Summa Teologica - I-II |
( 1-3 omissis )
4 - Prima di partire per Parigi, cioè prima del 1252, S. Tommaso aveva trascritto a Colonia un ampio commento del suo maestro S. Alberto Magno sull'Etica Nicomachea.
Guglielmo di Tocco, riportando codesta notizia, lascia chiaramente capire che la trascrizione era da considerarsi più rispondente al pensiero del discepolo che a quello del maestro.
E codesta impressione è pienamente confermata dai brani recentemente pubblicati dell'opera tuttora medita.
Forse in quel primo commento potremo leggere un giorno il primo abbozzo del trattato tomistico sulle passioni.
Infatti la classificazione aristotelica del 2 Ethic., o. 4, imponeva una presa di posizione, che facilmente poteva sfociare nella ricostruzione embrionale di una sintesi sull'argomento.
E certo comunque che l'autore della Somma Teologica non si lasciò sfuggire l'occasione nel suo commento all' Etica Nicomachea elaborato intorno al 1270 ( vedi loco cit., lect. 5 ), e che troviamo stampato in decine di edizioni.
In mancanza di documenti più antichi, per il primo abbozzo del trattato rimandiamo i nostri lettori al 3 Sent., d. 26, q. 1, aa. 1-4.
Non ci fermiamo ai titoli dei vari quesiti: nel testo troviamo un profilo breve, ma esattissimo del trattato che siamo per esaminare.
La virtù teologale della speranza è un pretesto.
Il giovane insegnante è preoccupato di chiarire ai suoi alunni l'esatta nozione delle passioni, e di prospettarne una classificazione completa e definitiva.
La confusione che regnava in proposito era indescrivibile.
Chi ne volesse un saggio persuasivo potrebbe appagare il suo desiderio, leggendo quanto scrive S. Alberto Magno in / De motibus animalium, tr. 2, o. 4.
Egli vi troverà delle affermazioni come questa: « genera omnium passionum sunt tristitia et delectatio ».
Secondo S. Alberto esisterebbero quattro « potentiae passionum »: timor, tristitia, concupiscentia ( che alcuni chiamano spes ), e delectatio.
Mentre finiva di stendere il suo commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, S. Tommaso fu pressato forse dagli stessi suoi discepoli parigini a precisare meglio il suo pensiero sulle passioni in una solenne determinazione magistrale.
Abbiamo così le questioni disputate 25 e 26 del De Ventate, che riquadrano perfettamente il suo pensièro già maturo.
Ho indicato di proposito anche la q. 25, sebbene d'ordinario non venga riportata tra i luoghi paralleli del trattato De passionibus; perchè in essa il Dottore Angelico presenta con assoluta chiarezza il suo principio risolutivo per la definizione e per la classificazione dei moti passionali: natura e comportamento della sensualità, ossia dell'appetito sensitivo, che si sdoppia nelle due potenze dell'irascibile e del concupiscibile.
Nella q. 26, aa. 2-5 ritroviamo in gran parte quanto era stato già detto nel Commento alle Sentenze.
La sicurezza del giovane insegnante è senza esitazioni di sorta.
Si noti però che codeste dottrine venivano presentate come temi marginali; tutto era inquadrato nella soluzione di gravi problemi teologici: peccato personale e peccato originale, pene dell'inferno, merito e demerito, dolori fisici e morali dell'anima del Cristo.
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