La Genesi alla lettera

Indice

Libro XII

5.13 - Si discute se il cielo fosse corpo o spirito

Cos'è dunque, [ o Paolo ] ciò che tu sai e distingui da ciò che ignori, affinché quanti a te credono non siano ingannati?

So - dice - che quell'uomo fu rapito fino al terzo cielo. ( 2 Cor 12,2 )

Ma quel cielo o era un corpo o era uno spirito.

Se era un corpo e fu visto con gli occhi del corpo, perché mai allora Paolo sa che è quel cielo ma non sa d'averlo visto con il corpo?

Se invece era spirito, o gli fu presentata l'immagine d'un corpo - e allora resta tanto l'incertezza se fosse un corpo, quanto l'incertezza se lo vedesse con il corpo - oppure fu visto come è vista con la mente la sapienza senza bisogno di nessuna immagine corporea e tuttavia [ in tal caso ] è certo che non si sarebbe potuto vedere per mezzo del corpo.

Perciò tutte e due le cose o sono vere o sono incerte; oppure come mai può esser certo ciò che fu visto, incerto invece il mezzo con cui fu visto?

È evidente che Paolo non poté vedere una natura incorporea per mezzo del corpo.

I corpi, al contrario, anche se non possono vedersi senza le loro qualità corporee visibili, vengono visti di certo per mezzo del corpo ma in modo assolutamente diverso - se c'è una visione di tal sorta -.

Per conseguenza sarebbe strano che quest'altra sorta di visione potesse assomigliare così perfettamente a una visione oculare da trarre in inganno l'Apostolo o costringerlo a dubitare fino al punto che, avendo visto il cielo corporeo in modo diverso da quello che si vede con gli occhi del corpo, potesse dire d'essere incerto se lo vide con il corpo o fuori del corpo.

5.14 - Diversi modi di ratti estatici

Poiché dunque l'Apostolo che si preoccupò tanto di precisare che cosa sapeva e che cosa non sapeva, non avrebbe potuto mentire, non ci resta forse altro se non intendere che l'oggetto della sua ignoranza era il seguente: se cioè mentre era rapito al cielo egli era nel suo corpo - come l'anima dell'uomo è nel corpo quando si dice che il corpo è in vita ma l'anima è estraniata dai sensi del corpo mentre è sveglio o dorme o è in estasi - o se realmente era fuori del corpo in modo che questo restava nella morte finché - al termine di quella visione - l'anima si sarebbe riunita alle sue membra esanimi.

In tal caso egli non si sarebbe svegliato come uno che si desta dal sonno né sarebbe tornato a [ percepire con ] i propri sensi come uno dopo essere stato rapito in estasi, ma sarebbe tornato veramente a vivere di nuovo dopo essere morto.

Per conseguenza ciò che Paolo vide quando fu rapito al terzo cielo - e afferma anche di sapere - lo vide nella sua realtà e non sotto un'immagine.

Egli però era incerto se il rapimento fuori del corpo lasciò il suo corpo veramente morto o se la sua anima vi restò sempre in qualche modo presente come essa si trova in un corpo vivente finché la sua mente sarebbe stata rapita per vedere e udire i segreti ineffabili della visione; ecco perché, forse, egli afferma: Se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio. ( 2 Cor 12,2 )

6.15 - Le tre specie di visioni indicate in un sol precetto

Ora, gli oggetti che sono visti non già in immagine ma nella realtà, anche se non sono visti per mezzo del corpo, sono visti con una visione superiore a tutte le altre.

Per quanto Dio mi aiuterà, cercherò di spiegare queste differenti specie di visioni.

Quando leggiamo quest'unico precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso, ( Mt 22,39 ) incontriamo tre specie di visioni: una per mezzo degli occhi con cui vediamo le lettere; la seconda per mezzo dello spirito umano con cui c'immaginiamo il prossimo anche quando è assente; la terza mediante un'intuizione intellettiva con cui si vede l'amore stesso mediante l'intelligenza.

Di queste tre specie di visioni la prima è manifesta a tutti poiché per mezzo di essa vediamo il cielo e la terra e tutto ciò che in essi cade sotto i nostri occhi.

Quanto alla seconda specie di visione con cui ci rappresentiamo realtà materiali assenti non è difficile far capire in che consista, poiché noi ci rappresentiamo il cielo e la terra e tutto ciò che in essi possiamo vedere anche stando nell'oscurità.

In questo caso però noi non vediamo nulla con gli occhi del corpo e tuttavia con l'anima vediamo delle immagini corporee - siano esse vere immagini rappresentanti corpi da noi visti e che ancora riteniamo nella memoria, oppure immagini fittizie come può formarle l'immaginazione.

L'immagine, che ho in mente, di Cartagine, che io conosco, è diversa da quella, che mi formo, di Alessandria, che io non conosco.

La terza specie di visioni, per cui vediamo intellettivamente l'amore, comprende le realtà che non hanno immagini simili o identiche a se stesse.

Per esempio un uomo, un albero, il sole e qualunque altro corpo celeste o terrestre, se sono presenti, sono visti nella forma loro propria; se invece sono assenti, vengono resi presenti allo spirito per mezzo d'immagini impresse nell'anima.

Vi sono due modi di vedere realtà di tal genere: l'una per mezzo dei sensi del corpo, l'altra per mezzo dello spirito in cui sono contenute le immagini.

L'amore, al contrario, è forse visto in un modo quando è presente nella sua forma specifica, e diversamente quando è assente in qualche immagine che gli rassomiglia? No, di certo.

Ma per quanto l'amore può essere visto dall'anima intellettiva, uno lo vede più chiaramente e un altro meno; se invece noi ce lo rappresentiamo con una sorta d'immagine corporea, esso non è [ affatto ] l'amore che noi vediamo.

7.16 - Visioni corporali ( sensibili ), spirituali, intellettive

Queste sono tre specie di visioni, di cui abbiamo detto qualcosa anche nei libri precedenti, a seconda che l'argomento pareva esigerlo, senza tuttavia menzionarne il numero.

Ora, dopo averle spiegate brevemente, poiché la questione che trattiamo ne esige una discussione un po' più diffusa, dobbiamo denotarle ciascuna con un termine determinato e appropriato per non perdere tempo in continue circonlocuzioni.

La prima dunque la chiameremo "visione corporea", poiché è percepita dal corpo ed è presentata ai sensi del corpo; la seconda la chiameremo "visione spirituale", poiché tutto ciò che non è corpo e tuttavia è qualcosa, si chiama appunto - e giustamente - spirito, e certamente l'immagine di un corpo assente, benché sia simile a un corpo, non è un corpo e non lo è più dell'atto della visione con cui è percepita.

La terza la chiameremo "visione intellettuale", poiché proviene dall'intelletto e sarebbe illogico chiamarla - ricorrendo a un neologismo - "mentale" con il pretesto ch'è percepita dalla mente.

7.17 - Una cosa può essere chiamata corporale o in senso proprio o in senso figurato

Se volessi dare una ragione più esatta di questi termini, sarebbe necessario un discorso più lungo e più intricato, mentre è poco o per nulla necessario.

Basta dunque sapere che una cosa è detta "corporea" o nel senso proprio quando si tratta di corpi, o in senso figurato, come nell'espressione: Poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità. ( Col 2,9 )

In effetti la divinità non è un corpo ma, poiché Paolo chiama ombra delle realtà future ( Col 2,17 ) le pratiche religiose dell'Antico Testamento, usando l'analogia delle ombre [ del mondo fisico ], dice che la pienezza della divinità abita "corporalmente" in Cristo, poiché in lui si compie tutto ciò ch'era prefigurato da quelle ombre e così, in un certo senso Cristo è l'incarnazione di quelle ombre, cioè la realtà di quelle figure e di quei simboli.

Allo stesso modo quindi che quelle figure sono chiamate "ombre" con un termine preso in senso figurato anziché in senso proprio, così anche quando dice che la pienezza della divinità abita "corporalmente" in Cristo, usa un termine in senso figurato.

7.18 - Diversi sensi del termine "spirituale"

Il termine "spirituale" si usa in diversi sensi.

Per esempio anche il nostro corpo, nello stato in cui sarà nella risurrezione dei santi è chiamato "spirituale" dall'Apostolo allorché dice: Si semina un corpo naturale, risorgerà un corpo spirituale, ( 1 Cor 15,44 ) poiché in modo meraviglioso, per la sua completa speditezza e incorruttibilità, sarà sottomesso allo spirito e senza alcun bisogno di alimenti corporali sarà vivificato solo dallo spirito, ma non perché avrà una sostanza incorporea.

Per di più il corpo, come l'abbiamo adesso, non ha l'essenza di un'anima e non può essere identificato con l'anima anche se viene chiamato "animale".

Anche l'aria della nostra atmosfera o il vento - che è il moto dell'aria - si chiama ugualmente "spirito", com'è detto nel Salmo: Fuoco, grandine, neve, ghiaccio, spirito della bufera. ( Sal 148,8 )

Si chiama "spirito" anche lo spirito dell'uomo e delle bestie, come dice la sacra Scrittura: Chi sa se lo spirito dell'uomo sale in alto e quello della bestia scende in basso nella terra? ( Qo 3,21 )

Si chiama "spirito" la stessa mente razionale, in cui c'è - per così dire - un occhio dell'anima, a cui spetta l'immagine e la conoscenza di Dio.

Ecco perché l'Apostolo dice: Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestitevi dell'uomo nuovo, quello creato secondo Dio, ( Ef 4,23-24 ) mentre in un altro passo parla dell'uomo interiore che si rinnova per la conoscenza di Dio a immagine del suo Creatore. ( Col 3,10 )

Così pure, dopo aver detto: Io quindi con la mente servo la legge di Dio, con la carne invece servo la legge del peccato, ( Rm 7,25 ) in un altro passo, ripetendo questo stesso concetto, dice: La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito, sicché voi non fate quel che vorreste; ( Gal 5,17 ) e così ciò, che chiama "mente", lo chiama anche "spirito".

Viene chiamato "spirito" anche Dio, come afferma il Signore nel Vangelo: Dio è spirito e quelli che l'adorano devono adorarlo in spirito e verità. ( Gv 4,24 )

8.19 - La visione spirituale

Da nessuno di questi sensi summenzionati, in cui è usato il termine "spirito", abbiamo preso quello per denotare come "spirituale" la specie di visione di cui stiamo ora trattando, ma l'abbiamo preso dall'uso singolare del termine, che troviamo nella Lettera ai Corinti, ove lo "spirito" è distinto dalla "mente" in un testo chiaro quant'altri mai: Se infatti pregherò in una lingua - è detto - il mio spirito prega ma la mia intelligenza resta senza frutto. ( 1 Cor 14,14 )

In questo passo il termine "lingua" dev'essere intesa nel senso che si riferisce a espressioni di significato oscuro e mistico che non edificano alcuno se si toglie loro la comprensione che ne ha la mente, poiché non si comprende ciò che si ode.

Per conseguenza Paolo dice anche: Chi parla in una lingua, non parla agli uomini ma a Dio, poiché nessuno intende mentre lo spirito dice cose misteriose. ( 1 Cor 14,2 )

Paolo dunque indica assai chiaramente che in questo passo parla d'una sorta di lingua in cui sono dei segni, cioè, per così dire, delle immagini e somiglianza delle cose, che per esser compresi hanno bisogno d'essere intuiti dalla mente, e quando non sono compresi, Paolo dice che questi segni sono nello spirito e non già nella mente.

Egli quindi dice più chiaramente: Se tu benedirai Dio solo con lo spirito, colui che occupa il posto di uno che non è istruito in qual modo risponderà Amen alla tua benedizione, dal momento che non sa cosa dici? ( 1 Cor 14,16 )

Poiché dunque con la lingua - il membro del corpo ch'è mosso nella bocca quando si parla - sono emessi di certo segni delle cose ma non sono proferite le cose stesse, Paolo, usando una metafora, chiama "lingua" qualunque emissione di segni prima che siano compresi; quando però l'intelligenza - che è l'attività caratteristica e propria della mente - ne afferra il senso, allora si ha la rivelazione o la conoscenza o la profezia o l'insegnamento.

Di conseguenza Paolo dice: Se io venissi da voi parlando in lingue, a che cosa vi sarei utile, se non vi parlassi per rivelarvi o farvi conoscere o profetizzare o insegnarvi qualcosa? ( 1 Cor 14,16 )

Egli intenderebbe dire che [ ciò accade ] quando l'intelligenza afferra il senso dei segni o, in altre parole, la lingua, affinché ciò ch'è percepito lo sia non solo con lo spirito ma anche con la mente.

9.20 - Differenza tra "spirito" e "anima intellettiva"

Pertanto coloro ai quali i segni erano presentati nello spirito mediante immagini d'oggetti materiali senza che la mente compisse la sua funzione di renderli anche comprensibili, non avevano ancora la profezia; e colui, che interpretava ciò che un altro aveva visto, era più profeta di colui che aveva [ solo ] visto.

È dunque chiaro che la profezia attiene più alla mente che allo spirito, prendendo questo in un senso proprio particolare in relazione al nostro argomento, nel senso cioè d'una potenza dell'anima inferiore alla mente in cui sono formate le sembianze d'oggetti materiali.

Così Giuseppe, che comprese il significato delle sette spighe e delle sette vacche, era perciò più profeta che non il Faraone che le aveva viste in sogno, ( Gen 41,1-32 ) poiché il Faraone aveva visto solo delle forme prodotte nel suo spirito mentre Giuseppe comprese quelle immagini con l'intelligenza della luce concessa alla sua mente.

Il primo quindi aveva il dono delle lingue, il secondo invece il dono della profezia perché in quello c'era la rappresentazione delle immagini di certe cose, in questo l'interpretazione delle [ stesse ] immagini.

Meno profeta è dunque chi, mediante immagini di cose materiali, vede nello spirito i segni delle cose significate, ma più profeta chi è dotato solo della capacità di comprenderle, ma sommamente profeta è chi è superiore agli altri per il fatto di possedere entrambe le doti: cioè non solo quella di vedere nello spirito le immagini rappresentative degli oggetti materiali ma anche quella di comprenderle con la vivacità dell'intelligenza.

Tale era Daniele: la sua superiorità fu messa alla prova e fu dimostrata dal fatto che non solo riferì al re il sogno che quello aveva avuto ma glene rivelò anche il significato; ( Dn 2,27-45; Dn 4,16-24 ) poiché le stesse immagini di oggetti materiali erano state formate nel suo spirito e la loro interpretazione era stata rivelata nella sua mente.

Noi perciò usiamo il termine "spirito" nel senso usato dall'Apostolo là dove lo distingue dalla mente quando dice: Io pregherò con lo spirito ma pregherò anche con la mente, ( 1 Cor 14,15 ) indicando con ciò che i segni delle cose vengono formati nello spirito e la loro interpretazione rifulge nella mente.

In base a questa distinzione - ripeto - chiamiamo ora "spirituale" questa specie di visione con cui ci rappresentiamo [ nel pensiero ] le immagini degli oggetti anche assenti.

10.21 - La visione intellettiva

Invece la visione intellettuale, ch'è propria della mente, è superiore alle altre.

Il termine "intelletto", per quanto io ricordo, non può essere usato in un'ampia gamma di sensi, come sappiamo invece che ne ha il termine "spirito", poiché sia che diciamo "intellettuale", sia che diciamo "intelligibile", noi significhiamo la stessa cosa.

Senonché alcuni hanno pensato che [ tra i due termini ] ci sia una differenza: secondo loro "intelligibile" sarebbe una realtà che si può percepire solo dall'intelligenza, "intellettuale" invece sarebbe la mente che comprende; ma che ci sia un essere percepibile solo dell'intelligenza e non sia anche dotato d'intelligenza è un problema grosso e difficile.

Io al contrario credo che non ci sia alcuno che pensi o affermi l'esistenza d'un essere che conosca mediante l'intelligenza e non possa essere conosciuto anche dall'intelligenza, poiché la mente non può essere vista che dalla mente.

Perciò, dato ch'essa può essere vista, è anche intelligibile e, dato che può anche vedere, è intellettuale secondo la distinzione ricordata or ora da noi.

Messo quindi da parte il difficile problema se ci sia qualcosa che possa essere solo intelligibile senz'essere intelligente, per adesso prendiamo nello stesso senso i termini "intellettuale" e "intelligibile".

11.22 - Gerarchia delle tre specie di visioni

Queste tre specie di visioni - corporale, spirituale e intellettuale - devono perciò essere esaminate una per una in modo che la ragione ascenda dall'inferiore alla superiore.

Un po' più sopra abbiamo già citato come esempio in qual modo in una sola frase possano vedersi tutt'e tre le specie di visioni.

Quando infatti si legge: Amerai il prossimo tuo come te stesso, ( Mt 22,39 ) si vedono le lettere materialmente, ci si presenta il prossimo spiritualmente e si contempla l'amore intellettualmente.

Noi però possiamo rappresentarci spiritualmente anche le lettere quando sono lontane dalla vista [ fisica ] e si può vedere corporalmente anche il prossimo ch'è davanti ai nostri occhi; l'amore al contrario non può essere né visto nella sua essenza con gli occhi del corpo né venir pensato con lo spirito mediante un'immagine che sia la sembianza d'un copro, ma può essere conosciuto e percepito solo dalla mente, cioè dall'intelligenza.

La visione corporale non sovrintende di certo a nessuna delle due specie di visioni, ma ciò che è percepito per mezzo di essa viene annunciato alla visione spirituale che agisce in certo qual modo da sovrintendente ad essa.

Mi spiego: quando un oggetto è visto dagli occhi, immediatamente se ne forma l'immagine nello spirito; ma quella rappresentazione non è percepita da noi se non quando, rimossi gli occhi dall'oggetto che stavamo vedendo, ne scopriamo l'immagine nell'anima nostra.

Se poi lo spirito è quello d'un essere irrazionale, per esempio d'una bestia, l'annuncio fatto dagli occhi giunge solo fino allo spirito.

Se, al contrario, l'anima è razionale, l'annuncio arriva anche all'intelletto che presiede allo spirito.

In tal modo, se l'oggetto percepito dagli occhi è annunciato allo spirito perché se ne formi in esso un'immagine, è il simbolo di qualche realtà, o il suo significato è compreso immediatamente dall'intelletto oppure viene ricercato, poiché non si può comprendere un simbolo né cercare di comprenderlo se non mediante la mente.

11.23 - La visione del re Baldassarre

Il re Baldassarre vide le dita d'una mano che scrivevano sulla parete, e immediatamente l'immagine di un oggetto materiale formatosi per mezzo d'una sensazione corporea fu impressa nel suo spirito e rimase impressa nella sua immaginazione anche dopo ch'era avvenuta la visione ed era svanita.

Il re la vedeva nello spirito ma non la comprendeva; quel segno non l'aveva compreso neanche quando veniva tracciato materialmente e appariva a gli occhi del corpo sebbene anche allora egli comprendesse che si trattava d'un segno ed era in grado di saperlo grazie alla funzione della mente.

E poiché ne indagava il significato, era senz'altro la mente a fare quell'indagine.

Ma non essendo il re riuscito a scoprirne il significato, si fece avanti Daniele che, grazie alla mente illuminata dallo spirito profetico rivelò al re conturbato il significato profetico del segno. ( Dn 5,5-28 )

A motivo di questa visione, ch'è propria della mente, Daniele fu dunque più profeta del re che aveva visto con gli occhi del corpo un segno materiale e presente nello spirito vedeva l'immagine dell'oggetto dopo ch'era scomparso, ma per mezzo dell'intelletto poteva solo riconoscere ch'era un segno e ricercarne il significato.

11.24 - La visione di San Pietro

Pietro, mentre era rapito in estasi, vide scendere dal cielo un recipiente, legato ai quattro capi d'un lenzuolo, pieno di vari animali, quando udì anche una voce che gli diceva: Uccidi e mangia. ( At 10,11-13 )

Dopo aver ripreso i sensi, Pietro si chiedeva perplesso che significasse quella visione, quand'ecco lo Spirito annunciargli l'arrivo degli uomini inviati da Cornelio e dirgli: Ecco, degli uomini ti cercano, alzati, scendi e va' con loro poiché li ho mandati io. ( At 10,17-20 )

Giunto in casa di Cornelio, spiegò lui stesso il significato delle parole udite nella visione: Ciò che Dio ha mondato, non devi più chiamarlo profano, ( At 10,15 ) e poi disse: Dio però mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro alcun uomo. ( At 10,28 )

Poiché dunque egli era rapito in estasi fuor dei sensi del corpo quando vide quel recipiente, fu mediante lo spirito che udì anche le parole: Uccidi e mangia, e: Ciò che Dio ha mondato, non devi più chiamarlo profano.

Ripresi poi i sensi del corpo, tutto ciò che aveva visto e udito lo riteneva nella memoria e vedeva le immagini nel medesimo spirito che aveva visto la visione e le considerava nel suo pensiero.

Tutti quegli oggetti non erano realtà materiali ma [ solo ] immagini d'oggetti materiali sia quando le aveva viste dapprima nell'atto del rapimento estatico, sia quando in seguito le ricordava e le aveva presenti nell'immaginazione.

Quando invece era perplesso e si sforzava di comprendere il significato di quei segni, era la sua mente a sforzarsi d'intenderli ma senza risultato finché non gli fu annunciato l'arrivo degli inviati da parte di Cornelio.

Orbene, con l'aggiungersi a questa visione percepita con gli occhi del corpo anche la voce dello Spirito Santo, che nello spirito gli diceva di nuovo: Va' con loro - visione in cui lo Spirito non solo gli aveva mostrato quel segno ma aveva anche impresso in lui quelle parole - la sua intelligenza con l'aiuto di Dio comprese il significato di tutti quei segni.

Un attento esame di questi ed analoghi fatti dimostra assai chiaramente che la visione corporale è ordinata a quella spirituale e quest'ultima a quella intellettuale.

Indice