Summa Teologica - I-II |
5 - Vediamo brevemente quali siano le fonti a cui l'Aquinate ha potuto attingere la sua dottrina, prima di passare allo studio del suo trattato sulle passioni come si presenta nella Somma Teologica.
Abbiamo già accennato ad Aristotele, ricordando in particolare l'Etica Nicomachea.
Qui nella Somma il Santo Dottore mostra di conoscere un'altra opera fondamentale dello Stagirita, tradotta negli anni in cui egli attendeva ai suo capolavoro, vale a dire la Retorica.
In essa Aristotele scende a descrivere nei particolari i moti di certe passioni, le loro cause, e i loro rimedi.
Si trattava di un'opera tuttora ignota in occidente; ecco perché S. Tommaso non sdegna di parafrasarne interi brani, richiamandosi onestamente alla fonte.
S'ingannerebbe però chi pensasse a una sua dipendenza assoluta dal filosofo greco.
L'Aquinate costruisce una sintesi scientifica, preoccupato soltanto della sua intima coerenza, e della sicurezza dei suoi fondamenti.
Ma è felice sempre di sottolineare la consonanza della propria dottrina con i pensatori più autorevoli del passato.
Neppure in questo caso egli avanza riserve per gli autori pagani.
Oltre ad Aristotele vediamo citato con una certa frequenza Cicerone, sporadicamente Avicenna, e persino Sallustio.
Si rimane perciò meravigliati di non vedere mai citato, nelle questioni dedicate all'argomento, il De ira di Seneca.
Siamo costretti a pensare che S. Tommaso non aveva ancora mai letto quest'opera, che egli mostrerà di conoscere solo a cominciare dalla II-II, cioè dai suoi trattati sulla morale speciale.
Il pensiero platonico e quello stoico è conosciuto soprattutto, per non dire esclusivamente, attraverso le opere di Aristotele, dello Pseudo-Dionigi, dello Pseudo-Nisseno ( cioè di Nemesio ), e di S. Agostino.
La presenza di quest'ultimo nel trattato è assai considerevole, anche se meno invadente di quella d'Aristotele.
Gli squarci autobiografici del vescovo d'Ippona sono utilizzati bene a proposito nella definizione di delicati problemi di psicologia.
Dopo S. Agostino, l'autore cristiano più citato è il Damasceno.
Da lui e da Nemesio il Dottore Angelico ha ereditato la divisione dell'appetito sensitivo in due facoltà distinte: irascibile e concupiscibile.
Infatti codesta dottrina era stata soltanto riferita da Aristotele, senza nessuna convinzione ( cfr. 3 De Anima, c. 9 ).
Vedremo invece quanta importanza essa abbia nel trattato tomistico delle passioni.
L'autorità del Damasceno, unita di solito a quella dello Pseudo-Nisseno, porterà S. Tommaso ad accogliere anche tesi di minore importanza, quale, p. es., la divisione della tristezza nelle sue specie ( cfr. q. 35, a. 8 ).
6 - Anche le citazioni bibliche sono sparse con una certa abbondanza.
Ma in che modo la sacra Scrittura poteva essere utilizzata nella costruzione di un trattato così poco teologico?
Sarebbe stato da ingenui attendersi dal testo sacro una teoria anche solo embrionale delle passioni umane.
Però non era affatto inutile controllare su quei testi così santi e così divulgati la validità di una nomenclatura estremamente cangiante, come quella riservata nel corso dei secoli al mondo delle passioni.
Ed è stato proprio questo il principale sussidio che il Dottore Angelico ha chiesto ai libri santi.
Le undici passioni con la loro esatta terminologia si possono riscontrare tutte nella Bibbia, secondo il significato tecnico della Somma Teologica.
E se il nostro Santo sentirà il dovere di precisare che il termine passione è più appropriato per le passioni mortificanti ( cfr. q. 35, a. 1 ), non vi sarà indotto solo da motivi teorici, ma anche dal fatto che nella Scrittura questo è l'uso più insistente del termine suddetto: passione nel significato di patimento.
Evidentemente S. Tommaso non faceva come certi filosofi moderni, che spesso ricorrono a una terminologia medita per delle idee niente affatto nuove: egli aspirava ad adeguarsi col pensiero alla realtà delle cose, e nell'uso delle parole cercava di non scostarsi dalla parola di Dio, e dall'uso corrente.
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