Summa Teologica - I-II |
Pare che un piacere non possa essere contrario all'altro.
1. Le passioni dell'anima ricevono la loro specie e la loro contrarietà dal loro oggetto.
Ma l'oggetto del piacere è il bene, e il bene non è contrario al bene, ma « il bene è contrario al male, e il male al male », come scrive Aristotele [ Praed. 8 ].
Quindi un piacere non si contrappone mai a un piacere.
2. Una cosa non ha che un unico contrario, come spiega Aristotele [ Met. 10,4 ].
Ma il contrario del piacere è la tristezza.
Quindi a un piacere non si può contrapporre un altro piacere.
3. Se al piacere è contrapposto un altro piacere, ciò è dovuto alla sola contrarietà esistente fra le cose di cui uno può godere.
Ma questa differenza è materiale, mentre la contrarietà è una differenza formale, come dice Aristotele [ l. cit. ].
Quindi non c'è mai contrarietà fra due piaceri.
Secondo il Filosofo [ Phys. 8,8; cf. Met. 9,4] sono contrarie quelle cose dello stesso genere che si impediscono a vicenda.
Ma come lo stesso fa notare [ Ethic. 10,5 ], certi piaceri si impediscono a vicenda.
Quindi ci sono dei piaceri fra loro contrari.
Abbiamo già detto [ q. 23, a. 4 ] che il piacere sta ai sentimenti dell'anima come la quiete ai corpi fisici.
Ora, due quieti si dicono contrarie quando si verificano in termini contrari: sono contrarie, p. es., « la quiete in alto e quella in basso », come nota Aristotele [ Phys. 5,6 ].
Quindi anche nei sentimenti dell'anima due piaceri possono essere contrari.
1. Le parole del Filosofo si riferiscono al bene e al male della virtù e del vizio: infatti si possono trovare due vizi contrari, non già due virtù contrarie.
Ma in altri generi di cose nulla impedisce che due beni siano contrari fra loro: il caldo e il freddo, p. es., sono il bene l'uno del fuoco, l'altro dell'acqua.
E in questo modo un piacere può essere contrario a un altro piacere.
Ma ciò non può avvenire per il bene morale: poiché il bene morale viene desunto dalla concordanza con un principio unico, cioè con la ragione.
2. Il piacere sta agli altri sentimenti dell'anima come la quiete fisica sta ai corpi: infatti ha per oggetto ciò che è conveniente e connaturale.
Invece la tristezza è come una quiete violenta: infatti l'oggetto che rattrista ripugna all'appetito sensitivo, come il luogo o la quiete violenta ripugna all'appetito naturale.
Ora, alla quiete naturale si oppone sia la quiete violenta del medesimo corpo, sia la quiete naturale di un altro corpo, come insegna Aristotele [ ib. ].
Quindi [ anche ] al piacere si contrappone sia la tristezza sia un altro piacere.
3. Essendo le cose di cui si gode l'oggetto del piacere, esse non causano una differenza soltanto materiale, ma anche formale, quando la ragione del loro piacere è diversa.
Infatti la diversità formale dell'oggetto determina la diversità specifica degli atti e delle passioni, come si è già spiegato [ q. 23, aa. 1,4; q. 30, a. 2].
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