Summa Teologica - I-II |
Supra, q. 3, a. 4; In 2 Sent., d. 38, q. 1, a. 2; In 4 Sent., d. 49, q. 1, a. 1, sol. 2; q. 3, a. 4, sol. 3; Comp. Theol., cc. 107, 165; 10 Ethic., lect. 6
Pare che il godimento non sia un requisito della beatitudine.
1. S. Agostino [ De Trin. 1,8.15; Enarr. in Ps. 90 ] insegna che « la visione è tutta la ricompensa della fede ».
Ma come Aristotele [ Ethic. 1,9 ] dimostra, la felicità è il premio, o mercede, della virtù.
Quindi per la felicità non si richiede altro che la visione.
2. La beatitudine è « un bene per se stesso sufficientissimo », come dice il Filosofo [ Ethic 1,7 ].
Ma ciò che ha bisogno di qualcosa non è di per sé sufficiente.
Poiché dunque l'essenza della beatitudine consiste nella visione di Dio, come si è visto [ q. 3, a. 8 ], sembra che per la beatitudine non si richieda il godimento.
3. È necessario, come dice Aristotele [ Ethic 7,13 ], che « l'operazione della felicità », o beatitudine, « non sia ostacolata ».
Ma il godimento ostacola l'azione dell'intelletto, poiché « guasta il giudizio della prudenza » come dice sempre il Filosofo [ Ethic 6,5 ].
Quindi il godimento non è richiesto per la beatitudine.
S. Agostino [ Conf. 10,23.33 ] insegna che la beatitudine è « il godimento della verità ».
Una cosa può essere richiesta per un'altra in quattro modi.
Primo, quale suo presupposto o prerequisito: come lo studio per la scienza.
Secondo, quale elemento perfettivo: come l'anima è richiesta per la vita del corpo.
Terzo, quale aiuto estrinseco: come sono richiesti dei compagni per compiere un'impresa.
Quarto, quale elemento concomitante: come se dicessimo che il calore è richiesto per il fuoco.
Ed è in quest'ultimo modo che si richiede il godimento nella beatitudine.
Infatti il godimento nasce dall'acquietarsi dell'appetito nel bene raggiunto.
Non essendo quindi la beatitudine altro che il conseguimento del sommo bene, non ci può essere la beatitudine senza il godimento che la accompagna.
1. Per il fatto stesso che viene corrisposta la ricompensa, la volontà di chi l'ha meritata si acquieta, cioè ne gode.
Quindi il godimento è incluso nella nozione stessa della retribuzione.
2. Il godimento è causato dalla visione stessa di Dio.
Quindi chi vede Dio non può essere privo di godimento.
3. La gioia che accompagna l'operazione dell'intelletto non è di impedimento a quest'ultima, anzi le dà vigore, come insegna Aristotele [ Ethic. 10,4 ]: infatti noi compiamo con maggiore attenzione e perseveranza le azioni piacevoli.
Invece un godimento estraneo ostacola l'operazione: qualche volta perché distrae l'attenzione, poiché le cose che piacciono ci attirano di più, come si è detto; e mentre siamo attratti con forza verso una cosa l'attenzione è distolta dalle altre.
Altre volte invece perché si tratta di cose contrarie: come un piacere sensibile contrario alla ragione impedisce il giudizio della prudenza più ancora che quello dell'intelletto speculativo.
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