Summa Teologica - I |
De Verit., q. 22, a. 4; q. 25, a. 1; In 3 De anima, lect. 14
Pare che l'appetito sensitivo e quello intellettivo non siano due potenze distinte.
1. Le potenze non si distinguono per differenze accidentali, come si è detto [ q. 77, a. 3 ].
Ora, per l'oggetto appetibile è un'accidentalità l'essere percepito dal senso o dall'intelletto.
Quindi l'appetito sensitivo e quello intellettivo non sono potenze distinte.
2. La conoscenza intellettiva ha per oggetto gli universali, e per questo si distingue da quella sensitiva, che ha per oggetto i singolari.
Ma questa distinzione non ha luogo nella parte appetitiva: essendo infatti l'appetito un moto dell'anima verso le cose, che esistono nella loro singolarità, è chiaro che ogni appetito ha per oggetto le cose concrete e singolari.
Quindi non bisogna fare distinzione tra l'appetito sensitivo e quello intellettivo.
3. Non è soltanto l'appetito che è subordinato alla facoltà conoscitiva quale facoltà inferiore, ma lo è anche la facoltà di locomozione.
Ora, nell'uomo non esiste una facoltà di locomozione che accompagni l'intelletto distinta da quella che negli altri animali accompagna il senso.
Quindi per lo stesso motivo non esiste neppure un'altra facoltà appetitiva distinta.
Il Filosofo [ De anima 3, cc. 9,10 ] distingue due appetiti, e dice [ ib., c. 11 ] che quello superiore muove l'inferiore.
È necessario affermare che l'appetito intellettivo è una potenza distinta da quella sensitiva.
Infatti la potenza appetitiva è una potenza passiva, che come tale è fatta per essere mossa dall'oggetto conosciuto: per cui l'appetibile conosciuto è un motore non mosso, mentre l'appetito è un motore mosso, come dice Aristotele [ De anima 3, 10; Met 12, 7 ].
Ora, gli enti passivi e mobili si distinguono in base alla distinzione dei rispettivi princìpi attivi e motori: poiché è necessario che il motore sia proporzionato al mobile, e l'attivo al passivo; anzi, la potenza passiva si concepisce proprio in rapporto al suo principio attivo.
Ora, essendo l'oggetto dell'intelletto e quello del senso distinti per il genere, ne consegue che l'appetito intellettivo è una potenza distinta dall'appetito sensitivo.
1. Per l'oggetto appetibile non è cosa accidentale, ma essenziale, l'essere percepito dal senso o dall'intelletto: poiché l'appetibile non muove l'appetito se non in quanto oggetto di conoscenza, per cui le differenze dell'oggetto in quanto conosciuto sono sue differenze essenziali anche in quanto appetibile.
E così le potenze appetitive sono tra loro distinte in base alla differenza degli oggetti conosciuti come in base ai loro oggetti propri.
2. Anche se l'appetito intellettivo ha per oggetto delle realtà che fuori dell'anima esistono nella loro singolarità, tuttavia si porta su di esse secondo una ragione universale: come quando desidera una cosa in quanto questa è un bene.
Quindi il Filosofo [ Reth. 2,4 ] dice che l'odio può essere rivolto a qualcosa di universale, p. es. quando « abbiamo in odio ogni genere di assassini ».
- Inoltre con l'appetito intellettivo possiamo desiderare dei beni immateriali, quali la scienza, le virtù e simili, che i sensi neppure percepiscono.
3. Come dice Aristotele [ De anima 3,11 ], l'opinione universale non muove che per mezzo di quella particolare, e analogamente l'appetito superiore muove mediante quello inferiore.
Per questo non esiste una facoltà di locomozione annessa all'intelletto distinta da quella che accompagna il senso.
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