Summa Teologica - I |
In 2 Sent., d. 3, q. 2, a. 1; In 3 Sent., d. 14, a. 1, sol. 2; C. G., II, c. 98; De Verit., q. 8, a. 8
Pare che l'anima conosca gli esseri corporei mediante la propria essenza.
1. S. Agostino [ De Trin. 10,5.7 ] insegna che l'anima « raccoglie e comprende le immagini dei corpi formate in se stessa e da se stessa: poiché dà qualcosa della sua sostanza per formarle ».
Ma essa conosce i corpi per mezzo delle immagini dei corpi.
Quindi conosce gli esseri corporei mediante la propria essenza, da essa offerta per formare tali immagini.
2. Dice il Filosofo [ De anima 3,8 ] che « l'anima in un certo senso è tutte le cose ».
Essendo però un certo oggetto conosciuto soltanto mediante una realtà consimile, pare che l'anima conosca gli oggetti materiali mediante se stessa.
3. L'anima è superiore alle creature materiali.
Ma gli esseri inferiori esistono in modo più eminente in quelli superiori che in se stessi, come insegna Dionigi [ De cael. hier. 12,2 ].
Quindi tutte le creature materiali esistono nell'essenza stessa dell'anima in modo più nobile che in se stesse.
Quindi l'anima può conoscere le creature materiali mediante la propria essenza.
Scrive S. Agostino [ De Trin. 9,3 ] che « la mente raccoglie le sue conoscenze sulle realtà materiali per mezzo dei sensi corporei ».
Ma l'anima non è conoscibile per mezzo di questi sensi.
Quindi essa non conosce gli esseri materiali mediante la propria essenza.
Gli antichi filosofi ritenevano che l'anima conoscesse i corpi servendosi della propria essenza.
Infatti era radicata allora nell'animo di tutti la convinzione che « il simile è conosciuto dal simile » [ cf. De anima 1, cc. 2,5 ].
Inoltre si credeva che la forma della cosa conosciuta si trovasse nel soggetto conoscente come si trova nella realtà.
I platonici invece giunsero alla conclusione opposta.
Platone infatti, avendo capito che l'anima intellettiva è immateriale, e che conosce escludendo la materia, pensò che le forme delle cose conosciute sussistessero separate dalla materia.
Viceversa i primi filosofi naturalisti, considerando che le cose conosciute sono corporee e materiali, avevano affermato che esse devono trovarsi materialmente anche nell'anima che le conosce.
Per poter quindi attribuire all'anima la conoscenza universale delle cose, le attribuirono una natura comune con tutte le cose.
E siccome la natura dei corpi composti risulta dai princìpi elementari, attribuirono all'anima la natura di questi princìpi: quindi chi riteneva che il fuoco fosse il principio costitutivo di tutte le cose, affermò che l'anima ha la natura del fuoco; e lo stesso avvenne per l'aria e per l'acqua.
Empedocle poi, il quale ammetteva quattro elementi materiali e due motori, affermò che anche l'anima è composta di essi.
Così dunque, ponendo le cose materialmente nell'anima, asserirono che ogni nostra conoscenza è materiale, non riuscendo a distinguere l'intelletto dai sensi.
Ma questa teoria va rigettata.
Primo, perché nel principio materiale di cui essi parlavano i corpi derivati esistono solo potenzialmente.
Ora, un essere non è conosciuto per ciò che esso è potenzialmente, ma soltanto per ciò che esso è un atto, come spiega Aristotele [ Met. 9,9 ]: per cui la potenza stessa non è conosciuta che mediante l'atto.
Così dunque, secondo l'argomentazione di Aristotele [ De anima 1,5 ], perché l'anima possa conoscere tutte le cose non basta attribuirle la natura degli elementi, se essa non ha già acquisito la natura e la forma dei singoli effetti, vale a dire delle ossa, delle carni e simili.
- Secondo, perché se una cosa per essere conosciuta dovesse [ soltanto ] esistere materialmente nel conoscente, non vi sarebbe ragione per negare che abbiano la conoscenza gli esseri sussistenti materialmente fuori dell'anima: se, p. es., l'anima conosce il fuoco mediante il fuoco, anche il fuoco che è fuori dell'anima dovrebbe conoscere il fuoco.
Rimane perciò acquisito che gli oggetti materiali esistono nel conoscente non materialmente, ma piuttosto immaterialmente.
E la ragione è che l'atto del conoscere si estende al di fuori del soggetto conoscente: infatti noi conosciamo anche le cose che sono fuori di noi.
Ora, la materia ha la funzione di limitare la forma a un determinato essere.
È evidente perciò che la conoscenza ha un carattere opposto a quello della materialità.
Gli esseri quindi che ricevono le forme solo materialmente sono del tutto privi di conoscenza, come le piante, secondo la spiegazione di Aristotele [ De anima 2,12 ].
Invece quanto più immaterialmente un essere possiede la forma della cosa conosciuta, tanto più perfetta è la sua conoscenza.
Quindi l'intelletto, il quale astrae le specie intenzionali non soltanto dalla materia, ma anche dalle condizioni materiali individuanti, conosce in modo più perfetto del senso, il quale riceve la forma della cosa conosciuta senza la materia, ma non senza le condizioni materiali.
E così tra i sensi stessi la vista è il senso più conoscitivo, perché meno materiale, come si è già spiegato [ q. 78, a. 3 ].
Parimenti, fra le diverse intelligenze, una è tanto più perfetta quanto più è immateriale.
Da tutto ciò risulta dunque che se vi è un intelletto capace di conoscere tutte le cose mediante la propria essenza, questa sua essenza le deve contenere tutte in se stessa in maniera immateriale: così come gli antichi ritenevano che l'essenza dell'anima fosse composta dei princìpi elementari di tutte le realtà corporee, per poterle conoscere tutte.
Ma è una prerogativa di Dio contenere nella propria essenza tutte le cose in modo immateriale, in quanto gli effetti devono preesistere virtualmente nella loro causa.
Dunque solo Dio conosce tutto mediante la propria essenza: non invece l'anima umana, e neppure l'angelo.
1. In quel passo S. Agostino parla della visione immaginaria, che avviene mediante imagini corporee.
Ora, nella formazione di tali immagini l'anima mette qualcosa della sua sostanza, come offrendo il soggetto che sarà rivestito di quelle date forme.
E in questo senso essa costruisce tali immagini con la sua sostanza: non nel senso che l'anima, o parte di essa, si trasformi in modo da diventare questa o quell'immagine, ma nel senso in cui si usa dire che da un corpo che viene rivestito dal colore viene formata una cosa colorata.
E una tale interpretazione risulta dal contesto.
Infatti S. Agostino aggiunge che l'anima « conserva qualcosa », cioè non informato da quelle immagini, « capace di giudicare liberamente sulla specie di tali immagini »: ed è quanto egli chiama « mente » o « intelletto ».
Dice invece che è « comune a noi e alle bestie » quella parte che viene rivestita di tali immagini, cioè l'immaginativa.
2. Aristotele non affermò che l'anima è composta di tutte le cose in maniera attuale, come volevano gli antichi naturalisti, ma disse che « l'anima è tutte le cose in certo qual modo », cioè in quanto è in potenza rispetto a tutte le cose: rispetto a quelle sensibili con il senso, a quelle intelligibili invece con l'intelletto.
3. Ogni creatura ha un essere definito e determinato.
Quindi l'essenza di una creatura superiore, benché abbia una somiglianza con quella inferiore, avendo un genere comune, tuttavia non ha questa somiglianza in modo completo, essendo determinata a una data specie, a cui è estranea la specie della creatura inferiore.
Invece l'essenza di Dio è immagine rappresentativa perfetta di tutte le cose e di quanto in esse si trova, essendo egli la causa universale di ogni essere.
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