Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se le azioni umane derivino la bontà o la malizia dal loro oggetto

Infra, q. 19, a. 1; In 2 Sent., d. 36, q. 1, a. 5

Pare che le azioni non derivino la bontà o la malizia dal loro oggetto.

Infatti:

1. Oggetto dell'azione sono le cose.

Ora, come insegna S. Agostino [ De doctr. christ. 3,12.19 ], « il male non è nelle cose, ma nell'uso di chi pecca ».

Quindi le azioni umane non devono all'oggetto la loro bontà o la loro malizia.

2. L'oggetto è come la materia rispetto all'operazione.

Ora, la bontà di una cosa non proviene dalla materia, ma piuttosto dalla forma, che è un atto.

Quindi il bene e il male non derivano alle nostre azioni dall'oggetto.

3. L'oggetto di una potenza attiva sta all'azione come un effetto sta alla causa.

Ora, la bontà di una cosa non dipende dall'effetto, ma piuttosto è vero il contrario.

Quindi le azioni umane non devono la bontà o la malizia al loro oggetto.

In contrario:

Il Profeta Osea [ Os 9,10 ] afferma: « Diventarono abominevoli come le cose che amarono ».

Ora, l'uomo diventa abominevole dinanzi a Dio per la malizia delle sue opere.

Quindi la malizia dell'operare dipende dalla malizia dell'oggetto che uno ama.

E lo stesso si dica della bontà delle sue azioni.

Dimostrazione:

Come si è chiarito [ a. 1 ], il bene e il male dell'agire, come delle altre cose, viene desunto dalla pienezza o dall'incompletezza nell'essere.

Ora, il primo elemento che contribuisce alla pienezza dell'essere è quello che dà a una cosa la sua specie.

E come un essere corporeo riceve la specie dalla sua forma, così l'azione riceve la specie dall'oggetto: come anche il moto dal termine.

Come quindi la prima bontà di un essere fisico viene desunta dalla forma, che gli dona la specie, così la prima bontà dell'atto morale viene desunta dall'oggetto corrispettivo, per cui alcuni ne parlano come di un bene che è tale per il suo genere: come p. es. fare uso dei propri averi.

E come il primo male per un essere corporeo è il mancato raggiungimento della propria forma specifica - il fatto, p. es., che non è generato un uomo, ma qualcos'altro al posto di un uomo -, così il primo male per le azioni morali è quello che deriva dall'oggetto: p. es. prendere la roba altrui.

E allora si parla di un male che è tale per il suo genere, prendendo il genere per la specie, come quando chiamiamo genere umano tutta la specie umana.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene le realtà esteriori in se stesse siano buone, tuttavia non sempre hanno la debita proporzione a questo o a quell'atto.

Per cui in quanto sono considerate come oggetto di tali atti, non sono buone.

2. L'oggetto non è la materia con la quale si compie un atto, bensì la materia intorno alla quale si agisce: esso perciò si presenta piuttosto come una forma, poiché dà la specie.

3. Non sempre l'oggetto dell'azione umana è l'oggetto di una potenza attiva.

Infatti la potenza appetitiva in qualche modo è passiva, poiché è mossa dall'oggetto appetibile: e tuttavia è il principio degli atti umani.

- Del resto neppure l'oggetto delle potenze attive si presenta sempre come un effetto, ma solo quando ha già subìto una trasmutazione: come gli alimenti assimilati sono un effetto della potenza nutritiva, ma gli alimenti assimilabili stanno alla potenza nutritiva come la materia su cui essa opera.

Dal fatto poi che l'oggetto è in qualche maniera un effetto della potenza attiva segue che è termine dell'agire di essa, e che quindi dà la forma e la specie all'azione: infatti il moto riceve la specie dal suo termine.

- E sebbene la bontà dell'azione non sia causata dalla bontà dell'effetto, tuttavia essa viene detta buona in quanto è capace di produrre un effetto buono.

Quindi la stessa proporzione dell'azione all'effetto è il costitutivo della sua bontà.

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