Summa Teologica - I |
In 2 Sent., d. 1, q. 1, a. 4; C. G., III, c. 67; De Pot., q. 3, a. 7; Comp. Theol., c. 135
Pare che Dio non operi in ogni operante.
1. Non si può attribuire a Dio alcuna inefficacia.
Quindi, supposto che egli operi in ogni operante, vi opera in modo efficace.
Ma allora sarebbe superflua qualsiasi operazione della creatura.
2. Un'operazione non può derivare simultaneamente da due cause operanti: come un movimento unico non può appartenere a due soggetti mobili distinti.
Ma se l'operazione della creatura proviene da Dio che opera in essa, non può insieme provenire dalla creatura.
A nulla perciò si ridurrebbe l'attività di tutte le creature.
3. Colui che produce una cosa è detto pure causa dell'operazione di questa, in quanto le dà la forma con la quale essa opera.
Se quindi Dio è causa dell'attività esplicata da tutte le cose da lui prodotte, ciò proverrà dal fatto che egli ha dato loro la virtù per agire.
Ma ciò si verifica da principio, nel momento in cui egli produce la cosa.
Quindi non è vero che in seguito operi ancora nella creatura operante.
Leggiamo nella Scrittura [ Is 26,12 Vg ]: « O Signore, tu hai operato in noi tutte le nostre opere ».
L'agire di Dio in ogni agente fu inteso da alcuni nel senso che nessuna virtù creata possa compiere qualcosa nel mondo, e che sia Dio solo direttamente a fare tutto, per cui non sarebbe il fuoco a riscaldare, ma Dio nel fuoco, e così in tutti gli altri casi.
- Ma ciò è impossibile.
Primo, perché sarebbe tolto dal creato il rapporto tra causa ed effetto.
Fatto, questo, che denoterebbe l'impotenza del creatore: poiché la capacità di operare deriva negli effetti dalla virtù di chi li produce.
- Secondo, perché le facoltà operative che si trovano nelle cose sarebbero state conferite loro inutilmente, se le cose non potessero fare nulla per loro mezzo.
Anzi, tutte le realtà create in certo qual modo non avrebbero più ragione di essere, se fossero destituite della loro attività: poiché ogni ente è per la sua operazione.
Infatti le realtà meno perfette sono sempre ordinate a quelle più perfette: come quindi la materia è per la forma, così la forma, che è l'atto primo, è per la sua operazione, che è l'atto secondo; e in tal modo l'operazione è il fine delle realtà create.
Quindi l'affermazione che Dio opera in tutte le cose va intesa in modo da non pregiudicare il fatto che le cose stesse hanno la loro propria attività.
Per averne l'evidenza bisogna considerare i quattro generi di cause, e notiamo subito che la materia non è un principio operativo, ma fa soltanto da soggetto delle azioni altrui.
Invece il fine, l'agente e la forma sono princìpi operativi, ma secondo un certo ordine.
Infatti il primo principio di un'attività, come è evidente negli artefatti, è il fine, il quale muove la causa agente; segue la causa agente, e finalmente la forma dello strumento che viene applicato all'azione dall'agente ( sebbene lo stesso agente operi in forza della sua forma ).
Infatti l'artigiano è spinto ad agire dal fine, che è l'opera da produrre, p. es. una cassa o un letto; e applica all'azione la scure, la quale incide [ il legno ] mediante l'acutezza del suo taglio.
Ora, anche Dio opera in ogni operante secondo questi tre generi di causalità.
Primo, come causa finale.
Infatti ogni attività tende a un bene vero o apparente; e poiché nessuna cosa costituisce un bene vero o apparente se non in quanto partecipa una qualche somiglianza del sommo bene che è Dio, ne segue che Dio è causa finale di qualunque attività.
- Similmente, in ogni serie di cause agenti subordinate tra loro la seconda agisce sempre in virtù della prima: infatti è il primo agente che muove il secondo ad agire.
Quindi, sotto questo punto di vista, tutte le cose agiscono in virtù di Dio stesso: egli è perciò causa delle operazioni di tutte le cause agenti.
- Terzo, bisogna ricordare che Dio non soltanto muove gli esseri a operare applicando all'attività le loro forme e le loro virtù, come fa l'artigiano che adopera la scure senza forse aver costruito lui stesso la scure, ma dà anche la forma alla creatura che opera, e la conserva nell'essere.
Quindi non è causa delle operazioni solo in quanto dà la forma che è principio dell'attività, come il corpo generante che produce il moto dei corpi gravi e leggeri, ma anche perché conserva nell'essere le forme e le virtù delle cose: nel modo stesso in cui il sole è detto causa della manifestazione dei colori perché dà e conserva la luce che li manifesta.
Essendo poi la forma dentro la cosa, e tanto maggiormente quanto più una forma viene considerata come anteriore e più universale, ed essendo Dio stesso direttamente in tutte le cose causa dell'essere universale, che è ciò che vi è di più intimo in esse, ne segue che Dio opera intimamente in tutte le creature.
Ed è per questo motivo che nella Sacra Scrittura le attività della natura vengono attribuite a Dio come se egli fosse operante nella natura stessa, come in quel passo [ Gb 10,11 ]: « Di pelle e di carne mi hai rivestito, di ossa e di nervi mi hai intessuto ».
1. Dio opera efficacemente nelle cose come causa prima; ma ciò non rende superflua l'attività delle cause seconde.
2. Un'operazione non può procedere da due cause dello stesso ordine; ma nulla impedisce che essa proceda insieme dalla causa prima e dalla causa seconda.
3. Dio non soltanto dà la forma alle cose create, ma le conserva nell'essere, le applica all'azione ed è il fine di ogni operazione, come si è dimostrato [ nel corpo ].
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