Summa Teologica - I

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Articolo 4 - Se Dio possa muovere la volontà creata

Infra, q. 106, a. 2; q. 111, a. 2; I-II, q. 9, a. 6; C. G., III, cc. 88, 89, 91; De Verit., q. 22, a. 8; De Malo, q. 3, a. 3; Comp. Theol., c. 129

Pare che Dio non possa muovere la volontà creata.

Infatti:

1. Tutto ciò che è mosso dall'esterno subisce una costrizione.

Ma la volontà non può subire costrizioni.

Quindi non è mossa da agenti esterni, e così non può essere mossa da Dio.

2. Dio non può far sì che due cose contraddittorie si verifichino tutte e due insieme.

Ma ciò accadrebbe se egli muovesse la volontà: poiché muoversi volontariamente vuol dire muoversi da sé, e non per opera altrui.

Quindi Dio non può muovere la volontà.

3. Il movimento viene attribuito più al movente che al mobile: come l'uccisione di un uomo non viene attribuita al sasso, ma a chi l'ha scagliato.

Ora, se Dio muovesse la volontà, ne seguirebbe che le opere volontarie non potrebbero essere imputate all'uomo come merito o come demerito.

Ma ciò è falso.

Quindi Dio non muove la volontà.

In contrario:

Sta scritto [ Fil 2,13 ]: « È Dio che suscita in noi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni ».

Dimostrazione:

Come l'intelletto, secondo quanto abbiamo visto [ a. 3 ], è mosso dall'oggetto e da colui che conferisce la virtù intellettiva, così la volontà è mossa dal proprio oggetto, che è il bene, e da colui che crea la virtù del volere.

Ora, la volontà può essere mossa come dal suo oggetto da qualunque bene, ma soltanto da Dio in modo sufficiente ed efficace.

Infatti una cosa non può muovere sufficientemente un soggetto mobile se la virtù attiva del movente non è superiore, o per lo meno uguale, alla virtù passiva del mobile.

Ora, la virtù passiva della volontà si estende al bene in tutta la sua universalità, avendo essa per oggetto il bene universale, come l'intelletto l'ente universale.

Ma qualunque bene creato è un bene particolare, mentre Dio solo è il bene universale.

Quindi Dio solo, come oggetto, riempie la volontà e la muove in modo pienamente sufficiente.

Parimenti anche la virtù del volere è causata da Dio solo.

Infatti il volere non è altro che l'inclinazione della volontà verso il proprio oggetto, che è il bene nella sua universalità.

Ma questa inclinazione al bene universale deriva dal primo motore, al quale si proporziona l'ultimo fine: infatti anche tra gli uomini dirigere al bene comune spetta al capo della moltitudine.

E così in ambedue i modi è proprio di Dio muovere la volontà: ma soprattutto in questa seconda maniera, piegandola interiormente.

Analisi delle obiezioni:

1. Ciò che è mosso da altri subisce una costrizione se è mosso contro la propria inclinazione; ma se è mosso da chi gli conferisce la sua stessa inclinazione non si può dire che viene costretto: come i corpi gravi non subiscono costrizioni quando dalla causa che li produce sono mossi verso il basso.

E in modo analogo, quando Dio muove la volontà, non la costringe: poiché è lui stesso che le conferisce la sua inclinazione naturale.

2. Muoversi volontariamente significa muoversi da se stesso, cioè per impulso del proprio principio intrinseco: ma tale principio intrinseco può anche derivare da un principio estrinseco.

E allora muoversi da sé non è in contraddizione con l'essere mosso da un altro.

3. Se la volontà fosse mossa da un altro in modo da non muoversi in alcun modo da se stessa, allora le opere della volontà non potrebbero essere ascritte a merito o a demerito.

Ma siccome per essa il venire mossa da un altro non esclude il muoversi da sé, come si è spiegato [ ad 2 ], non cessa per questo il principio del merito e del demerito.

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