Summa Teologica - I

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Articolo 4 - Se di fatto qualche cosa venga annichilata

Supra, q. 65, a. 1, ad 1; De Pot., q. 5, a. 4; a. 9, ad 1

Pare che di fatto qualche cosa venga annichilata.

Infatti:

1. Il fine e il principio si corrispondono.

Ma da principio nulla esisteva all'infuori di Dio.

Quindi le cose dovranno essere condotte a questo fine, che nulla più esista all'infuori di Dio.

E così le creature saranno ridotte al nulla.

2. Ogni creatura ha una potenza finita.

Ma nessuna potenza finita si estende all'infinito: per cui Aristotele [ Phys. 8,10 ] dimostra che una potenza finita non può muovere per un tempo infinito.

Quindi nessuna creatura può durare all'infinito.

E così alla fine dovrà tornare nel nulla.

3. Le forme e gli accidenti non hanno la materia quale parte di se stessi.

Eppure via via cessano di esistere.

Quindi finiscono nel nulla.

In contrario:

Si legge nella Scrittura [ Qo 3,14 ]: « Riconosco che qualunque cosa Dio fa, è immutabile ».

Dimostrazione:

Tra le opere che Dio compie nel creato, alcune si svolgono secondo il corso naturale delle cose, altre invece, come vedremo [ q. 105, a. 6 ], sono da lui compiute miracolosamente, fuori di quell'ordine naturale posto nelle creature.

Ora, noi possiamo arguire ciò che Dio farà secondo il corso naturale impresso alle cose dalla natura stessa delle cose; ciò che invece è da lui compiuto miracolosamente è ordinato alla manifestazione della grazia, come afferma l'Apostolo [ 1 Cor 12,7 ] parlando fra le altre cose del carisma dei miracoli: « A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune ».

Ora, la natura delle cose create mostra chiaramente che nessuna di esse sarà annichilata: perché o sono immateriali, e allora manca loro la potenza al non essere, o sono materiali, e allora durano sempre, almeno a causa della materia che è incorruttibile, in quanto sostrato della generazione e della corruzione [ dei corpi ].

D'altra parte l'annichilazione di un essere non serve alla manifestazione della grazia: poiché la potenza e la bontà divina viene illustrata maggiormente dal fatto che essa conserva nell'essere le cose.

Dobbiamo perciò affermare che nessuna cosa sarà annichilata.

Analisi delle obiezioni:

1. Il fatto che le creature furono portate all'esistenza mentre prima non esistevano dimostra la potenza di colui che le produsse.

L'annientamento invece impedirebbe tale dimostrazione: poiché la conservazione delle cose costituisce la prova più grande della potenza di Dio, secondo l'espressione dell'Apostolo [ Eb 1,3 ]: « Essendo Egli colui che sostiene tutto con la potenza della sua parola ».

2. La potenza che ha la creatura a esistere è puramente passiva, mentre la potenza attiva spetta soltanto a Dio, che è la sorgente unica dell'essere.

Quindi la durata indefinita delle cose dipende dall'infinità della potenza divina.

Certe creature però ricevono una capacità di durare limitata, cioè per un tempo determinato, in quanto possono essere impedite dal ricevere l'essere, che viene da Dio, da parte di agenti contrari, ai quali una virtù finita non può resistere per un tempo indefinito, ma soltanto per un tempo determinato.

Quindi gli esseri che non hanno contrari, sebbene abbiano una virtù finita, possono durare in perpetuo.

3. Le forme e gli accidenti non sono enti completi, poiché non sussistono, ma sono qualcosa dell'ente: vengono infatti denominati enti solo perché per mezzo di essi una cosa riceve un certo modo di essere.

Tuttavia, anche così come sono, tali enti non finiscono totalmente nel nulla: non perché rimanga una qualche parte di essi, ma perché rimangono nella potenzialità della materia o del soggetto.

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