Summa Teologica - I-II |
De Virt., q. 1, a. 7; In 6 Ethic., lect. 3
Pare che gli abiti intellettuali delle arti o mestieri non siano virtù.
1. S. Agostino [ De lib. arb. 2, cc. 18,19 ] insegna che « della virtù nessuno usa malamente ».
Invece alcuni fanno un cattivo uso della loro arte: infatti un artigiano può lavorare malamente, rispetto ai princìpi della sua arte.
Quindi le arti non sono virtù.
2. Non ci può essere la virtù di una virtù.
Invece, al dire del Filosofo [ Ethic. 6,5 ], « esiste una certa virtù dell'arte ».
Quindi l'arte non è una virtù.
3. Le arti liberali sono più nobili delle arti meccaniche.
Ora, come le arti meccaniche sono pratiche, così quelle liberali sono speculative.
Se quindi l'arte fosse una virtù intellettuale, dovrebbe essere annoverata fra le virtù speculative.
Il Filosofo nell'Etica [ 6, cc. 3,7 ] insegna che l'arte è una virtù; e tuttavia non la enumera tra le virtù speculative, la cui sede egli ripone nel potere scientifico dell'anima.
L'arte non è altro che la retta norma per compiere determinate opere.
E il bene in questi casi non consiste nel fatto che il volere umano si comporta in una data maniera, ma nel fatto che è buona la cosa stessa prodotta.
Infatti non torna a lode dell'artefice come tale l'intenzione con la quale egli compie la sua opera, ma solo la qualità dell'opera che egli compie.
Perciò, propriamente parlando, l'arte è un abito operativo.
E tuttavia in qualcosa coincide con gli abiti speculativi: poiché anche gli abiti speculativi hanno di mira la situazione delle cose conosciute, e non il comportamento della volontà umana nei loro riguardi.
Infatti, purché il geometra faccia una dimostrazione vera, non importa il suo stato d'animo, se cioè è contento o adirato: e così non interessa nel caso di un artista o di un artigiano, come si è detto [ a. 2, ad 3 ].
Perciò le arti hanno natura di virtù come gli abiti speculativi: nel senso cioè che né le arti né gli abiti speculativi rendono buona l'opera quanto all'uso, poiché questo è il compito proprio delle virtù morali, ma solo quanto alla capacità di ben operare.
1. Quando chi possiede un mestiere compie un'opera difettosa fa un'opera non degna, ma indegna della sua arte: come anche quando uno mente conoscendo la verità, il suo dire non è secondo la scienza, ma contrario ad essa.
Come quindi la scienza è sempre legata al bene, come si è detto [ a. 2, ad 3 ], così anche l'arte: e da questo lato viene denominata virtù.
Non raggiunge però la perfetta natura di virtù perché non rende buono anche l'uso, per il quale si richiede qualche altra cosa; sebbene non ci possa essere il buon uso [ di una facoltà ] senza l'arte.
2. Perché un uomo usi bene della sua arte si richiede che abbia la volontà retta, e questa raggiunge la sua perfezione con la virtù morale: per questo il Filosofo parla di virtù, morale si intende, dell'arte, in quanto il suo buon uso richiede delle virtù morali. Infatti è chiaro che la giustizia, che dà rettitudine alla volontà, farà sì che un artigiano sia portato a compiere un'opera genuina.
3. Anche nell'attività speculativa ci sono degli esercizi che si presentano come opere: p. es. la costruzione di un sillogismo, di un buon discorso, oppure le operazioni di numerazione o di misurazione.
Perciò tutti gli abiti speculativi che sono ordinati a queste opere del raziocinio, per una certa somiglianza vengono dette arti, però liberali: per distinguerle da quelle arti che sono ordinate a opere da compiersi mediante il corpo, e che sono in qualche modo servili, in quanto il corpo è sottoposto all'anima come schiavo, mentre l'uomo in forza dell'anima è libero.
Invece le scienze che non sono ordinate ad alcuna opera vengono dette semplicemente scienze, non arti.
Per il fatto poi che le arti liberali sono più nobili non è detto che ad esse convenga maggiormente il carattere di arte.
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