Summa Teologica - I-II |
In 2 Sent., d. 36, q. 1, a. 2; De Malo, q. 10, a. 1, ad 1; q. 12, a. 2, ad 1; a. 3
Pare che nessuna passione sia moralmente buona o cattiva.
1. La bontà o la malizia morale è propria dell'uomo; infatti, come dice S. Ambrogio [ In Lc, Prol. ], « i costumi sono umani, propriamente parlando ».
Invece le passioni non sono proprie degli uomini, ma sono comuni anche agli altri animali.
Quindi nessuna passione è moralmente buona o cattiva.
2. Il bene dell'uomo sta « nell'essere conforme alla ragione », e il suo male « nell'essere lontano dalla ragione », come spiega Dionigi [ De div. nom. 4 ].
Ora, le passioni dell'anima non sono nella ragione, ma nell'appetito sensitivo, come si è visto [ q. 22, a. 3 ].
Quindi sono fuori del bene e del male dell'uomo, che è di ordine morale.
3. Il Filosofo [ Ethic. 2,5 ] insegna che « non acquistiamo lode o biasimo per le passioni ».
Invece il bene e il male morale ci procurano lode o vituperio.
Quindi le passioni non sono moralmente né buone né cattive.
Parlando delle passioni S. Agostino [ De civ. Dei 14,7 ] scrive: « Esse sono cattive se l'amore è cattivo; sono buone se è buono ».
Le passioni dell'anima possono essere considerate sotto due aspetti: primo, in se stesse; secondo, in quanto sottostanno al comando della ragione o della volontà.
Se dunque vengono considerate in se stesse, cioè in quanto moti di un appetito non razionale, non si trova in esse la bontà o la malizia morale, che dipendono dalla ragione, come si è visto [ q. 18, a. 5 ].
Se invece vengono considerate come soggette al comando della ragione e della volontà, allora in esse si riscontra il bene o il male morale.
Infatti l'appetito sensitivo è più vicino alla ragione e alla volontà di quanto lo siano le membra esterne; e tuttavia i moti e gli atti di queste sono moralmente buoni o cattivi, in quanto sono volontari.
Molto più, dunque, potranno essere moralmente buone o cattive le passioni.
Esse poi vengono dette volontarie o perché comandate dalla volontà, o perché da essa non ostacolate.
1. Le passioni considerate in se stesse sono comuni agli uomini e agli altri animali, ma in quanto comandate dalla ragione sono proprie degli uomini.
2. Anche le facoltà inferiori sono denominate razionali nella misura in cui « partecipano in qualche modo della ragione », come dice Aristotele [ Ethic. 1,13 ].
3. Il Filosofo dice che non acquistiamo lode o biasimo per le passioni considerate in se stesse; ma ciò non toglie che queste possano essere biasimevoli o lodevoli in quanto ordinate dalla ragione.
E infatti aggiunge: « Non si loda né si biasima chi teme o si adira, ma chi lo fa in una certa maniera », cioè seguendo o non seguendo la ragione.
Indice |