Summa Teologica - I-II |
C. G., III, c. 48; Comp. Theol., c. 104
Pare che la beatitudine consista nell'esercizio delle scienze speculative.
1. Il Filosofo [ Ethic. 1,13 ] scrive che « la felicità è un'operazione procedente da una virtù perfetta ».
E nel classificare le virtù si limita a ricordare, tra quelle speculative, « la scienza, la sapienza e l'intelletto » [ Ethic. 6, cc. 3 ss. ], che rientrano tutte nell'esercizio delle scienze speculative.
Quindi l'ultima beatitudine dell'uomo consiste nell'esercizio delle scienze speculative.
2. L'ultima felicità dell'uomo è costituita da quel bene che tutti desiderano per se stesso.
Ma tale è precisamente l'esercizio delle scienze speculative: poiché « tutti gli uomini desiderano naturalmente il sapere », come scrive Aristotele [ Met. 1,1 ]; e nel medesimo libro [ c. 2 ] egli aggiunge che le scienze speculative sono ricercate per se stesse.
Quindi la felicità consiste nell'esercizio delle scienze speculative.
3. La felicità è l'ultima perfezione dell'uomo.
Ma ogni essere viene reso perfetto in quanto passa dalla potenza all'atto, e d'altra parte l'intelletto umano passa dalla potenza all'atto mediante l'esercizio delle scienze speculative.
Quindi in tale esercizio consiste l'ultima beatitudine dell'uomo.
In Geremia [ Ger 9,23 ] sta scritto: « Non si vanti il saggio della sua saggezza »; e si intende la saggezza delle scienze speculative.
Quindi l'ultima felicità dell'uomo non consiste nell'esercizio di tali scienze.
Abbiamo già detto che la felicità dell'uomo è di due specie: perfetta e imperfetta.
Ora, per beatitudine perfetta si deve intendere quella che esaurisce la vera nozione di felicità, e per beatitudine imperfetta quella che non la esaurisce, ma solo ne partecipa un aspetto particolare.
Come la prudenza perfetta si trova propriamente nell'uomo, che possiede la retta norma delle azioni da compiere, mentre la prudenza imperfetta si trova anche in certi animali, in cui si riscontrano particolari istinti a compiere opere simili a quelle dovute alla prudenza.
Dunque la felicità non può consistere essenzialmente nell'esercizio delle scienze speculative.
Per averne la dimostrazione si deve considerare che l'esercizio di una scienza speculativa non si estende oltre alla virtualità dei suoi princìpi: poiché una scienza è contenuta tutta virtualmente nei suoi princìpi.
Ora, i primi princìpi delle scienze speculative sono appresi mediante i sensi, come dimostra Aristotele [ Met. 1,1; Anal. Post. 2,15 ].
Quindi l'esercizio delle scienze speculative si può estendere solo entro quei limiti che possono essere raggiunti con la conoscenza delle realtà sensibili.
Ma l'ultima beatitudine dell'uomo, che è poi la sua perfezione suprema, non può consistere nella conoscenza delle realtà sensibili.
Nulla infatti può essere perfezionato da una realtà inferiore se non in quanto quest'ultima partecipa in qualche modo di una realtà superiore.
Ora, è evidente che l'idea della pietra, o di qualsiasi altra realtà sensibile, è inferiore all'uomo.
Quindi l'intelletto non acquista perfezione alcuna dall'idea della pietra come tale, ma solo in quanto in essa c'è una partecipazione di qualcosa che è al di sopra dell'intelletto umano, e cioè la luce intelligibile, o altre cose del genere.
Siccome dunque ciò che è per partecipazione si riporta a ciò che è per essenza, è necessario che l'ultima perfezione dell'uomo sia attribuita alla conoscenza di qualcosa che è al di sopra dell'intelletto umano.
E così rimane stabilito che l'ultima felicità dell'uomo non può consistere nell'esercizio delle scienze speculative.
- Tuttavia, come nelle forme sensibili è partecipata una somiglianza delle sostanze superiori, così nell'esercizio delle scienze speculative si trova una certa partecipazione della vera e perfetta beatitudine.
1. In quel passo il Filosofo parla della felicità imperfetta, raggiungibile, come si è visto [ a. 2, ad 4 ], nella vita presente.
2. È desiderata naturalmente non soltanto la beatitudine perfetta, ma anche qualsiasi somiglianza o partecipazione della medesima.
3. Esercitandosi nelle scienze speculative il nostro intelletto passa all'atto, ma non all'atto ultimo e completo.
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