Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se le virtù intellettuali consistano in un giusto mezzo

In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 3, sol. 3; De Virt., q. 1, a. 13; q. 4, a. 1, ad 7

Pare che le virtù intellettuali non consistano in un giusto mezzo.

Infatti:

1. Le virtù morali consistono nel giusto mezzo in quanto devono conformarsi alla regola della ragione.

Ma le virtù intellettuali sono nella ragione stessa, per cui non si vede come possano avere una regola superiore.

Quindi le virtù intellettuali non consistono in un giusto mezzo.

2. Il giusto mezzo delle virtù morali viene determinato da una virtù intellettuale: come infatti Aristotele [ Ethic. 2,6 ] ha scritto, « la virtù consiste nel giusto mezzo dovuto alla ragione determinata secondo la determinazione del savio ».

Ora, se a sua volta la virtù intellettuale dovesse consistere in un giusto mezzo, bisognerebbe determinare tale mezzo mediante un'altra virtù.

E così si procederebbe all'infinito nella serie delle virtù.

3. Il giusto mezzo sta fra due contrari, come dimostra Aristotele [ Met. 10,7 ].

Ma nell'intelletto non esiste alcuna contrarietà, poiché gli stessi contrari, in quanto sono nell'intelletto, non sono contrari, ma vengono conosciuti simultaneamente.

Quindi non esiste un giusto mezzo nelle virtù intellettuali.

In contrario:

Come insegna Aristotele [ Ethic. 6, cc. 2,3 ], l'arte è una virtù intellettuale; e tuttavia a suo parere [ Ethic. 2,6 ] esiste il giusto mezzo nell'arte.

Perciò anche le virtù intellettuali consistono in un giusto mezzo.

Dimostrazione:

Il bene di una cosa consiste nel giusto mezzo in quanto è conforme a una regola o misura che essa potrebbe sorpassare e non raggiungere, come si è detto [ a. 1 ].

Ora, le virtù intellettuali sono ordinate al bene, come anche le morali, secondo le spiegazioni date [ q. 56, a. 3 ].

Perciò il bene della virtù intellettuale, come consiste nella misura, così consiste nel giusto mezzo.

Ma il bene di una virtù intellettuale è il vero: di una virtù speculativa il vero in assoluto, come ricorda Aristotele [ Ethic. 6,2 ], di una virtù pratica invece il vero basato sulla conformità con la rettitudine dell'appetito.

Ora, il vero del nostro intelletto considerato in assoluto è come misurato dalle cose: poiché, come insegna Aristotele [ Met. 10,1 ], le cose sono la misura del nostro intelletto: infatti la verità è nel nostro pensiero e nei nostri discorsi a seconda che le cose sono o non sono.

Perciò la bontà di una virtù intellettuale speculativa viene a costituirsi nel giusto mezzo mediante la conformità con la cosa stessa, cioè mediante l'affermazione di ciò che è e la negazione di ciò che non è: il che costituisce l'essenza della verità.

Si ha invece l'eccesso con la falsa affermazione di ciò che non è, e il difetto con la falsa negazione di ciò che è.

Quanto poi alle virtù intellettuali pratiche, rispetto alle cose il vero si presenta ancora come commisurato ad esse.

E da questo lato nelle virtù intellettuali pratiche il giusto mezzo viene desunto dalla conformità col reale, come nelle virtù speculative.

- Invece rispetto agli appetiti [ il giusto mezzo ] ha funzione di regola o misura.

Per cui il giusto mezzo delle virtù morali è quello stesso della prudenza, cioè la retta ragione: ma alla prudenza questo mezzo appartiene come all'elemento regolante e misurante, mentre alle virtù morali appartiene come a ciò che è misurato e regolato.

E similmente l'eccesso e il difetto vengono considerati diversamente nell'uno e nell'altro caso.

Analisi delle obiezioni:

1. Come si è spiegato [ nel corpo ], anche le virtù intellettuali hanno la loro misura; e in base alla loro conformità con essa va determinato il loro giusto mezzo.

2. Non c'è il pericolo di procedere all'infinito nella serie delle virtù inquantoché la misura e la regola delle virtù intellettuali non è un altro genere di virtù, ma la stessa realtà.

3. I contrari non hanno contrarietà nell'anima inquantoché l'uno è il motivo per conoscere l'altro; tuttavia nell'intelletto esiste la contrarietà tra l'affermazione e la negazione, come nota Aristotele [ Peri herm. 14 ].

Sebbene infatti l'essere e il non essere non siano contrari, ma contraddittori, se si considerano le cose significate come esistono nella realtà, poiché l'uno è ente e l'altro è puro non ente, tuttavia in rapporto alla conoscenza dell'anima l'uno e l'altro pongono qualcosa.

Per cui l'essere e il non essere sono termini contraddittori, ma l'opinione che il bene è bene è contraria all'opinione che il bene non è bene.

E la virtù intellettuale segna appunto il giusto mezzo fra contrari di questo genere.

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