Summa Teologica - I-II |
In 3 Sent., d. 25, q. 1, a. 1
Pare che negli animali bruti non ci sia la speranza.
1. La speranza, come dice il Damasceno [ De fide orth. 2,12 ], ha per oggetto il bene futuro.
Ma gli animali, avendo la sola conoscenza sensitiva che esclude le cose future, non possono conoscere il futuro.
Quindi la speranza non si trova negli animali.
2. Oggetto della speranza è il bene possibile a raggiungersi.
Ora, possibile e impossibile sono differenze del vero e del falso, i quali non possono trovarsi che nell'intelligenza, come insegna Aristotele [ Met. 6,4 ].
Quindi la speranza non si trova negli animali, che sono privi di intelligenza.
3. S. Agostino [ De Gen. ad litt. 9,14.24 ] scrive che gli animali « sono mossi da ciò che vedono ».
Ma la speranza ha per oggetto ciò che non si vede; dice infatti S. Paolo [ Rm 8,24 ]: « Ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? ».
Quindi la speranza non si trova negli animali bruti.
La speranza è una passione dell'irascibile.
Ma negli animali bruti c'è l'irascibile.
Quindi anche la speranza.
Le passioni interne degli animali possono essere rilevate dal loro comportamento esterno.
Ora, da questo appare evidente che negli animali bruti c'è la speranza.
Se infatti il cane vede una lepre, o l'avvoltoio un uccello, troppo distante, non si muove verso la preda, quasi disperando di poterla raggiungere; si muove invece se è vicina, quasi nella speranza di raggiungerla.
Come infatti si è detto sopra [ q. 1, a. 2; q. 26, a. 1; q. 35, a. 1 ], l'appetito sensitivo dei bruti, e persino l'appetito naturale degli esseri privi di senso, segue la conoscenza di un qualche intelletto, come fa l'appetito della natura intellettiva, che è detto volontà.
Ma la differenza sta in questo: che la volontà si muove in seguito alla conoscenza di un intelletto proprio, mentre il moto dell'appetito naturale segue la conoscenza dell'intelletto separato che ha creato la natura; e questa è pure la condizione dell'appetito sensitivo degli animali, portati anch'essi da un istinto naturale.
Per cui nell'operare degli animali e degli altri esseri corporei si notano dei procedimenti analoghi a quelli della tecnica umana.
Ed è in questo modo che negli animali si trovano la speranza e la disperazione.
1. Sebbene gli animali non conoscano il futuro tuttavia, in forza dell'istinto naturale, si muovono verso di esso come se lo prevedessero.
Un simile istinto infatti è stato posto in essi dall'intelletto di Dio, che prevede il futuro.
2. Il possibile che è oggetto della speranza non è il possibile che suddivide il vero, e che qualifica il rapporto tra soggetto e predicato.
Oggetto della speranza è invece il possibile che è tale rispetto a una data potenza.
E di questa distinzione parla pure Aristotele nel V libro della Metafisica [ c. 12 ].
3. Sebbene non si possa vedere il futuro, tuttavia ciò che l'animale vede al presente può sollecitare l'appetito a perseguire o a fuggire una cosa futura
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