Summa Teologica - I-II

Indice

Articolo 3 - Se la bontà della volontà dipenda dalla ragione

Pare che la bontà della volontà non dipenda dalla ragione.

Infatti:

1. Ciò che è anteriore non può dipendere da ciò che è posteriore.

Ma il bene appartiene prima alla volontà che alla ragione, come si è visto [ q. 9, a. 1 ].

Quindi la bontà della volontà non può dipendere dalla ragione.

2. Il Filosofo [ Ethic. 6,2 ] insegna che la bontà dell'intelletto pratico consiste nel « vero conforme all'appetito retto ».

Ma l'appetito retto è la volontà buona.

Quindi la bontà della ragione pratica dipende dalla bontà della volontà, e non viceversa.

3. Il motore non può dipendere da ciò che esso muove, ma piuttosto è il contrario.

Ora, la volontà muove la ragione e le altre potenze, come si è detto [ q. 9, a. 1 ].

Quindi la bontà della volontà non dipende dalla ragione.

In contrario:

Scrive S. Ilario [ De Trin. 10,1 ]: « Ogni pertinacia nei voleri prestabiliti è smodata, quando la volontà non è sottomessa alla ragione ».

Ma la bontà della volontà consiste nel fatto che essa non è smodata.

Quindi la bontà della volontà dipende dalla sua sottomissione alla ragione.

Dimostrazione:

Come si è spiegato [ aa. 1,2 ], la bontà della volontà dipende propriamente dall'oggetto.

Ma l'oggetto viene proposto alla volontà dalla ragione.

Infatti la volontà ha come suo oggetto proporzionato il bene conosciuto intellettualmente; invece il bene percepito dal senso o dall'immaginazione non è proporzionato alla volontà, ma all'appetito sensitivo: poiché la volontà può tendere al bene universale conosciuto dalla ragione, mentre l'appetito sensitivo tende soltanto al bene particolare conosciuto dalle potenze sensitive.

Quindi la bontà della volontà dipende dalla ragione nel modo stesso in cui dipende dall'oggetto.

Analisi delle obiezioni:

1. Il bene sotto l'aspetto di bene, cioè di appetibile, appartiene alla volontà prima che alla ragione.

Tuttavia appartiene prima alla ragione sotto l'aspetto di vero che non alla volontà sotto l'aspetto di appetibile: poiché non ci può essere nella volontà il desiderio di un bene se questo prima non viene appreso dalla ragione.

2. Il Filosofo in quel testo parla dell'intelletto pratico in quanto consiglia e discute dei mezzi: così infatti è perfezionato dalla prudenza.

Ora, trattandosi di mezzi, la rettitudine della ragione consiste nella conformazione all'appetito del debito fine, appetito che però presuppone la retta apprensione del fine, che è dovuta alla ragione.

3. La volontà in un certo senso muove la ragione, e la ragione in un altro senso muove la volontà, dalla parte cioè dell'oggetto, come si è visto [ q. 9, a. 1 ].

Indice