Summa Teologica - I-II

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Articolo 7 - Se la bontà della volizione dei mezzi dipenda dall'intenzione del fine

In 2 Sent., d. 38, q. 1, aa. 4, 5

Pare che la bontà della volizione non dipenda dall'intenzione del fine.

Infatti:

1. Abbiamo già detto [ a. 2 ] che la bontà del volere dipende solo dall'oggetto.

Ma nella volizione dei mezzi l'oggetto della volontà è distinto dal fine che si persegue.

Quindi in questi casi la bontà del volere non dipende dall'intenzione del fine.

2. Voler osservare i comandamenti di Dio è proprio di una volontà buona.

Ma ciò può essere indirizzato a un fine cattivo, p. es. alla vanagloria, oppure alla cupidigia, quando uno vuole ubbidire a Dio per conseguire dei beni temporali.

Quindi la bontà della volizione non dipende dall'intenzione del fine.

3. Il bene e il male, come distinguono le volizioni, così distinguono i fini.

Ma la malizia della volizione non dipende dalla malvagità del fine che si persegue.

Chi infatti vuole rubare per fare l'elemosina ha una volontà cattiva, anche se persegue un fine buono.

Quindi la bontà della volizione non dipende dalla bontà del fine inteso.

In contrario:

S. Agostino [ Conf. 13,26.39 ] insegna che Dio premia l'intenzione.

Ma una cosa è premiata da Dio perché è buona.

Quindi la bontà del volere dipende dall'intenzione del fine.

Dimostrazione:

L'intenzione può avere verso la volizione due rapporti differenti: può essere cioè precedente o conseguente.

L'intenzione precede la volizione, come sua causa, quando vogliamo una cosa per l'intenzione di un fine.

E allora l'ordine al fine viene considerato come un certo aspetto della bontà di ciò che è voluto, p. es. quando uno vuole digiunare in onore di Dio: infatti il digiuno ha ragione di bene in quanto è fatto per Dio.

Quindi, siccome la bontà della volizione dipende, come si è detto [ aa. 1,2 ], dalla bontà dell'oggetto voluto, necessariamente deve dipendere dall'intenzione del fine.

L'intenzione è invece conseguente alla volizione quando si aggiunge a una volizione preesistente: come quando uno vuole fare una cosa, e in seguito la riferisce a Dio.

E allora la bontà della prima volizione non dipende dall'intenzione susseguente, a meno che non venga reiterato l'atto di volizione con l'intenzione sopravvenuta.

Analisi delle obiezioni:

1. Quando l'intenzione è causa della volizione l'ordine al fine viene considerato, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ], come un certo aspetto della bontà dell'oggetto.

2. La volizione non può dirsi buona se è cattiva l'intenzione che spinge a volere.

Infatti chi vuole fare l'elemosina per conseguire la vanagloria vuole ciò che in se stesso è bene sotto un aspetto di male: di conseguenza, come è da lui voluta, la cosa è cattiva.

Quindi la sua volizione è cattiva.

- Se invece l'intenzione è posteriore, allora la volizione poté essere buona; e dall'intenzione successiva non può essere depravato l'atto di volontà fatto in precedenza, ma solo l'atto di volontà che viene reiterato.

3. Si è già detto [ a. 6, ad 1 ] che « il male è occasionato dai singoli difetti, il bene invece dalla totalità e integrità delle cause ».

Quindi, sia che la volizione abbia per oggetto una cosa cattiva, anche sotto l'aspetto di bene, sia che abbia per oggetto il bene sotto l'aspetto di male, sarà sempre cattiva.

Perché invece la volontà sia buona si richiede che abbia per oggetto il bene sotto l'aspetto di bene: cioè che voglia il bene, e a motivo del bene.

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