Summa Teologica - I |
II-II, q. 83, a. 4, ad 2; In 4 Sent., d. 45, q. 3, a. 1, ad 1, 2; d. 50, q. 1, a. 4, ad 1; De Verit., q. 8, a. 2, ad 12; q. 9, a. 6, ad 5; De anima, a. 20, ad 3
Pare che le anime separate conoscano gli avvenimenti di questo mondo.
1. Se non conoscessero tali avvenimenti non se ne curerebbero.
Invece esse se ne preoccupano, poiché leggiamo nel Vangelo [ Lc 16,28 ] queste parole [ del ricco epulone ]: « Ho cinque fratelli.
Che Lazzaro li ammonisca perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento ».
Quindi le anime separate conoscono ciò che accade tra noi.
2. Spesso i morti appaiono ai vivi, nel sonno o nella veglia, e li avvisano di quanto avviene quaggiù: come Samuele apparve a Saul [ 1 Sam 28,11ss ].
Ma ciò non sarebbe possibile se essi non conoscessero le nostre cose.
Quindi i morti conoscono ciò che accade in questo mondo.
3. Le anime separate certamente conoscono le cose che accadono presso di loro.
Se dunque non conoscessero ciò che accade presso di noi, la loro carenza di conoscenza dovrebbe essere attribuita alla lontananza.
Ma questo lo abbiamo escluso nell'articolo precedente.
Sta scritto [ Gb 14,21 ]: « Siano pure onorati i suoi figli, non lo sa; siano disprezzati, lo ignora ».
Se si considera la conoscenza naturale, di cui ora parliamo, bisogna dire che le anime dei morti ignorano ciò che avviene in questo mondo.
E possiamo ricavarne la prova dalle cose già dette [ a. 4 ].
Infatti l'anima separata conosce i singolari per il fatto che in qualche modo è in relazione con essi, sia per le tracce di conoscenze o volizioni antecedenti, sia per una disposizione divina.
Ma le anime dei morti, per disposizione divina e per il loro modo di essere, sono segregate dal consorzio dei viventi e aggregate a quello delle sostanze spirituali separate dal corpo.
Quindi ignorano le vicende di quaggiù.
- E questa è la ragione che ne dà S. Gregorio [ Mor 12,21 ]: « I morti non sanno come si svolge la vita di coloro che vivono corporalmente dopo di essi: poiché la vita dello spirito è lontana dalla vita della carne, e come gli esseri corporei e quelli incorporei differiscono nel genere, così sono distinti per la conoscenza ».
E pare che anche S. Agostino [ De cura pro mortuis cc. 13,16 ] accenni a questo quando dice che « le anime dei morti non sono presenti nelle vicende dei viventi ».
Riguardo alle anime dei beati non c'è invece accordo tra S. Gregorio e S. Agostino.
Infatti S. Gregorio continua nel passo citato: « Non bisogna però pensare lo stesso delle anime sante poiché, vedendo esse internamente la chiarezza di Dio onnipotente, non si può assolutamente credere che rimanga fuori di esse qualcosa che esse ignorino ».
Invece S. Agostino [ op. cit. 13 ] afferma espressamente che « i morti, anche se santi, non sanno ciò che fanno i vivi e i loro figli ».
E questa affermazione è riportata dalla Glossa [ interlin. ] a proposito di quel passo di Isaia [ Is 63,16 ]: « Abramo non ci riconosce ».
E lo conferma col fatto che egli non veniva più consolato nella tristezza da sua madre come quando ella era in vita; né riteneva possibile che ella fosse divenuta più crudele in una vita più felice.
E ricorda poi ancora in proposito che il Signore promise al re Giosia di farlo morire prima che vedesse i mali imminenti al suo popolo [ 2 Re 22,20 ].
- Però S. Agostino parla in forma dubitativa, per cui aveva premesso la frase: « Ciascuno prenda come vuole quello che dico ».
Invece S. Gregorio asserisce, come è evidente da quell'espressione: « Non si può assolutamente credere … ».
Pare dunque più giusto ritenere con S. Gregorio che le anime dei santi, ammesse alla visione di Dio, conoscano tutti gli avvenimenti attuali di questo mondo.
Esse infatti sono equiparate agli angeli, riguardo ai quali anche S. Agostino afferma che non ignorano ciò che avviene presso i vivi.
Tuttavia, siccome esse hanno un'adesione perfettissima alla giustizia divina, non si rattristano per le vicende dei vivi, e non vi partecipano se non nei casi in cui lo esigono le disposizioni della stessa giustizia divina.
1. Le anime dei morti possono curare le cose dei vivi pur ignorandone le condizioni.
Anche noi infatti abbiamo cura dei morti, procurando loro dei suffragi, senza conoscerne la condizione.
- Inoltre i defunti possono conoscere i fatti dei vivi indirettamente, sia per mezzo delle anime che giungono ad essi da questo mondo, sia per mezzo degli angeli o dei demoni, sia ancora « per una rivelazione dello Spirito di Dio », come dice S. Agostino [ l. cit. ].
2. Le apparizioni dei morti, qualunque esse siano, possono avvenire o per il fatto che una speciale disposizione di Dio vuole l'intervento di certe anime nelle vicende dei vivi, e la cosa va quindi annoverata tra i miracoli di Dio, oppure per iniziativa degli angeli buoni o cattivi, anche all'insaputa dei morti.
Del resto S. Agostino [ op. cit. 10.12 ] fa notare che la stessa cosa capita anche ai vivi, i quali senza saperlo possono apparire nel sonno ad altri vivi.
- Perciò anche riguardo al fatto del profeta Samuele possiamo affermare che egli apparve per una rivelazione divina, come dice l'Ecclesiastico [ Sir 46,20 ]: « Dopo la sua morte profetizzò predicendo al re la sua fine ».
Oppure, se si rifiuta l'autorità dell'Ecclesiastico, per il fatto che gli Ebrei non mettono questo libro tra le Scritture canoniche, si può pensare che quell'apparizione fu dovuta a un intervento diabolico.
3. L'ignoranza di cui si parla non proviene dalla lontananza, ma è dovuta alla ragione indicata nel corpo dell'articolo.
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