys., lect. 2
Pare che Dio non possa creare qualcosa.
1. Come riferisce Aristotele [ Phys. 1,4 ], i primi filosofi ritenevano come verità universalmente accettata da tutti che dal nulla non si produce nulla.
Ora, la potenza di Dio non si estende fino ad attuare cose contrarie ai primi princìpi: p. es. Dio non potrebbe fare che il tutto non sia maggiore della parte, o che l'affermazione e la negazione [ di una data cosa ] siano ugualmente vere.
Quindi Dio non può fare una cosa dal nulla, cioè creare.
2. Se creare è fare qualcosa dal nulla, essere creato è un certo essere fatto o divenire.
Ma ogni divenire è mutare.
Quindi la creazione è una mutazione.
Ma ogni mutazione appartiene a un soggetto, come appare dalla definizione del moto [ cf. Phys. 3,1 ]: il moto è l'atto di un ente che è in potenza.
Perciò non è possibile che Dio faccia una cosa dal nulla.
3. Ciò che è stato fatto è necessario che una volta sia stato in divenire.
Ma non si può dire che nello stesso istante la creatura venga fatta e sia già fatta: poiché una sostanza che è in divenire non esiste ancora, mentre quella che è stata fatta esiste già; altrimenti nello stesso istante una cosa esisterebbe e non esisterebbe.
Se dunque una cosa viene fatta, il suo venir fatta precede l'essere già fatta.
Ma ciò non è possibile se non preesiste un soggetto nel quale si operi il divenire stesso.
Quindi è impossibile che una cosa sia fatta dal nulla.
4. Non si può percorrere una distanza infinita.
Ma tra l'essere e il nulla c'è una distanza infinita.
Quindi non è possibile che una cosa venga prodotta dal nulla.
Si dice nella Genesi [ Gen 1,1 ]: « In principio Dio creò il cielo e la terra ».
Non solo non è impossibile che Dio crei qualcosa, ma è necessario affermare che tutte le cose sono state create da Dio, come risulta da quanto precede.
Infatti chi produce una cosa da un'altra non produce, con la sua operazione, quanto è presupposto dall'operazione stessa: come l'artigiano opera con i prodotti della natura, p. es. con il legno e col rame, che non sono causati dall'operazione dell'arte, ma dalla natura.
E la stessa natura produce le cose naturali solo quanto alla forma, ma presuppone la materia.
Se dunque Dio non potesse operare senza qualche presupposto, ne verrebbe che quel presupposto non sarebbe causato da lui.
Invece sopra [ q. 44, aa. 1,2 ] si è dimostrato che nulla può esistere nella realtà che non sia creato da Dio, il quale è la causa universale di tutto l'essere.
Quindi è necessario affermare che Dio produce le cose dal nulla.
1. I primi filosofi, come si già detto [ q. 44, a. 2 ], non consideravano altro che la derivazione di determinati effetti dalle loro cause particolari, le quali necessariamente presuppongono qualcosa alla loro azione: per questo si aveva tra loro la comune persuasione che dal nulla non deriva nulla.
Ma l'assioma non è al suo posto quando si tratta della prima emanazione della realtà dal primo principio universale delle cose.
2. La creazione è una mutazione solo secondo il nostro modo di intendere.
E in realtà il concetto di mutamento implica che una stessa cosa si trovi a un certo momento in condizioni diverse da quelle di prima: infatti talora è un identico essere attuale che viene a trovarsi successivamente in condizioni diverse, come nelle mutazioni di quantità, di qualità e di luogo; altre volte invece l'essere identico è solo potenziale, come nelle mutazioni sostanziali, il cui soggetto è la materia.
Ma nella creazione, per mezzo della quale si produce l'intera sostanza dell'essere, non è possibile determinare qualcosa che a un dato momento possa trovarsi in condizioni diverse da quelle di prima se non per un gioco della nostra intelligenza: come se uno supponesse che una data cosa, prima non esistente affatto, venga all'esistenza in un secondo momento.
Ma poiché l'azione e la passione si identificano nell'unica realtà del moto o mutazione, e differiscono soltanto per le opposte relazioni, come dice Aristotele [ Phys. 3,3 ], se togliamo il moto non troveremo nel Creatore e nella creatura altro che relazioni diverse.
- Ma dato che il modo di esprimersi segue il modo di intendere, come già si disse [ q. 13, a. 1 ], la creazione viene espressa alla maniera delle mutazioni, e per questo si dice che creare è fare qualcosa dal nulla.
Però in questo caso fare ed essere fatto sono termini più adatti che mutare ed essere mutato, poiché fare ed essere fatto esprimono direttamente la relazione della causa al suo effetto e dell'effetto alla causa, e solo indirettamente implicano l'idea di mutazione.
3. Per quanto viene prodotto senza [ le fasi successive del ] moto, venire fatto ed essere già fatto sono tutt'uno: sia che la produzione si presenti quale termine di un moto, come l'illuminazione ( infatti un oggetto è illuminato nello stesso istante in cui viene illuminato ), sia che non si presenti come termine di un moto: come ad es. un verbo mentale nell'istante in cui si forma è già formato.
E in tali casi ciò che viene fatto [ semplicemente ] è; ma quando si dice che viene fatto si vuol dire che deriva da altro, e che prima non esisteva.
Siccome quindi la creazione avviene senza moto, una cosa nel medesimo istante in cui viene creata è già creata.
4. La obiezioni deriva da una falsa supposizione, come se tra il nulla e l'ente ci fosse realmente di mezzo un infinito: il che è evidentemente falso.
E questa fallace supposizione nasce dal fatto che si parla della creazione come se fosse un passaggio da un termine a un altro.
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