Summa Teologica - I-II |
Infra, q. 29, a. 1
Pare che il bene non sia l'unica causa dell'amore.
1. Il bene è causa dell'amore solo perché è amato.
Ma è amato anche il male, come sta scritto [ Sal 11,6 Vg ]: « Chi ama l'iniquità odia la propria anima »; altrimenti ogni amore sarebbe buono.
Quindi il bene non è l'unica causa dell'amore.
2. Il Filosofo [ Reth. 2,4 ] scrive che « noi amiamo coloro che dicono il male che è in loro ».
Quindi sembra che il male sia causa dell'amore.
3. Dionigi [ De div. nom. 4 ] afferma che « non soltanto il bene, ma anche il bello è amabile per tutti ».
S. Agostino [ De Trin. 8,3 ] scrive: « Certamente non si ama altro che il bene ».
Quindi solo il bene è causa dell'amore.
Come si è già visto [ q. 26, a. 1 ], l'amore appartiene a una facoltà appetitiva, che è una potenza passiva.
Quindi l'oggetto si rapporta ad essa come la causa del suo moto, o del suo atto.
Propriamente, quindi, la causa dell'amore è l'oggetto dell'amore.
Ma l'oggetto proprio dell'amore è il bene: poiché l'amore comporta una connaturalità o compiacenza dell'amante rispetto all'amato, e per ciascun essere è bene quanto è ad esso connaturale e proporzionato.
Quindi si deve concludere che il bene è la causa propria dell'amore.
1. Il male non è amato che sotto l'aspetto di bene, cioè in quanto è un bene parziale, che però viene considerato come un bene totale.
E in questo modo un amore può essere cattivo perché tende verso un oggetto che non è un vero bene sotto ogni aspetto.
Ed è per questo che si ama l'iniquità: poiché mediante l'iniquità si acquista qualche bene, come il piacere, la ricchezza o altre cose simili.
2. Si amano quelli che riconoscono i loro mali non per amore di questi, ma perché essi ne parlano liberamente: infatti scoprire il proprio male si presenta come un bene, poiché esclude la finzione e la simulazione.
3. Il bello si identifica con il bene, salvo una semplice differenza di ragione.
Mentre infatti il bene è « ciò che tutti gli esseri desiderano », e implica l'acquietarsi in esso dell'appetito, il bello implica invece l'acquietarsi dell'appetito alla sua sola presenza o conoscenza.
Per cui riguardano il bello quei sensi che sono maggiormente conoscitivi, cioè la vista e l'udito al servizio della ragione: e così parliamo di cose belle a vedersi o a udirsi. Invece per l'oggetto degli altri sensi non si usa parlare di bellezza: infatti non diciamo che sono belli i sapori o gli odori.
È perciò evidente che il bello aggiunge al bene una relazione con la facoltà conoscitiva: per cui si denomina bene ciò che è puramente e semplicemente gradevole all'appetito, bello invece ciò la cui stessa apprensione piace.
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