Summa Teologica - I |
Articolo unico
Supra, q. 70, a. 1
Pare che la sua narrazione sia inaccettabile.
1. Gli animali terrestri, come gli uccelli e i pesci, posseggono un'anima vivente, ma non si identificano affatto con la loro anima.
Non è quindi ben detto: « Produca la terra anime viventi », ma si doveva dire: « Produca la terra i quadrupedi dall'anima vivente ».
2. In una buona divisione non si contrappone il genere alla specie.
Ma sia i giumenti che le bestie vengono annoverati nel genere dei quadrupedi.
Perciò non è giusto distinguere i quadrupedi in giumenti e bestie.
3. L'uomo, alla pari degli altri animali, appartiene a un determinato genere e a una determinata specie.
Ma nella creazione dell'uomo non si ricorda né il suo genere né la sua specie.
Lo stesso dunque si doveva fare per gli altri animali, senza dire: « nel loro genere » e « nella loro specie ».
4. Gli animali terrestri assomigliano all'uomo, che si dice benedetto da Dio più degli uccelli e dei pesci.
Ora, come si dice che questi ultimi furono benedetti [ da Dio ], a maggior ragione si doveva dirlo di quegli altri animali.
5. Certi animali hanno origine dalla putrefazione, che è una specie di corruzione.
Ma la corruzione disdice alla prima formazione degli esseri.
Quindi gli animali non dovevano essere prodotti nella prima istituzione delle cose.
6. Esistono degli animali velenosi e nocivi all'uomo.
Ma nulla doveva nuocere all'uomo prima del suo peccato.
Quindi tali animali o non dovevano assolutamente essere creati da Dio, autore di [ ogni ] bene, oppure non dovevano essere creati prima del peccato.
Basta l'autorità della Scrittura [ Gen 1,24ss ].
Come l'abbellimento del corpo intermedio [ acqua e aria ] viene compiuto nel giorno quinto, che corrisponde al secondo, così l'ultimo dei corpi, cioè la terra, viene adornato nel sesto giorno, che corrisponde al terzo, mediante la produzione degli animali terrestri: per cui in questi due giorni si fa menzione della terra.
- Anche qui però S. Agostino [ De Gen. ad litt. 5,5.12 ] pensa che gli animali terrestri siano stati prodotti allo stato potenziale, mentre gli altri Santi [ Dottori ] stanno per una produzione in atto.
1. Dal modo di parlare della Scrittura, come dice S. Basilio [ In Hexaem hom. 8 ], si può arguire quale sia il grado di vita che riscontriamo nei vari viventi.
Le piante infatti hanno una vita imperfettissima e occulta.
Quindi nella loro produzione non si fa menzione alcuna della vita, ma soltanto della loro generazione: poiché è in ordine a questa che si trova in esse l'atto vitale.
Infatti la nutrizione e la crescita servono alla generazione, come vedremo [ q. 78, a. 2 ].
- Tra gli animali poi, quelli terrestri sono considerati comunemente più perfetti dei volatili e dei pesci, non perché i pesci manchino di memoria, come afferma S. Basilio [ l. cit. ], contraddetto da S. Agostino [ De Gen. ad litt. 3,8.11 ], ma per la complessità delle membra e per la perfezione della generazione ( invece per certe industrie particolari sono maggiormente forniti alcuni animali imperfetti, come le api e le formiche ).
Quindi la Scrittura non chiama i pesci « animali viventi », ma « nuotanti dall'anima vivente »; chiama invece « anime viventi » gli animali terrestri, appunto per la perfezione della loro vita: come per dire che i pesci sono corpi che hanno un poco di anima, mentre gli animali terrestri sono come tante anime che dominano il corpo, data la perfezione della loro vita.
- Il grado più perfetto della vita si ha però nell'uomo.
E per questa ragione non dice che la vita dell'uomo proviene dalla terra o dall'acqua, come per gli altri animali, ma da Dio.
2. Per giumenti e bestiame si intendono gli animali domestici, che in qualche maniera servono all'uomo.
Mentre la parola bestie indica gli animali feroci, quali gli orsi e i leoni. Invece il termine rettili significa quegli animali che non hanno piedi per sollevarsi da terra, come i serpenti, oppure li hanno piccoli per alzarsi appena, come le lucertole e le tartarughe.
Essendovi però alcuni animali che non appartengono a nessuna di queste categorie, come i cervi e i caprioli, volendo fare entrare anche questi [ la Scrittura ] aggiunge la parola quadrupedi.
- Oppure [ si può pensare che ] quest'ultima parola fu premessa per indicare il genere, aggiungendo poi le altre come specie, poiché vi sono dei rettili quadrupedi, come le lucertole e le tartarughe.
3. Per gli altri animali e per le piante viene ricordato il genere e la specie allo scopo di indicare che la loro generazione spetta a esseri consimili.
Questo però non era necessario notarlo per l'uomo, poiché si può intuire che è riferito anche a lui quanto era stato già detto degli altri.
- Oppure per indicare così che gli animali e le piante sono prodotti nel loro genere e nella loro specie in quanto situati a una grande distanza dall'immagine di Dio, mentre l'uomo è detto formato « a immagine e somiglianza di Dio ».
4. La benedizione di Dio conferisce il potere di moltiplicarsi mediante la generazione.
Quindi l'affermazione fatta per gli uccelli e i pesci, che furono i primi a comparire, non fu necessario ripeterla per gli animali terrestri, essendo sottintesa.
- Per gli uomini invece viene ripetuta in quanto essi hanno speciali ragioni per moltiplicarsi: sia per completare il numero degli eletti, sia perché «nessuno asserisse, come osserva S. Agostino [ De Gen. ad litt. 3,13.21 ], che vi è peccato nella procreazione dei figli ».
- Le piante poi « non hanno affetto di sorta nella propagazione della prole, ma generano senza traccia di sentimento: perciò non furono giudicate degne di benedizione » [ De Gen. ad litt. 3,13.21 ].
5. La generazione di un corpo implica sempre la decomposizione di un altro, poiché i corpi più nobili nascono dalla decomposizione dei corpi meno nobili: perciò la generazione non contrasta con la prima origine delle creature
Si potevano dunque generare anche allora gli animali che nascono dalla decomposizione delle realtà inanimate e delle piante.
Invece quegli esseri che provengono dalla putrefazione degli animali poterono essere prodotti allora solo virtualmente.
6. Come dice S. Agostino [ Contra Manich. 1,16.20 ], « quando un profano entra nell'officina di un artigiano vi scorge molti strumenti di cui ignora lo scopo, e se è molto sciocco li ritiene superflui.
Se poi incautamente casca in una fornace, o si taglia con un ferro aguzzo, pensa che lì vi siano molte cose nocive per lui, mentre l'operaio che ne sa l'uso deride la sua ignoranza.
E così anche in questo mondo alcuni criticano molte cose di cui ignorano le cause.
Ve ne sono molte infatti che non sono necessarie alla nostra casa, ma completano la perfezione dell'universo ».
Quanto all'uomo, prima del peccato egli avrebbe usato rettamente delle cose del mondo: quindi gli animali velenosi non lo avrebbero danneggiato.
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