Summa Teologica - I |
In 2 Sent., d. 12, q. 1a. 1, C. G., II, c. 16; Opusc. 15, De Angelis, c. 8; In 1 De caelo, lect. 6
Pare che la materia informe di tutti i corpi sia una sola.
1. Dice S. Agostino [ Conf. 12,12 ]: « Trovo due realtà che tu hai fatto ( o Signore ): una che era dotata di forma, l'altra che ne era priva »; e aggiunge che quest'ultima era « la terra invisibile e caotica », che starebbe a indicare la materia degli esseri corporei.
È dunque unica la loro materia.
2. Secondo il Filosofo [ Met. 5,6 ] « quegli esseri che hanno comune il genere, hanno comune la materia ».
Ma tutti gli esseri materiali coincidono nel genere di corpo.
Quindi la loro materia è unica.
3. Atti diversi si realizzano in potenze diverse, e un identico atto in un'unica potenza.
Ma tutti i corpi hanno una forma unica, che è la corporeità.
Avranno quindi una materia unica.
4. La materia, presa per se stessa, non è che un ente in potenza, mentre la distinzione degli enti viene dalla forma.
Se dunque prendiamo la materia in se stessa, dovrà essere unica per tutti i corpi.
Gli enti che hanno in comune la materia sono trasformabili a vicenda, e si influenzano pure a vicenda, come dice Aristotele [ De Gen. et corr. 1, cc. 6,7 ].
Ma ciò non si verifica tra i corpi celesti e quelli terrestri.
Quindi la loro materia non è identica.
Su questo argomento i filosofi ebbero opinioni diverse.
Platone e tutti i filosofi anteriori ad Aristotele pensarono che tutti quanti i corpi partecipano della natura dei quattro elementi.
E siccome questi hanno una materia comune, come dimostra la loro reciproca generazione e corruzione, ne seguiva l'unità di materia per tutti.
Il fatto poi che alcuni di essi siano incorruttibili veniva attribuito da Platone [ Timaeus 13 ] non alla condizione della materia, ma alla volontà dell'Artefice, cioè a Dio, che egli fa quasi parlare così ai corpi celesti: « Voi siete dissolubili per la vostra natura, ma indissolubili per mia volontà, essendo questa più forte del vostro legame ».
Aristotele invece [ De caelo 1, cc. 2,3 ] respinge questa teoria, partendo dal moto naturale dei corpi.
Se infatti i corpi celesti hanno un moto naturale diverso da quello degli elementi, ne viene che anche la loro natura è diversa.
E come il movimento circolare, che è caratteristico dei corpi celesti, non ha un moto contrario, mentre i moti degli elementi sono contrari fra di loro, p. es. quello ascendente e quello discendente, così i corpi celesti mancano di contrarietà, a differenza dei corpi elementari.
Inoltre, siccome la decomposizione e la generazione provengono da princìpi contrari, ne deduciamo che i corpi celesti sono incorruttibili per natura, mentre non lo sono gli elementi.
Tuttavia, nonostante questa differenza di corruttibilità e di incorruttibilità, Avicebron pose una materia unica per tutti i corpi, avuto appunto riguardo all'unità della forma corporea.
- Ora, se questa forma della corporeità fosse una forma essenziale perfetta, alla quale poi si aggiungessero le altre forme che distinguono i vari corpi, l'argomento sarebbe valido.
Infatti una forma siffatta sarebbe unita per sempre alla materia, cosicché ogni corpo verrebbe a essere, in rapporto ad essa, incorruttibile: poiché la corruzione avverrebbe soltanto relativamente alle forme successive; nel qual caso si avrebbe una corruzione non in senso assoluto, ma relativo, in quanto ché sotto la privazione [ della forma ] rimarrebbe un ente in atto.
Ciò che si verificava per gli antichi Naturalisti, i quali supponevano un ente in atto quale sostrato dei corpi, p. es. il fuoco, l'acqua, o qualcosa di simile.
Supponendo invece che nessuna forma di corpo corruttibile rimanga come sostrato della generazione e della corruzione [ dei corpi ], ne segue per forza che non è identica la materia dei corpi corruttibili e di quelli incorruttibili.
Infatti la materia, presa per quello che è in se stessa, è in potenza alla forma.
Quindi la materia come tale deve essere in potenza a ricevere la forma di tutti quegli enti che hanno una materia comune.
Ma con una determinata forma essa viene attuata soltanto in ordine a quella forma.
Quindi rimane in potenza a tutte le altre.
- Né fa eccezione il fatto che una di tali forme sia più perfetta e contenga virtualmente in sé altre forme, poiché la potenza è, per se stessa, indifferente alla perfezione e all'imperfezione: per cui, come la materia è in potenza a ricevere la forma perfetta quando si trova sotto quella imperfetta, così è vero l'inverso.
- Perciò la materia attuata dalla forma di un corpo incorruttibile sarà sempre in potenza a ricevere la forma di un altro corpo corruttibile.
E se ancora non la possiede, sarà simultaneamente sottoposta a una forma e alla privazione [ dell'altra forma possibile ], non essendo la privazione altro che la mancanza di una forma in ciò che ha la possibilità di averla.
Ma questa condizione è proprio quella dei corpi corruttibili.
È dunque impossibile l'identità di materia tra questi corpi e quelli che, per natura, sono incorruttibili.
Né si può dire, come immagina Averroè [ De subst. orbis 2 ], che lo stesso corpo celeste sarebbe la materia del cielo, ente in potenza alla posizione spaziale ma non all'essere, e la sua forma sarebbe una sostanza spirituale, ad esso unita a guisa di motore.
Non è infatti possibile concepire un ente in atto che non sia o soltanto atto e forma, oppure non abbia un atto o una forma.
Prescindendo dunque da quella sostanza spirituale che ne sarebbe il motore, il corpo celeste, se non avesse una forma, se cioè non fosse composto della forma e del sostrato di quella forma, sarebbe esclusivamente forma e atto.
Ora, ogni entità siffatta è intelligibile in atto; il che non si può dire dei corpi celesti, che sono realtà sensibili.
Siamo perciò costretti a dire che la materia dei corpi celesti, considerata in se stessa, è in potenza soltanto alla forma che possiede.
E per ora non importa che cosa sia questa [ forma ]: o anima o qualsiasi altra cosa.
Quindi la forma attua la loro materia in modo tale che la materia non è più in potenza rispetto all'essere, ma solo rispetto alla posizione spaziale, come dice Aristotele [ Met. 12,2 ].
Ne concludiamo così che la materia dei corpi celesti e quella degli elementi non sono identiche, a meno che non vogliamo parlare in senso analogico, in quanto ambedue hanno il carattere di potenza.
1. Nel passo riportato S. Agostino segue l'opinione di Platone, il quale non ammette la quinta essenza.
- O si può anche dire che la materia informe ha una certa unità di ordine, come tutti i corpi godono di una certa unità nell'ordinamento dell'universo materiale.
2. Se consideriamo il genere da un punto di vista fisico i corpi corruttibili e quelli incorruttibili non appartengono allo stesso genere, per la natura diversa della loro potenza, come afferma Aristotele [ Met. 10,10 ].
Sul piano logico invece è unico il genere di tutti i corpi, per l'unico carattere della corporeità.
3. La forma della corporeità non è unica per tutti i corpi: essa infatti non è altra cosa da quelle forme che distinguono i corpi, come si è visto [ nel corpo dell'articolo ].
4. La potenza viene concepita in ordine all'atto, per cui l'ente in potenza sarà diverso secondo l'ordine che avrà a un atto diverso: la vista, p. es., [ viene concepita in ordine ] al colore, e l'udito al suono.
Quindi la materia del corpo celeste sarà diversa da quella del corpo elementare, non essendo in potenza alla forma degli elementi.
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