Summa Teologica - I-II |
De Verit., q. 17, a. 3; ad 4; Quodl., 3, q. 12, a. 2, ad 2; 8, q. 6, aa. 3, 5; 9, q. 7, a. 2
Pare che la volontà concordante con la ragione erronea sia buona.
1. Come il volere discordante dalla ragione persegue una cosa che la ragione giudica cattiva, così la volontà concordante con la ragione persegue una cosa che la ragione giudica buona.
Ora, il volere che discorda dalla ragione, anche erronea, è cattivo.
Quindi il volere che concorda con la ragione, anche se erronea, è buono.
2. Il volere che concorda con i comandamenti di Dio e con la legge eterna è sempre buono.
Ma la legge eterna e i comandamenti di Dio ci vengono proposti dalla ragione, anche se erronea.
Quindi il volere che concorda con la ragione erronea è buono.
3. Il volere che discorda dalla ragione erronea è cattivo.
Se dunque è cattivo anche il volere che concorda con essa, ne viene che sarà cattiva qualsiasi volizione di chi si trova ad avere una ragione erronea.
E allora il volere di costui sarà perplesso, e dovrà peccare necessariamente: il che è inammissibile.
Quindi il volere che segue la ragione erronea è buono.
Il volere di coloro che uccidevano gli Apostoli era cattivo.
E tuttavia concordava con la loro ragione erronea, poiché sta scritto [ Gv 16,2 ]: « Verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio ».
Quindi il volere che concorda con la ragione erronea può essere cattivo.
Come il problema precedente si identifica col quesito se la coscienza erronea obblighi, così il quesito attuale si identifica con quello in cui ci si domanda se la coscienza erronea scusi [ dal peccato ].
Ora, il problema dipende da ciò che abbiamo detto a proposito dell'ignoranza.
Infatti sopra [ q. 6, a. 8 ] abbiamo detto che l'ignoranza non sempre causa involontarietà.
E poiché sia il bene che il male morale si trovano nell'atto in quanto questo è volontario, come è evidente da quanto si è detto [ a. 2 ], è chiaro che esclude la ragione di bene e di male morale l'ignoranza che causa l'involontarietà dell'atto, non già quella che non la causa.
E abbiamo anche detto che l'ignoranza direttamente o indirettamente volontaria non causa involontarietà.
E chiamo ignoranza direttamente volontaria quella che è perseguita da un atto di volontà; indirettamente volontaria invece quella dovuta a negligenza, nel senso che uno non vuole sapere ciò che è tenuto a sapere, come si è spiegato [ q. 6, a. 8 ].
Se dunque la ragione o la coscienza è erronea per un errore direttamente o indirettamente volontario, riguardo a cose che uno è tenuto a sapere, tale errore non scusa dal peccato la volontà che segue la ragione o la coscienza erronea.
Se invece si tratta di un errore che produce involontarietà, in quanto provocato, senza negligenza alcuna, dall'ignoranza di particolari circostanze, allora tale errore della ragione o della coscienza scusa la volontà dal peccato.
Se la ragione erronea, p. es., affermasse che un uomo è tenuto ad accostarsi alla moglie di un altro, il volere che si uniformasse a tale ragione sarebbe peccaminoso, poiché tale errore proviene dall'ignoranza della legge di Dio, che siamo tenuti a conoscere.
Se invece uno si inganna credendo che la donna furtivamente introdotta sia sua moglie, e alle richieste di lei volesse trattarla come tale, questa sua volizione sarebbe scusata dal peccato: poiché questo errore proviene dall'ignoranza delle circostanze, che scusa e causa involontarietà.
1. Come insegna Dionigi [ De div. nom. 4 ], « il bene è causato dall'integrità delle cause, il male invece anche da difetti particolari ».
Per rendere quindi cattivo l'oggetto su cui si porta la volontà basta che esso sia cattivo in se stesso, o che sia percepito come tale.
Perché invece sia buono si richiede che lo sia sotto entrambi gli aspetti.
2. La legge eterna non può sbagliare mai, ma la ragione umana può sbagliare.
Quindi il volere che concorda con la ragione umana non sempre è retto, e non sempre concorda con la legge eterna.
3. In logica, come in morale, posto un errore necessariamente ne seguono altri.
Posto, p. es., che uno cerchi la vanagloria, sia che faccia per vanagloria ciò che è tenuto a fare, sia che non lo faccia, peccherà ugualmente.
E tuttavia non è perplesso, poiché può deporre la cattiva intenzione.
Analogamente, una volta posto l'errore della ragione o della coscienza dovuto a un'ignoranza colpevole, segue necessariamente il peccato nella volizione.
E tuttavia la persona non è perplessa, avendo la possibilità di togliersi dall'errore, dato che l'ignoranza è vincibile e volontaria.
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