Summa Teologica - I

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Articolo 13 - Se la coscienza sia una facoltà

In 2 Sent., d. 24, q. 2, a. 4; De Verit., q. 17, a. 1

Pare che la coscienza sia una facoltà.

Infatti:

1. Dice Origene [ In Rm 2,15 ] che la coscienza « è lo spirito correttore e il pedagogo che accompagna l'anima per allontanarla dal male e affezionarla al bene ».

Ma la parola spirito designa nell'anima una potenza; oppure la mente stessa, come in quel passo [ Ef 4,23 ]: « Rinnovatevi nello spirito della vostra mente »; oppure l'immaginazione, dato che la visione immaginaria è detta anche « spirituale », come risulta da S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12, cc. 7,24 ].

La coscienza è dunque una facoltà.

2. Il soggetto del peccato non può essere che una facoltà dell'anima.

Ma la coscienza è soggetto del peccato, poiché sta scritto [ Tt 1,15 ] di alcuni: « sono contaminate la loro mente e la loro coscienza ».

Pare quindi che la coscienza sia una facoltà.

3. È necessario che la coscienza sia o un atto, o un abito, o una facoltà.

Ma essa non è un atto, poiché non sarebbe permanente nell'uomo.

E neppure è un abito, perché in tal caso la coscienza non sarebbe dotata di unità, ma sarebbe un insieme di più cose: infatti noi facciamo uso di molti abiti conoscitivi nelle nostre azioni.

Quindi la coscienza è una facoltà.

In contrario:

La coscienza può essere messa da parte, non invece le potenze: quindi essa non è una potenza.

Dimostrazione:

Propriamente parlando la coscienza non è una facoltà, ma un atto.

E ciò risulta sia dal significato della parola, sia da quelle funzioni che sono ad essa attribuite nel comune modo di parlare.

Coscienza, infatti, stando al significato proprio della parola, include un ordine della conoscenza a qualcosa: infatti coscientia deriva da cum alio scientia [ scienza unita ad altro ].

Ora, ci vuole un atto per applicare la scienza a qualcosa.

Stando quindi al significato della parola, è chiaro che la coscienza è un atto.

E la stessa cosa appare anche dalle funzioni che vengono attribuite alla coscienza.

Infatti si dice che la coscienza attesta, impedisce, incita, come pure che accusa, rimorde e riprende.

E tutto ciò proviene dall'applicazione di una nostra cognizione o scienza alle nostre azioni.

Ora, questa applicazione avviene in tre modi.

Primo, riconoscendo di aver fatto o di non aver fatto un'azione, secondo quel detto della Scrittura [ Qo 7,23 ]: « La tua coscienza [ il tuo cuore ] sa che anche tu hai detto tante volte male degli altri ».

E in questo caso diciamo che la coscienza attesta.

Secondo, giudicando con la nostra coscienza di dover fare o di non dover fare una data cosa: e in questo caso si dice che la coscienza incita o trattiene.

Terzo, giudicando con la coscienza se una data azione è stata fatta bene o male: e allora si dice che essa scusa, oppure che accusa o rimorde.

Ora, è evidente che tutte queste cose dipendono dall'applicazione attuale della scienza alle nostre azioni.

Quindi, a parlare propriamente, la coscienza indica un atto.

Siccome però l'abito è il principio [ immediato ] dell'atto, a volte il termine coscienza viene attribuito al primo abito naturale, cioè alla sinderesi: e così fanno S. Girolamo [ Glossa su Ez 1,6 ], che la chiama appunto sinderesi, S. Basilio [ Hom. 12 in princ. Prov. ], che la chiama criterio naturale, e il Damasceno [ De fide orth. 4,22 ], che la considera come la legge della nostra intelligenza.

Infatti si è soliti denominare gli effetti con i nomi delle loro cause, e viceversa.

Analisi delle obiezioni:

1. La coscienza viene chiamata spirito in quanto spirito sta per mente, poiché la coscienza è come un dettame della mente.

2. La contaminazione si trova nella coscienza non come nel suo soggetto, ma come una cosa conosciuta si trova nella conoscenza, in quanto cioè uno sa di essere contaminato.

3. Sebbene l'atto non sia sempre permanente in se stesso, tuttavia perdura sempre nelle sue cause, che sono la potenza e l'abito.

E benché siano molti gli abiti da cui è influenzata la coscienza, pure essi traggono tutti l'efficacia da un primo abito, cioè dall'abito dei primi princìpi, che è chiamato sinderesi.

Per cui talvolta questo abito in modo speciale viene chiamato coscienza, come si è spiegato [ nel corpo ].

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