Summa Teologica - I |
I-II, q. 9, a. 1; C. G., II, c. 26; De Verit., q. 22, a. 12; De Malo, q. 6
Pare che la volontà non muova l'intelletto.
1. Chi muove è superiore e anteriore al soggetto mosso: poiché il motore è agente, e « l'agente è più nobile del paziente », come dicono S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,16.32 ] e Aristotele [ De anima 3,5 ].
Ma abbiamo visto che l'intelletto è prima ed è più nobile della volontà.
Quindi la volontà non muove l'intelletto.
2. Chi muove non è mosso dal soggetto mobile, se non in via accidentale.
Ma l'intelletto muove la volontà: poiché l'appetibile, che è oggetto dell'intelligenza, è un motore non mosso, mentre l'appetito è un motore mosso.
Quindi l'intelletto non è mosso dalla volontà.
3. Noi non possiamo volere ciò che non è conosciuto.
Se quindi la volontà col voler intendere muove all'intellezione, bisognerà che un tale volere sia preceduto da un'altra intellezione, questa poi da un altro volere e cosi all'infinito: cosa questa impossibile.
La volontà dunque non muove l'intelletto.
Fa osservare il Damasceno [ De fide ortli. che « in noi è il potere di imparare e di non imparare qualunque arte vogliamo ».
Ora, vi e in noi un dato potere in forza della volontà, mentre impariamo le arti mediante l'intelletto.
Quindi la volontà muove l'intelletto.
Una cosa può causare il movimento in due modi.
Primo, a modo di fine: come quando si dice che il fine muove la causa efficiente.
E in questo modo e l'intelletto a muovere la volontà, poiché il bene intellettualmente conosciuto è oggetto della volontà e la muove come fine.
Secondo, a modo di causa agente: come l'elemento alterante muove quello che viene alterato, e ciò che spinge muove la cosa sospinta.
E in questo modo la volontà muove l'intelletto e tutte le potenze dell'anima, come dice S. Anselmo [ De similitud. 2 ].
E la ragione e che in una serie di potenze attive ordinate fra loro quella che mira a un fine universale muove quelle che mirano a fini particolari.
Il che è evidente anche nel campo fisico e in quello politico.
Infatti il cielo, che esercita il suo influsso per l'universale conservazione dei corpi generabili e corruttibili, muove tutti i corpi inferiori, ognuno dei quali agisce per la conservazione della sua specie o per quella dell'individuo.
Parimenti il re, che tende al bene comune di tutto il regno, muove col suo comando i vari capi delle città, i quali curano il governo delle singole città.
Ora, oggetto del volere sono il bene e il fine nella loro universalità.
Invece ogni altra potenza è ordinata a un bene particolare ad essa proporzionato: la vista, p. es., è ordinata a percepire il colore, e l'intelletto a conoscere il vero.
Quindi la volontà muove, come causa agente, tutte le potenze dell'anima verso i loro atti, eccettuate le potenze organiche della vita vegetativa, che non sottostanno al nostro arbitrio.
1. L'intelletto può essere considerato sotto due punti di vista: primo, in quanto è conoscitivo dell'ente e del vero universale; secondo, in quanto e un'entità particolare e una particolare potenza avente un suo atto determinato.
E parimenti la volontà può essere considerata sotto due aspetti: primo, secondo l'universalità del suo oggetto, in quanto cioè ha per oggetto il bene universale; secondo, in quanto è una determinata potenza dell'anima avente un determinato atto.
Ora, se paragoniamo l'intelletto e la volontà secondo l'universalità dei rispettivi oggetti, allora abbiamo già dimostrato [ a.3 ] che l'intelletto, assolutamente parlando, è superiore e più nobile della volontà.
Se poi consideriamo l'intelligenza secondo l'universalità del suo oggetto, e la volontà in quanto è una potenza determinata, allora l'intelletto è di nuovo superiore e anteriore alla volontà: infatti la volontà stessa, il suo atto e il suo oggetto rientrano nei concetti di ente e di vero, che formano l'oggetto dell'intelligenza.
Quindi l'intelletto conosce la volontà, il suo atto e il suo oggetto, come conosce tutti gli altri intelligibili particolari, quali la pietra, il legno ecc., che rientrano nei concetti universali di ente e di vero.
Se pero si considera la volontà secondo l'universalità del suo oggetto, che è il bene, e l'intelletto invece in quanto è un ente particolare e una particolare potenza, allora rientrano sotto la ragione universale di bene, come singolari, sia l'intelletto, sia l'intellezione, sia il suo oggetto, cioè il vero, ciascuno dei quali è un bene particolare.
E sotto questo aspetto la volontà è più alta dell'intelletto e lo può muovere.
Da qui ???? cui queste potenze si ????? di vicenda con i loro atti: poiché l'intelletto conosce che la volontà vuole, e la volontà vuole che l'intelletto conosca.
Analogamente, il bene è incluso nel vero in quanto è un vero conosciuto dall'intelletto, e il vero è incluso nel bene in quanto è un bene desiderato.
2. Abbiamo visto che l'intelletto muove la volontà in un modo diverso da quello in cui la volontà muove l'intelletto.
3. Non c'e bisogno di procedere all'infinito, ma ci si arresta all'intelletto come punto di partenza.
Infatti è necessario che la conoscenza preceda ogni moto della volontà, ma non che la volontà preceda ogni conoscenza: poiché il principio del consigliarsi e dell'intendere e un principio intellettivo più alto del nostro intelletto, cioè è Dio, come dice lo stesso Aristotele [ Ethic. Eudem. 7,14 ]; il quale proprio da ciò dimostra che non è necessario procedere all'infinito.
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