Summa Teologica - I-II |
Pare che la somiglianza non sia causa di piacere.
1. Primeggiare e sovrastare implica una certa dissomiglianza.
Ma « primeggiare e sovrastare è naturalmente piacevole », come dice Aristotele [ Reth. 1,11 ].
Quindi è più di godimento la dissomiglianza che la somiglianza.
2. Nulla è più dissimile dal piacere che la tristezza.
Ora, come afferma Aristotele [ Ethic. 7,14 ], coloro che soffrono tristezze sono più portati ai piaceri.
Quindi la dissomiglianza è causa di piacere più della somiglianza.
3. Chi è ricolmo di un dato piacere non gode più di esso, ma ne prova nausea: come è evidente nell'abuso dei cibi.
Quindi la somiglianza non è causa di godimento.
La somiglianza, come si è detto [ q. 27, a. 3 ], causa l'amore.
Ma l'amore è causa di piacere.
Quindi la somiglianza è causa di piacere.
La somiglianza costituisce una certa unità: perciò quanto è simile, proprio per questa unità, è amabile, come si è detto [ ib. ], ed è piacevole.
Ora, se ciò che è simile non corrompe il nostro bene, ma lo accresce, allora è piacevole assolutamente parlando: così l'uomo è piacevole per l'uomo, e un giovane per un altro giovane.
- Se invece è atto a corromperlo, allora diviene accidentalmente disgustoso e fastidioso: non già per l'unità e la somiglianza, ma perché distrugge ciò che a noi è maggiormente unito.
Ora, la distruzione del nostro bene da parte di una cosa consimile può avvenire in due modi.
- Primo, poiché viene alterata la misura del nostro bene con qualche eccesso: il bene infatti, specialmente quello del corpo, come la salute, consiste in una certa misura.
Per cui un eccesso nel nutrimento o in qualsiasi altro piacere fisico produce fastidio.
- Secondo, per una diretta contrarietà al nostro bene: i vasai, p. es., detestano gli altri vasai non perché vasai, ma perché compromettono quel prestigio o quel guadagno che essi desiderano come loro proprio bene.
1. Anche il vincolo che lega chi primeggia ai propri sudditi stabilisce una somiglianza.
Essa tuttavia si regge sul presupposto di una certa superiorità, poiché il primeggiare e il sovrastare contribuiscono all'eccellenza del proprio bene: infatti primeggiare e comandare spetta alle persone sagge e migliori.
Quindi un uomo da questo fatto si forma la convinzione della propria bontà.
- Oppure il piacere nasce dal fatto che un uomo, col comandare o presiedere, procura il bene altrui.
2. L'oggetto chiamato a rallegrare chi è triste, sebbene non assomigli alla tristezza, tuttavia ha una somiglianza con l'uomo rattristato.
Poiché le cose tristi sono contrarie al bene di chi si rattrista.
E così chi è nella tristezza desidera il piacere come cosa giovevole al proprio bene, quale medicina del suo contrario.
E questo è il motivo per cui i piaceri corporali, a cui sono contrarie alcune tristezze, sono più desiderati dei piaceri spirituali, che non subiscono tristezze contrarie, come vedremo [ q. 35, a. 5 ].
E da ciò deriva pure che tutti gli animali bramano il piacere: poiché l'animale è sempre angustiato dalle sensazioni e dal moto.
Ed è ancora questo il motivo per cui i giovani desiderano tanto i piaceri: per le molteplici alterazioni che ne travagliano lo sviluppo.
E così pure i malinconici bramano ardentemente i piaceri per cacciare la tristezza: poiché, come dice Aristotele [ Ethic. 7,14 ], « il loro corpo è come corroso da un umore maligno ».
3. I beni del corpo richiedono una certa misura, per cui il loro eccesso corrompe il nostro benessere.
E in tal caso diventano nauseanti e fastidiosi proprio perché contrari al bene dell'uomo.
Indice |